Direttore ARTURO DIACONALE
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Mercoledì 12 Dicembre 2012
delle Libertà
Il rispetto per le sentenze e l’ipocrisia della politica
e sentenze che si rispettano?
Quelle che riguardano il nemico
politico. La demagogia? Quella degli
altri. Anche l’Italia seriosa e sobria
di Monti e del “dopo di lui il dilu-
vio” non riesce a uscire fuori da que-
sta malafede e disonestà intellettuale
che ha fatto parte della lotta, o della
guerra, ideologica di tutto lo scorso
secolo. Due esempi illuminanti sal-
tano agli occhi. Il primo: il 15 di-
cembre a piazza Farnese tutti coloro
che hanno deciso di “non rispettare”
la recente sentenza della Corte co-
stituzionale sul conflitto di poteri
sorto tra Napolitano e la procura
di Palermo, soprattutto Ingroia, si
riuniranno in una simpatica mani-
L
festazione, promossa con l’effigie di
Falcone e Borsellino e con la bene-
dizione del fratello di quest’ultimo
come timbro di conformità, dal ti-
tolo che è tutto un programma,
“
Contro una sentenza in-consulta,
noi sappiamo”. Con buona pace del
povero PPP, cioè Pier Paolo Pasolini,
che se mai avesse potuto immagi-
nare quante cause sbagliate si sono
riparate dietro la sua boutade lette-
raria sicuramente se la sarebbe ri-
mangiata un attimo prima di mori-
re. Il secondo: ieri Silvana Mura,
deputata dell’Idv e già tesoriera del
partito di Di Pietro, si lanciava, in-
tervistata ad hoc sul
Fatto
,
in un’in-
temerata contro il collega di partito
Franco Barbato (titolo: “Meglio Cic-
chitto che Barbato”), lamentandosi
dei toni dipietristi, coerenti, della
persona in oggetto, perché teme di
perdere il proprio gruppo parlamen-
tare alla Camera che sopravvive,
avendo meno di 20 deputati, solo
perché Fini chiude un occhio. Come
in molti ne hanno chiusi due sulla
storia della casa di Montecarlo. Ma
la Mura accredita, anche, una nobile
motivazione: «Se il gruppo muore i
ragazzi che lavorano per noi perdo-
no il posto dalla sera alla mattina».
Capito che cuore di mamma? Mica
sarà interessata per caso al fatto che
il gruppo potrebbe perdere i finan-
ziamenti o che l’Idv, non avendone
più uno autonomo, sia obbligata co-
me un Partito radicale qualsiasi, o
come la Destra di Storace, a racco-
gliersi le firme per presentarsi alla
Camera? Non sia mai. Chi conosce
chi scrive sa quanto ami la dema-
gogia leghista (adesso Borghezio se
la prende persino con gli extrater-
restri visto che con gli extracomu-
nitari non funziona più) o quella che
ha distrutto il Pdl.
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di
DIMITRI BUFFA
Neppure l’Italia seriosa
e sobria dell’epoca
post-berlusconiana
riesce a uscire fuori
dalla malafede
e disonestà intellettuale
che hanno fatto parte
della lotta, o della guerra,
ideologica di tutto
lo scorso secolo
Berlusconi si inventa rottamatore
K
«
Il 50% di candidati abbiamo
deciso che verrà dal mondo delle im-
prese, il 20% sarà preso dalle ammini-
strazioni locali dove c’è chi si è
comportato bene e ha dimostrato di
saper lavorare, un 10% dal mondo della
cultura e un altro 10% sarà preso tra i
parlamentari attuali». Le parole pronun-
ciate da Silvio Berlusconi a Canale 5
nella mattinata di ieri, turbano il sonno
di deputati e senatori del Pdl. E a poco
è stata utile la “mezza smentita” di
qualche ora dopo.
«
È bene chiarire che tutti quei deputati
e senatori che provengono dalla trincea
del lavoro e non hanno una prove-
nienza solo politica, saranno ricom-
presi in quella quota del 50%», si legge
in una nota diffusa dall’ufficio stampa
di Palazzo Grazioli nel pomeriggio. Ma
ormai il sasso era stato lanciato nello
stagno parlamentare. Insieme all’ipo-
tesi di uno “spacchettamento” del Pdl:
«
Con la legge elettorale in vigore, se gli
ex An dessero luogo a una loro forma-
zione politica avremmo dei vantaggi.
Ne stiamo parlando amichevolmente e
con grande stima».
MarioMonti al bivio tra ragione ed ambizione
uò anche essere che, racco-
gliendo gli appelli disperati di
Pier Ferdinando Casini e di Gian-
franco Fini, Mario Monti decida
di compiere il grande passo e di
presentarsi alle prossime elezioni
alla guida dell’area centrista. Ma
per fare che? Con quale progetto?
Con l’idea di poter succedere al se
stesso alla guida di un nuovo go-
verno tecnico nella prossima legi-
slatura? Oppure con la speranza
di strappare a Casini la titolarità
della politica dei sue forni e con-
trattare all’indomani delle elezioni
(
sempre che il suo schieramento
diventi l’ago della bilancia della
politica italiana) la possibilità di
P
formare il governo con il migliore
offerente? O, terza ed ultima ipo-
tesi, con la convinzione di poter
convincere Silvio Berlusconi a ce-
dergli lo scettro di leader dello
schieramento moderato alternati-
vo alla sinistra e realizzare l’opera
non riuscita al Cavaliere di dare
vita al Partito Popolare italiano
mettendo insieme Pdl, Udc, Fli,
montezemoliani ed annessi e con-
nessi centristi?
A questi interrogativi non c’è,
al momento, una risposta certa.
L’unico dato sicuro è che il presi-
dente del Consiglio ha recepito
correttamente il ritiro della fiducia
politica da parte del Pdl ed ha ras-
segnato le dimissioni. E che di
fronte a se ha due strade distinte
e precise.
La prima è di essere incaricato
dal presidente della Repubblica di
rimanere in carica per il disbrigo
degli affari correnti oltre che per
l’approvazione di alcuni provve-
dimenti indispensabili, come la
legge di stabilità ed i decreti mil-
le-proroghe e sull’Ilva.
La seconda è di annunciare di
uscire da Palazzo Chigi per parte-
cipare in prima persona alla cam-
pagna elettorale e lasciare il ruolo
di capo del governo ad un altro
personaggio, ovviamente tecnico
o comunque super partes, desti-
nato a gestire al suo posto la con-
clusione della legislatura e la cam-
pagna elettorale.
Le due strade, ovviamente, so-
no antitetiche. Con la prima Mon-
ti può mantenere la propria con-
dizione di riserva tecnica della
Repubblica. Per succedere a se
stesso con un altro governo tecni-
co nel caso dalle elezioni non do-
vesse scaturire una maggioranza
definita e stabile. O, per diventare,
grazie alla conferma della propria
“
terzietà”, il più autorevole can-
didato alla successione di Giorgio
Napolitano nella carica di presi-
dente della Repubblica.
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2
di
ARTURO DIACONALE
Il premier non sembra
essere un personaggio
umorale. L’impressione
è che calcoli sempre
con grande attenzione
le proprie scelte.
Ma spesso, troppo
spesso, l’ambizione
ha la meglio
sulla razionalità