a scelta del governo di barattare, nel di-
segno di legge di stabilità, l’integrale neu-
tralizzazione del futuro aumento dell’Iva
con la riduzione delle prime due aliquote Ir-
pef, si presta a numerose considerazioni. La
prima: dal punto di vista quantitativo, il go-
verno non soltanto non ha fatto di più del
minimo sindacale che si era impegnato a
realizzare sul fronte della riduzione della
pressione fiscale, ma semmai ha fatto di me-
no. Evitare anche il punto di aumento del-
l’Iva sarebbe costato circa 7 miliardi di euro;
ridurre, dal 23% al 22% l’aliquota Irpef sui
redditi fino a 15.000 euro e dal 27% al
26%
quella sui redditi tra 15.000 e 28.000
euro, costa invece 5 mi-
liardi. Ecco quindi che, a
livello di sistema, questa
scelta fa scendere di 2 mi-
liardi in meno la pressio-
ne fiscale esercitata sul
paese e fa fare 2 miliardi
di sacrifici in meno allo
stato in termini di coper-
tura. La seconda: il fatto
che, quantitativamente, il
governo abbia avuto an-
cora una volta il braccino
corto, non vuol dire per
forza che non abbia ma-
gari operato scelte mi-
gliori dal punto di vista qualitativo: dipende
dai gusti e, siccome i gusti sono gusti, forse
una risposta assoluta non c’è. Chi ha redditi
talmente bassi da non pagare l’Irpef, alla
fine ci perde perché pagherà un po’ di più i
consumi; di contro, ci saranno anche con-
tribuenti con redditi tra 20.000 euro e
L
30.000
euro che potrebbero risparmiare
qualcosa più di Irpef di quello che andranno
a spendere in più di Iva, considerata la loro
comunque limitata capacità di consumo. Tra
segno più e segno meno, anche nei casi più
fortunati il saldo netto di risparmio su base
annua sarà comunque più facilmente assai
al di sotto dei 100 euro che vicino ai 200.
È vero comunque che, ove si condivida che
è opportuno tassare di più le cose e meno
le persone, la scelta del governo pecca di in-
cisività sostanziale, ma non di coerenza for-
male. La terza: il governo sarà anche di tec-
nici e non di politici, ma l’avvicinarsi della
scadenza per le elezioni politiche del 2013
sta aguzzando l’ingegno
e creando commistioni di
generi. Scegliere di ridur-
re l’Irpef invece che non
aumentare l’Iva, non si-
gnifica solo fare una un
colpo di scena che costa
pure 2 miliardi in meno
della più grigia alternati-
va di partenza, ma anche
mettere in campo un ta-
glio a partire da gennaio
2013
invece che neutra-
lizzare un aumento calen-
darizzato comunque per
luglio 2013. In conclusio-
ne, la scelta del governo di barattare l’Irpef
con l’Iva non è, in termini assoluti, né tec-
nicamente giusta né tecnicamente sbagliata.
È solo politicamente furba e, purtroppo,
quantitativamente poco incisiva.
ENRICO ZANETTI
kay. Abbiamo avuto Fiorito, e prima
di Fiorito abbiamo avuto Lusi, e pri-
ma di Lusi? Beh, ricordiamoci il caso Pe-
nati, e poi oggi il consigliere dell’Idv del
Lazio, e ancora l’assessore della giunta For-
migoni, sanitopoli sotto la giunta Vendola,
lo stesso Vendola indagato e via dicendo.
Fino a ieri la sinistra sbraitava contro il
famigerato Porcellum, la legge elettorale
con la quale si è andati a votare nelle ul-
time due legislature. Ma ve li ricordate Ber-
sani e amici lì a criticarla? Legge porcata
che aveva abolito le preferenze? Una legge
illiberale, dicevano. La verità è un’altra.
La legge porcata allo stato è diventata pa-
radossalmente una ga-
ranzia contro il fenome-
no del clientelismo e del
malaffare. Perché la leg-
ge Calderoli non preve-
de le preferenze per la
quota proporzionale. Fi-
no a ieri a sinistra rite-
nevano le preferenze un
punto irrinunciabile, un
modo per restituire al
cittadino lo scettro della
decisione, e oggi invece
dicono il contrario e
cioè che dinanzi ai feno-
meni del malaffare è me-
glio che i candidati vengano scelti dall’alto
e il cittadino voti la lista, il partito e via
dicendo. Roba da schizzofrenici della par-
titocrazia convinta e da sclerotici dell’idea-
lismo banderuolo, che dimostra ancora
una volta il vero volto della sinistra italia-
na. Se solo ci fermassimo un momento a
O
pensare capiremmo che è il metodo sba-
gliato. Tanto varrebbe abolire la democra-
zia, le elezioni e tutto il resto e affidarci a
un dittatore. Niente più clientelismi, niente
più voto di scambio, niente più favori, ma
solo l’autoritarismo piramidale e il culto
della personalità. Chiaramente sarebbe un
inferno. E allora? Allora credo che il di-
scorso dovrebbe essere affrontato da una
prospettiva differente: quello della cultura
politica e dei criteri sulla base dei quali
scegliere i candidati. Se solo focalizzassimo
questi punti ci renderemmo conto che se
anche abolissimo le preferenze e bloccas-
simo le liste, il malaffare non verrebbe sra-
dicato; i politicanti ap-
profittatori riuscirebbero
comunque a farsi eleg-
gere, perché cambiereb-
bero il punto di pressio-
ne: non più gli elettori
morti di fame, ma il po-
tente della segreteria.
Abolire le preferenze è
come combattere la ma-
lattia uccidendo il pa-
ziente. Ma il paziente
non lo si deve ammaz-
zare. Lo si deve curare.
E per curarlo, è necessa-
rio che nella politica si
radichi una cultura della legalità e del me-
rito. Una cultura che privilegi gli interessi
degli italiani, anche attraverso norme che
garantiscano l’accesso ai posti di potere e
responsabilità solo a chi ha una condotta
di vita specchiatissima e illibata.
L’ipocrisia della sinistra
sulla legge elettorale
Fino a ieri la sinistra
riteneva le preferenze
un punto irrinunciabile,
oggi dicono il contrario:
contro il clientelismo
è meglio che i candidati
vengano scelti dall’alto
e il cittadino voti la lista
I furbetti del governino
e quel baratto fra tasse
La scelta del governo
di scambiare l’Irpef
con l’Iva non è né
tecnicamente giusta
né tecnicamente
sbagliata. È solo
politicamente furba
e poco incisiva
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 13 OTTOBRE 2012
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