di
RUGGIERO CAPONE
oldiretti elabora statistiche e
fa inventari, quindi rileva che
«
il livello produttivo garantisce
scorte alimentari nazionali per soli
9
mesi nel prossimo anno e c’è ri-
schio d’importazioni di cibo di dub-
bia qualità...». Notizia su cui quasi
nessuno si sofferma, forse reputan-
dola meno esplosiva di tronisti, ve-
line e calciatori pronti a sbarcare
in politica. Eppure dalle scorte
agroalimentari dipende la vita della
comunità umana... primum vivere,
deinde philosophari. È lecito cre-
dere che ben pochi nel Palazzo si
siano accorti dell’allarme carestia
lanciato da Coldiretti. L’organizza-
zione degli agricoltori rincara la do-
se, asserendo che «la presenza di
una classe politica disonesta fa crol-
lare del 44% il valore della casa,
classificandosi tra i fattori esterni
più importanti nella determinazione
delle quotazioni...». Gli agricoltori
sono stati i primi a lanciare l’allar-
me sul dimezzamento dei valori
fondiari ed immobiliari, nonché sul-
l’attentato alle scorte alimentari ita-
liane. Un vero e proprio sabotaggio,
che i politici ammantano col solito
«
ce lo chiede l’Europa». Sarebbe il
caso d’essere più precisi: ce lo chie-
dono Germania, Olanda e Dani-
marca. Peccato che le tre nazioni
testé citate mantengano dal 1950
un livello di scorte agroalimentari
di circa 24 mesi. E quando qualcu-
no rammenta che Grecia, Spagna,
Portogallo e Italia sono ormai di
parecchi mesi sotto l’anno, le na-
zioni più ricche e potenti fanno fin-
ta di non sentire. Per rendere più
digeribile questo dato, rimandiamo
il lettore al 1961, anno del “primo
piano verde” firmato Amintore
Fanfani: gli studiosi d’economia e
politica agraria dell’epoca raccon-
tavano che l’Italia aveva fatto un
C
miracolo, perché dal 1945 fino a
tutto il ‘52 le scorte alimentari na-
zionali non superavano i 9 mesi.
Siamo tornati a livelli di scorte da
dopoguerra, con l’aggravante d’es-
serci raddoppiati come popolazione
e bisogni agroalimentari. E che
l’Italia abbia fatto (e nel rispetto
degli accordi Ue) un considerevole
passo indietro emerge dall’indagine
Coldiretti-Swg, secondo cui «il va-
lore della casa scende fino al 58%
se nel quartiere manca la legalità,
elemento esterno che dà maggiore
valore aggiunto; a provocare un de-
prezzamento dell’abitazione con-
corrono anche la mancanza di ser-
vizi sociali e sanitari (52%), di
opportunità di lavoro (51%), della
viabilità (46%): un paesaggio in-
contaminato e una cattiva gestione
ambientale possono far scendere le
quotazioni del 41%». Scarse scorte
alimentari sommate a bassa qualità
della vita abitativa, pongono l’Italia
nel “terzo mondo europeo”. Ma la
politica tutta concorda sul poggiare
il debito pubblico su questa fetta
d’italiani in difficoltà. L’effetto della
politica tecnico-pilatesca si concre-
tizza nel crollo nel 2012 del raccol-
to nelle campagne italiane, e poi nel
forte calo nelle attività di alleva-
mento. Oggi la produzione nazio-
nale è in grado di garantire solo il
75
per cento del fabbisogno ali-
mentare nazionale: scorte alimen-
tari nazionali per soli 9 mesi. Ed il
bilancio sui dati produttivi è stato
fornito da Coldiretti il giorno di
San Martino, che segna tradizio-
nalmente nelle campagne italiane
la fine dell’annata agraria. «Per ga-
rantirsi una adeguata disponibilità
di cibo nel tempo - osserva il pre-
sidente di Coldiretti, Sergio Marini
-
l’Italia deve difendere il proprio
patrimonio agricolo». Ma l’appello
sa troppo di marziano per chi pran-
za e cena tra i palazzi istituzionali.
(
segue dalla prima)
(...)
La necessità in questo momen-
to è di evitare di trasformare il di-
battito politico in gossip e trasmet-
tere all’elettorato l’idea che nel
partito prevalga la voglia di appa-
rire a prescindere dai contenuti
fondanti.
