Direttore ARTURO DIACONALE
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DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale
Mercoledì 12 Settembre 2012
delle Libertà
Cinque riforme per i liberali di ogni schieramento
Italia può contare sull’aiuto
dell’Europa solo se rispetterà
gli impegni sulle riforme e le azioni
di risanamento economico e finan-
ziario chiesti dall’Europa stessa.
Chiunque uscirà vincitore dalle ele-
zioni della prossima primavera, se
non vorrà evitare il disastro econo-
mico del paese dovrà obbligatoria-
mente realizzare il programma det-
tato dalle autorità europee. E lo
dovrà fare senza deroghe, senza ri-
tardi, senza furbizie di sorta. Non
a caso Mario Monti ha osservato
con estremo realismo ed un pizzico
d’ironia che «ormai il governo del-
l’Italia si fa in gran parte a Bruxel-
les con l’attiva partecipazione ita-
L’
liana». Il futuro esecutivo, quindi,
qualunque connotazione politica
possa assumere (centro sinistra,
centro destra, grande coalizione,
tecnico o altro) non potrà fuggire
agli obblighi imposti dalle condi-
zioni internazionali. A meno che,
ovviamente, non decida di provo-
care l’uscita dell’Italia dall’Euro as-
sumendosi la responsabilità di una
iniziativa del genere.
Tutto questo comporta un ine-
vitabile condizionamento della
prossima campagna elettorale ita-
liana. Rende obbligata la continuità
nella prossima legislatura della linea
di politica economica portata avan-
ti dall’esecutivo tecnico di Mario
Monti anche in caso di nascita di
un governo “politico”. E costituisce
una ovvia riduzione della sovranità
nazionale del nostro paese. Ma, a
parte la considerazione che una
parte di sovranità nazionale è già
stata svenduta in passato (non solo
quello prossimo, ma anche quello
più remoto), questa condizione non
ha alternative. Tranne quella di tra-
sformare la subalternità imposta
dall’emergenza in una opportunità
tesa a far recuperare al paese una
condizione almeno paritaria con
quelle delle altre grandi nazioni eu-
ropee.
Questa opportunità si coglie
non limitandosi a rispettare l’agen-
da stabilita a Bruxelles, ma sfrut-
tando la spinta imposta dal con-
dizionamento esterno per realizzare
quelle riforme che riguardano i pro-
blemi specifici italiani e che non so-
no comprese nelle indicazioni del-
l’autorità sovranazionale a cui i
nostri governi hanno demandato il
compito di farci uscire dalla crisi.
Esistono, in sostanza, delle pe-
culiarità tutte italiane nella crisi
generale dello stato sociale buro-
cratico-assistenziale del Vecchio
Continente. E gli obblighi dell’Eu-
ropa dovrebbero diventare lo sti-
molo per eliminarle una volta per
tutte.
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2
Non regaliamo l’Italia all’alleanza statalista
iamo formalmente entrati in
una lunghissima campagna
elettorale, dominata da una in-
certezza forse peggiore di quella
che connotava la fine della cosid-
detta prima Repubblica. Incertez-
za soprattutto su chi andrà a go-
vernare e con quale sistema
elettorale tale scelta verrà realiz-
zata. Per quanto riguarda gli
schieramenti e le possibili allean-
ze, quest’ultime legate anche al
post-voto, l’unica cosa certa è che
il Pd di Bersani andrà insieme al
partito di Nichi Vendola, mentre
il resto del quadro politico tradi-
zionale vive una condizione a dir
poco magmatica, sotto la spada
S
di Damocle di un voto di protesta
il quale, in assenza di una propo-
sta credibile, rischia di far saltare
letteralmente il banco.
Ora, al di là delle formule e
delle vecchie e consunte etichette
politiche, in realtà il paese avreb-
be bisogno di un raggruppamento
che portasse avanti una linea tesa
ad invertire l’attuale declino, at-
traverso una ricetta sostanzial-
mente opposta a quella che la
punta avanzata del collettivismo,
ossia la sinistra, sembra sostenere
con sempre maggior convinzione.
In sostanza, mentre il Pd e Sel si
sforzano di rincorrere il desiderio
di maggior protezione sociale -
quindi più Stato, più spesa e più
tasse - proveniente dalla relativa
base di consenso, occorrerebbe
contrapporsi a ciò con una pro-
posta che vada nella direzione
opposta, facendo compiere alla
mano pubblica quei famosi passi
indietro che in tanti hanno vati-
cinato ma che nessuno è stato fi-
nora in grado di ottenere. In altri
termini, bisognerebbe mettere in
piedi un soggetto politico final-
mente in grado di rispondere alla
domanda di libertà, in particolar
modo economica, che buona par-
te del paese oramai sente in grave
pericolo, schiacciata da un con-
trollo politico-burocratico che at-
tualmente supera ampiamente
metà della ricchezza prodotta in
un anno.
Tutto questo con la consape-
volezza che una vittoria del fronte
progressista aumenterebbe mol-
tissimo il rischio fallimento di un
sistema che ancora adesso, nono-
stante la dura ma necessaria ri-
forma previdenziale realizzata dal
governo Monti, si ostina a vivere
ben oltre le proprie possibilità.
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2
di
CLAUDIO ROMITI
Una vittoria del fronte
progressista
aumenterebbe il rischio
fallimento di un sistema
che ancora adesso,
nonostante la riforma
previdenziale realizzata
dal governoMonti,
si ostina a vivere oltre
le proprie possibilità
di
ARTURO DIACONALE
Istituzioni, fisco, lavoro,
autonomie e giustizia:
sono i nodi principali
da sciogliere
per liberare il paese
dai condizionamenti
negativi che l’assillano
da tempo.
Occorre non sprecare
la prossima legislatura
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AncheMonti teme il caldoautunno
K
La temperatura si sta innal-
zando pericolosamente, e il presidente
del Consiglio sfodera toni più concilianti,
cercando se non l’aiuto delle parti so-
ciali, almeno un confronto aperto.
È stato un vero e proprio appello quello
rivolto ieri pomeriggio dai Mario Monti ai
leader dei maggiori sindacati, riuniti a
Palazzo Chigi in un vertice straordinario
con il governo per affrontare i temi della
crisi: «Vorremmo ragionare con voi. Ci
vediamo in un momento carico di ten-
sioni e preoccupazioni». Secondo il pre-
mier «bisogna agire per migliorare la
competitvità delle imprese in particolare
sul costo del lavoro e sulla produttività».
Lo sguardo del professore va oltrecon-
fine, con qualche mea culpa: mentre i
Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spa-
gna), sono riusciti ad aumentare la pro-
duttività e a ridurre il costo del lavoro,
l’Italia avrebbe fatto l’esatto opposto.
Ma dall’altra parte della barricata la rea-
zione è stata tiepida. Il segretario della
Cgil, Susanna Camusso, ha replicato che
i problemi del paese «non dipende da
quello che i sindacati possono fare in
termini di produttività aziendale».