di
SERGIO MENICUCCI
uaranta giorni di passione per
la Rai. Per riformulare le stra-
tegie dell’azienda sulla funzione di
servizio pubblico (la concessione
dello Stato scade nel 2016), sui
programmi, sulla governance eco-
nomica e quella relativa al perso-
nale. Testa e investimenti vengono
chiesti alla presidente Annamaria
Tarantola, al direttore generale Lui-
gi Gubitosi, al consiglio di ammi-
nistrazione, sempre più organo di
ratifica di decisioni prese nelle stan-
ze del settimo piano espropriate ai
consiglieri che tuttavia mantengo-
no, per due sedute al mese, una re-
tribuzione di 66mila euro l’anno,
più indennità varie e rimborsi spe-
se.
Si è cominciato ieri con il varo
di un regolamento sulle carte di
credito aziendali, sulle spese di rap-
presentanza (non oltre 10mila l’an-
no a testa), sulla riduzione delle au-
to a noleggio soltanto per
comprovate esigenze di servizio. Si
proseguirà con l’esame del dossier
presentato dalle organizzazioni sin-
dacali a fine estate sullo stato di
salute del gruppo di viale Mazzini.
C’è poi l’attesa per il congresso del-
l’Usigrai che si svolgerà dal 20 al
24
novembre a Salerno e nel quale
si deciderà la successione al napo-
letano inviato dello sport Carlo
Verna, non più rieleggibile.
Q
Ma lo
showdown
è previsto per
i giorni che precedono Natale. Le
nomine di personaggi esterni al-
l’azienda (Sipra, relazioni esterne,
direzione finanziaria) hanno susci-
tato qualche reazione negativa ma
non più di tanto. L’attesa maggiore
è per il cambio alla Rete uno e al
Tg1
.
Il pensionato direttore del
Tg1
Alberto Maccari (che in questi
mesi non ha creato problemi anzi
ha guidato il telegiornale ad ascolti
sempre superiori ai 5 milioni, come
aveva fatto a suo tempo Andrea
Giubilo) non può superare San Sil-
vestro e quindi deve essere sosti-
tuito. Le manovre sono in verità
già iniziate e Saxa Rubra si sta al-
lenando nel totonomine.
Due interni (Giancarlo Leone
per la Rete e Antonio Preziosi per
il telegiornale lasciando libero la
poltronissima della radio?) oppure
uno e uno, accontentando il tecni-
co Monti e la politica? La proposta
spetta al direttore generale ma si
sa che i suoi telefoni sono caldi e
anche intercettabili e quindi i gio-
chi si stanno facendo in altre sedi
più riservate (Palazzo Chigi, la Boc-
coni, qualche sede di partito).
Quanto peserà l’Usigrai? Negli an-
ni passati una delle redazioni più
numerose del giornalismo italiano
ha sempre avuto un ruolo non
marginale. Fu così nella cacciata di
Fede, nelle nomine di Albino Lon-
ghi, Rodolfo Brancoli, Gad Lerner,
Giulio Borrelli. Non di Clemente
Mimun, Rossella, Minzolini. Anche
la sfida tra Vittorio Di Trapani
(
eletto con 678 voti) e Giorgio Bal-
zoni (437 voti) per la carica di se-
gretario è vista nel quadro dei cam-
biamenti che si appresta a vivere il
maggiore telegiornale della Rai.
Giorgio Balzoni, di matrice catto-
lica, moderato di sinistra, torna sul-
la scena dopo essere stato leader
del sindacato negli anni Novanta.
Di Trapani invece viene dalla re-
dazione
Rainews
di Corradino Mi-
neo ed è considerato più vicino alle
posizioni del Pd laico.
Con le decisioni sull’ammiraglia
di viale Mazzini dovrebbero essere
resi noti i contorni del piano edi-
toriale che voci di corridoio annun-
ciano pieno di tagli e sacrifici (me-
no duemila dipendenti tra
giornalisti, tecnici, impiegati e di-
rigenti). Non è però ancora quello
che serve alla Rai per sopravvivere.
Deve essere precisata una strategia
unitaria che ora non c’è, né in ter-
mini di target né di offerta e nep-
pure nel digitale, nonostante la Rai
sia stata la prima ad utilizzarlo.
I buchi neri sono la Sipra
(
l’azienda per la raccolta della pub-
blicità), i portali Internet e i canali
digitali che non portano soldi. Ol-
tre, naturalmente, all’evasione del
canone, che pur rappresenta oggi
il 55% dell’intero ammontare dei
ricavi Rai.
II
POLITICA
II
Prima sconfitta
per la“fat tax”
I quarantagiorni dellaRai
per tentaredi cambiaremarcia
Caro Silvio, è ormai l’ora della democrazia digitale
om’è il grado di “entropia” po-
litica nel Pdl? È basso, o alto?