Visto che per noi Cristiano po-
polari rimane fondamentale
l’obiettivo di realizzare un Partito
Popolare europeo in Italia con tut-
te le forze politiche, sociali, eco-
nomiche e culturali che ne condi-
vidano valori e obiettivi (compresa
l’Udc), mi convince la proposta
del presidente Berlusconi di rimo-
dulare l’offerta politica del Pdl;
passando anche per la trasforma-
zione del nome e del simbolo se
sono finalizzate a migliorare la
qualità della proposta. Non sfug-
girà all’attenzione dei cittadini che
questo non è sufficiente. Ricordia-
mo che la maggioranza dei nostri
elettori nell’ultima tornata ha de-
ciso di astenersi dal voto pur di
non votare per altri. Ma questo
fortifica le nostre ragioni: perché
siamo sempre convinti che occorra
riempire di contenuti la proposta
politica e che sia necessario rior-
dinare le priorità delle linee guida
del centrodestra che vanno discus-
se non solo nel Pdl tra chi è reo
della disfatta elettorale e chi pro-
pone alternative, ma anche in un
confronto serio e misurato tra tut-
te le forze politiche in campo e che
fino ad ora sono state ai margini
per l’indisponibilita del Pdl ad of-
frire spazi di discussione interna.
Sto parlando di una cosa potrà
apparire come surreale, ma sto
chiedendo di convocare un con-
gresso. Uno vero. Dove possano
essere sviluppate, come abbiamo
fatto per la prima volta nell’ufficio
politico del partito in questi giorni,
vere tesi politiche. In tutti i grandi
momenti di svolta e di crisi epo-
cali, come quella che il nostro po-
polo vive ora, si assiste all’aliena-
zione, se non alla perdita, di quei
“
legamenti”, di quei valori, di quei
principi maturati e riposti nel ba-
gaglio di esperienze plurisecolari
che sono alla base di ogni convi-
venza e che creano ogni rapporto
sociale umano.
Il tempo presente incarna que-
sta difficile congiuntura storica in
cui siamo alla ricerca febbrile di
nuove solidarietà in campo mora-
le, economico, civile, sociale e cul-
turale. Per questo occorre portare
dibattito politico in una sede ido-
nea come quella di un congresso
per mettere le basi di una nuova
fase costituente alla quale possano
partecipare tutti per un’unica fi-
nalità: ridare fiducia ai cittadini.
In questo contesto le primarie pro-
poste dal segretario Alfano, al
quale confermo stima e amicizia,
devono ritrovare un proprio signi-
ficato: servono a stabilire il can-
didato a premier di una coalizione
elettorale, ma non risolvono il
problema vero e strutturale della
nascita di un partito, né la sua
strategia, né il suo posizionamento
o la linea politica che solo un con-
gresso può stabilire. Ben vengano
le primarie, che rappresentano un
esercizio di democrazia e un pic-
colo passo in avanti per il con-
fronto, ma non escludiamo la pos-
sibilità di una convocazione
straordinaria di una Assemblea
nazionale dei Cristiano popolari
in cui discutere i temi e i problemi
dei cittadini, delle famiglie e della
politica per verificare se esistono
ancora nel Pdl le condizioni per
una condivisione degli obiettivi e
delle priorità da raggiungere.
Se non creiamo questo spazio
all’interno del partito non riusci-
remo a tenere al suo interno il di-
battito per non portarlo sulle pa-
gine dei giornali e sminuirlo.
Tutte queste riflessioni voglio-
no sottolineare uno stato di pro-
fonda insoddisfazione dell’eletto-
rato moderato verso l’attuale
l’offerta politica ma allo stesso
tempo offrono l’opportunità a noi
Cristiano popolari di sottolineare
il nostro ruolo fondamentale al-
l’interno di un centrodestra mo-
derno che guarda il popolarismo
europeo. I Cristiano popolari la-
vorano all’interno del Pdl come
forza che ha una propria identità
e una storia che serve a per creare
un’alternativa possibile per rico-
struire una proposta seria e ri-
spondente alle esigenze dei citta-
dini che devono tornare ad essere
il centro dell’interesse politico.
MARIO BACCINI
Presidente della Federazione
Cristiano popolari
II
POLITICA
II
K
Mario BACCINI
segue dalla prima
Si scrive Casini,
si legge Caltagirone
(...)
Ma questa continuità vale per la politica
nazionale. L’Europa non impone nulla a li-
vello locale. Almeno su questo terreno lascia
liberi i cittadini italiani di decidere se lasciare
al loro posto i poteri che di fatto hanno gui-
dato, ispirato e condizionato le amministra-
zioni. O se, al contrario, non scegliere di in-
cominciare a cambiare per liberare le città e
le regioni dagli interessi dei soliti privilegiati.
A Milano la sinistra chiede non solo la so-
stituzione di Roberto Formigoni ma anche
lo smantellamento dell’asse di potere tra Co-
munione e Liberazione e Lega. A Roma e nel
Lazio, invece, dove la Lega non c’è e Comu-
nione e Liberazione è debole, la sinistra e Ca-
sini promettono di cambiare tutto per lasciare
tutto assolutamente al proprio posto. Non è
un caso che alla festa del padre del Pd roma-
no, Goffredo Bettini, ci sia stata una sorta di
sfilata di tutti i principali costruttori romani,
quelli che avevano flirtato con Alemanno e
con la Polverini. Ed è fin troppo evidente che
l’Udc si pone come il perno della nuova al-
leanza nella Capitale e nella Regione Lazio
tra i costruttori e la sinistra romana del mat-
tone. In fondo, come tutti i romani che non
la bevono sanno perfettamente, si scrive Ca-
sini ma si legge Caltagirone.
ARTURO DIACONALE
Fantacronaca
delle primarie Pdl
(...)
del Pdl, quello vero, almeno. dalle in-
formazioni che girano, sembra fatto apposta
per dissuadere la gente dall’andare a votare.
Certo, le ragioni sono molte, a partire dal
poco tempo a disposizione con l’inevitabile
confronto con le ben più corpose e strom-
bazzate primarie del Pd. Rimane però la
strana anomalia di un’operazione in cui il
candidato del rinnovamento (cioè Alfano)
viene appoggiato da tutta la vecchia nome-
clatura responsabile dello sfacelo: dai co-
lonnelli senza esercito di An, ai notabili di
Fi, fino ai capibastone territoriali, in questi
giorni abbiamo assisitito ad una processione
di dichiarazioni di voto pro Alfano che ha
abbracciato tutto “l’arco costituzionale” del
Pdl. Sorge il sospetto che queste primarie
servano solo a consolidare gli attuali assetti
di potere e garantirli nel dopo Berlusconi;
quindi, paradossalmente, meno partecipa-
zione c’è, più è possibile il controllo del vo-
to. La grande sfida, nelle moderne demo-
crazie, è tornare a coinvolgere i cittadini nei
processi decisionali fondanti. Per i partiti,
la via delle primarie risulta uno strumento
obbligato per ricostruire il rapporto con i
frammentati segmenti sociali, per selezionare
la classe dirigente e per intercettare i bisogni
di categorie e ambienti sempre più refrattari
alla ritualità della politica politicante. Ep-
pure, osservando il ridicolo in cui sta ca-
dendo il Pdl, sembra che da quelle parti ab-
biano sposato la tesi tecnocratica sulla
funzione della democrazia: se la democrazia
«
è un lusso che non possiamo più permet-
terci» (come scrisse il “Financial Times”
quasi un anno fa), perché dovremmo con-
tinuare a permettercela proprio noi? Quindi
nulla di meglio che impapocchiare quello
che doveva essere lo strumento del rilancio
partecipativo del partito. Sorprende che i
guru del centrodestra continuino a ignorare
la lezione e a non capire cosa sta succeden-
do attorno a loro. Ciò che si chiamava Po-
polo della Libertà è rimasto senza più po-
polo proprio perché ha deciso di rinunciare
alla libertà, che, come spiegò un grande fi-
losofo-cantautore del nostro tempo, Giorgio
Gaber, è, appunto, partecipazione.
GIAMPAOLO ROSSI
Ora al Popolo della Libertà
serve un congresso. Uno vero
Coldiretti lancia
l’allarme carestia
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 13 NOVEMBRE 2012
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