E se – come penso – è sul punto di
crescere indefinitamente, allora oc-
corre ragionare sulla situazione li-
mite di “caos” pieno, distruttore e
creatore di ogni cosa, allo stesso
tempo. Berlusconi è in sintonia con
il Paese, o si trova “desincronizza-
to” e distante dalla sua “pancia”?
Davvero riteniamo una battuta da
cestinare la sua dichiarazione sul
fare le primarie con il «call center»?
Probabilmente, ancora una volta,
è più avanti di lui di tutti quelli che,
immeritatamente, ritengo, l’hanno
fin qui accompagnato nella sua av-
ventura politica. Consentitemi una
digressione, da architetto, matema-
tico e fisico (ahimé, io sono davvero
queste tre cose tutte assieme!). L’an-
timodernità del nostro arcaico–pa-
storale sistema politico, e della sua
selezione delle élite, sta proprio nel-
la mancata modernizzazione dei re-
lativi “stati” di pensiero della poli-
tica, bloccati e arroccati in antiche
liturgie e simbologie, prima tra tutti
il voto “cartaceo”. Fa nulla che, pe-
riodicamente, ci costi molte centi-
naia di milioni d’euro! Ancor meno
interessa il fatto che, fuori dalle tv
e dai circuiti mediatici Rai–Fini-
vest–Telecom, il telematico Grillo
rischi di fare il pieno di consensi
nel 2013, grazie alla sua propagan-
da.. “virtuale”.
Invece di precorrere i tempi, fa-
cendo passi avanti con il voto elet-
tronico, sprechiamo montagne di
capitali pubblici (che non abbiamo)
per sabotare ragionevoli “election
C
day” e, con loro, le immense poten-
zialità della “democrazia digitale”.
Andiamo più in là, vi prego, con la
fantasia. Per la “rivoluzione demo-
cratica dal basso”, basterebbe at-
trezzare – con monitor
touch–scre-
en
–
decine di migliaia di sportelli
postali, sparsi ubiquamente nel ter-
ritorio italiano, per realizzare seggi
elettronici controllati a distanza, at-
tivabili tramite smart–card infalsi-
ficabili, distribuite agli elettori aven-
ti diritto. Per sicurezza, poi, chi
entra nei box, oltre ad aprire –
ovunque si trovi – la schermata del-
le scelte possibili con le proprie im-
pronte digitali, andrebbe fotogra-
fato “prima” dell’espressione di
voto! Diamo, poi, un vero respiro
democratico alle scelte popolari, di-
stribuendo a tutti (gratuitamente),
anziché la tessera elettorale carta-
cea, caselle di posta elettronica cer-
tificata, in cui si possano “postare”
consultazioni formali, di qualunque
segno e tipologia. Per allontanare i
possibili rischi di “cesarismo”, è
sufficiente, poi, mettere a guardia
dei sondaggi pubblici certificati on-
line (ammettendo quesiti anche di
tipo propositivo) i giudici costitu-
zionali. In tal modo, l’opinione
pubblica potrebbe essere interro-
gata su qualunque aspetto della vita
italiana e delle proposte–decisioni
politiche da intraprendere, in gene-
rale, con domande a risposta mul-
tipla, validate da un organismo spe-
cializzato,
controllato
dal
Parlamento.
Vedete, il segreto delle scelte sta
nella fantastica legge statistica dei
grandi numeri: quando a esprimersi
sono milioni di persone, c’è poco
da star lì a truccare i responsi! Ba-
sta prendere la fascia mediana della
distribuzione, per ottenere una ra-
gionevole, compiuta “verità stati-
stica”. Lo sa qualunque studente di
primo anno di matematica. Imma-
ginate le immense potenzialità di
un sistema digitale di consultazione,
a prova di falsificatori, per la scelta
delle élite (sia di partito, che dei
pubblici amministratori locali), in
tutti i campi d’interesse istituzionale
e delle rappresentanze. E, forse, sa-
rebbe ora di fare il grande salto che
propongo da sempre, cooptando
direttamente in Parlamento chi (e
sono, ormai, la maggioranza asso-
luta dei cittadini) desideri, in buona
sostanza, autorappresentarsi, senza
più delegare a nessuno la propria
sovranità popolare. Basta un mec-
canismo “sano e sicuro” di sorteg-
gio, a partire da un “bacino” di per-
sone – senza distinzione di età,
sesso, ceto e censo – che abbiano
dato dimostrazione di: avere la giu-
sta conoscenza di come si formuli-
no le leggi di bilancio; saper redi-
gere e illustrare testi e proposte di
legge
“
de iure condendo”
.
Gli unici criteri per la selezione
casuale degli eleggibili sarebbero il
rispetto della: distribuzione territo-
riale della popolazione; piramide
di età; ripartizione dei sessi. Carat-
teristiche, queste ultime, che devono
rispecchiare gli andamenti reali na-
zionali. Poi, è bene che, oltre la de-
mocrazia auto–rappresentativa, si
preveda l’elezione diretta di un ca-
po del governo – dotato di poteri
innovativi, sul modello francese o
americano –, e l’elezione di secondo
grado (da parte del Parlamento po-
polare) di un presidente della Re-
pubblica, con forti connotati di ga-
ranzia, per garantire la giusta
interfaccia tra potere esecutivo e le-
gislativo. I nuovi partiti si gioche-
rebbero il potere, all’americana, sui
programmi e sulle facce dei leader,
da loro proposti per l’incarico da
premier (certo, “automatico”, ma
sorvegliato pur sempre, per mini-
mizzare i rischi di “cesarismo”, dal
presidente della Repubblica, di con-
certo con la Corte Costituzionale).
Presidente Berlusconi, perché
non prova a comunicare al paese,
a parole sue, questa mia congettu-
ra? Vedrà la seguiranno tutti, ma
proprio tutti. Il paese è stanco di
chi nulla decide e continua a baloc-
carsi, con disgustosi giochini sul si-
stema elettorale e sui tristissimi epi-
sodi della telenovela delle primarie,
del tipo “Vengo anch’io? No, tu
no!”. Sempre suo.
MAURIZIO BONANNI
Davvero è una battuta
da cestinare la frase
sulle primarie
con il «call center»?
ualcuno ama chiamarla “tassa
etica”. È il mezzo con il quale
lo stato si preoccupa del nostro be-
ne più prezioso: la salute. Ovvia-
mente dando per scontato di farci
un favore. Così entra nei nostri fri-
goriferi e li scoraggia ad ospitare
junk food
,
cibi insani, bevande
troppo gassate, cioccolate troppo
cioccolatose o dolci troppo dolci.
Insomma, in alcuni casi decide al
posto nostro, in altri ci rende quan-
to meno difficile perseguire la dia-
bolica strada verso la perdizione
che vorremmo intraprendere.
Qualche esempio? Stiamo par-
lando dello stesso principio che ha
spinto il sindaco di New York, pre-
occupato per il benessere dei suoi
elettori, a proibire la vendita di bi-
bite extra–large. Ma è anche la stes-
sa idea in forza della quale la Fran-
cia ha tassato l’olio di palma e,
conseguentemente, la Nutella, in
aperta sfida ai principi nutritivi del
cuoco della nazionale di calcio ita-
liana, che tutte le mattine, prima di
un allenamento, la propina per co-
lazione agli Azzurri, accuratamente
spalmata su una bella fetta di pane.
E l’Italia non ne è stata esente, ma
fortunatamente sembra averla in
parte sfangata.
L’ultimo decreto sulla sanità ha,
dopo strenue discussioni, epurato
la tassa sul cibo spazzatura, che il
ministro Balduzzi e gran parte dei
medici avevano invece sostenuto,
Q
ma ha fissato l’obbligo per tutte le
bevande analcoliche al gusto di
frutta di contenerne almeno il
20%.
Anche la Danimarca ci ha pro-
vato. Nel 2011 decise di tassare i
cibi con una quantità di grassi su-
periore al 2,3%. Valeva tutto, dalle
merendine ai formaggi. La chiama-
vano
Fat Tax
,
un nome che si adat-
ta abbastanza bene a tutte le tasse
di questo genere. Il governo danese
pensava evidentemente di fare un
favore ai cittadini. E i cittadini da-
nesi non sono certo dei fuscelli: il
47%
della popolazione è sovrap-
peso. Ma nonostante questo si sen-
tono perfettamente in grado di
provvedere da soli al proprio be-
nessere e di poter decidere cosa
mangiare e in quale quantità. Così
hanno iniziato a passar il confine
con la Germania per comprare il
cibo proibito ad un prezzo più ra-
gionevole. Il che si è tradotto in una
perdita per i negozi danesi. Invece
di piazzare gendarmi sul confine te-
desco, il governo ha saggiamente
deciso di fare un passo indietro,
bloccando anche il progetto di una
futura tassa sullo zucchero. La di-
mostrazione che proibire non fun-
ziona? O forse semplicemente un
caso a parte. Fatto sta che ai danesi
l’idea di un governo che riempie il
carrello della spesa con frutta e ver-
dura non è piaciuta. Per niente.
IRENE SELBMANN
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 15 NOVEMBRE 2012
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