Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 10 Novembre 2012
delle Libertà
Fini bussa alla porta di Alfano
Il leader di Futuro e Libertà suona la serenata al segretario alle prese con l’umore nero del Cav
I messaggi d’amore spediti nell’ottica di un’uscita di scena dell’ex Guardasigilli da via dell’Umiltà
Province e proteste, il gioco degli irresponsabili
Le ragioni politiche dietro lo“sfogo”del Cav
L’ultima chiamata di Fli per ingraziarsi gli azzurri
a riduzione delle Province at-
traverso l’accorpamento cer-
vellotico di alcune di essere costi-
tuisce una delle iniziative più
balzane ed inaccettabili del gover-
no dei tecnici. Non solo è il frutto
dell’arrogante pretesa, tipica di bu-
rocrati di scuola dirigista e privi di
qualsiasi cultura democratica, di
giocare ai vecchi governi assolutisti
del Congresso di Vienna e ridise-
gnare il territorio nazionale a pro-
prio uzzolo ed a dispetto dei citta-
dini che vi abitano. Ma non è
neppure giustificata dall’esigenza
della riduzione dei costi della mac-
china dello stato visto che, a conti
fatti, non solo non riduce un bel
L
niente ma provoca addirittura un
aggravio di spesa.
Ciò detto e chiarito che se i tec-
nici sono quelli che giocano a Met-
ternich aumentando i disagi dei cit-
tadini in un momento di grande
difficoltà generale è meglio farne
rapidamente a meno, non si può
non rilevare come la reazione dei
presidenti delle Province italiane
al provvedimento iniquo e sbaglia-
to sia altrettanto iniqua, sbagliata
e totalmente irresponsabile. Ai gio-
catori ai grandi statisti si sono con-
trapposti i giocatori ai Cobas del
pubblico impiego. Che non si limi-
tano a ricorrere al Tar per opporsi
alla decisione del governo centrale
ma che scaricano sui cittadini la
loro protesta nel chiaro tentativo
di provocare tali disagi e tali ten-
sioni da rendere fatalmente inap-
plicabile la riduzione delle Provin-
ce. Quando si preannuncia che si
spegneranno i termosifoni delle
scuole e si lasceranno al freddo i
ragazzi in segno di protesta contro
il governo, si compie un atto che
trasforma dei pubblici amministra-
tori in semplici scioperanti irre-
sponsabili. Quando si minaccia di
recuperare i fondi tagliati dalle au-
torità centrali introducendo il li-
mite di velocità a 30 chilometri
orari nelle strade della propria pro-
vincia, si ammette che nella testa
degli amministratori locali il limite
di velocità non è uno strumento di
sicurezza stradale ma un modo di
taglieggiare i cittadini. E si scarica
sulla gente comune, con il chiaro
obbiettivo di suscitarne la reazione,
la propria rabbia per un provvedi-
mento vissuto come una limitazio-
ne personale dei propri interessi e
dei propri diritti di funzionario
provinciale.
Nessuno si poteva illudere che
il provvedimento del governo, pro-
prio perché cervellotico e privo di
una preparazione adeguata, potes-
se essere applicato senza provocare
reazioni e proteste.
Continua a pagina
2
roviamo una lettura meno ca-
ricaturale dello psicodramma
del Pdl. Secondo Berlusconi le pri-
marie non bastano, anzi così orga-
nizzate (provincia per provincia) ri-
schiano di alimentare le faide
interne e dar vita ad uno spettacolo
ancor più disgustoso agli occhi de-
gli elettori. Ci vorrebbe il Berlusco-
ni del 1994, un nuovo Berlusconi,
o almeno un leader con il famoso
“
quid”, di cui però il Cav non vede
traccia nel partito. Come dargli tor-
to? Ha corteggiato invano suoi pos-
sibili successori, da Montezemolo
a Monti, i quali hanno cortesemen-
te declinato. In parte per la natura
stessa del personaggio, che non am-
P
mette co-protagonisti, in parte per
l’assalto mediatico-giudiziario, in-
torno al Cav c’è solo terra bruciata.
Personalità esterne alla politica esi-
tano a farsi avanti per paura di ri-
cevere lo stesso trattamento, e in
ogni caso non accetterebbero mai
di caricarsi sulle spalle il corpac-
cione dello screditato Pdl e la pe-
sante, controversa eredità del suo
fondatore. Il Cav capisce che la sua
stagione è finita e fatica ad accet-
tarlo. Quindi continua a “sragio-
nare” di un nuovo Berlusconi e di
“
shock”. Il partito dovrebbe aspet-
tare che si manifesti, come una sor-
ta di messia, o andarselo a cercare.
Dopo aver sbraitato, è lui stesso ad
ammettere di non avere assi nella
manica, di non sapere neanche lui
cosa fare, e a definire il suo uno
«
sfogo». Fin qui l’aspetto psicolo-
gico. Ora quello politico. Legittimo
che Alfano e i suoi coltivino ambi-
zioni, ma commettono il tragico-
mico errore di ignorare i propri li-
miti se pensano di costruire il
proprio futuro politico rompendo
con Berlusconi, nell’illusione che
ciò renda possibili chissà quali nuo-
ve e formidabili alleanze. E senza
di lui, o peggio avendolo contro,
nemmeno le primarie sovvertireb-
bero il clima di smobilitazione.
Comprensibile che il malumore del
Cav aumenti sentendosi epurato da
un gruppo dirigente mediocre – il
cui appeal sull’elettorato non è an-
cora nemmeno lontanamente com-
parabile al suo – convinto che il
sacrificio del capo e appiattirsi su
Monti servano ad un disegno po-
litico in realtà manifestamente sui-
cida. Dopo un anno, a nulla sono
serviti i passi indietro di Berlusconi
(
se non ad irritarlo), anzi l’agogna-
ta unità dei “moderati” che avreb-
bero dovuto favorire è quanto mai
lontana. Il gioco di Casini è un al-
tro: la deberlusconizzazione del Pdl
non come precondizione di un’al-
leanza, ma come premessa della
sua liquefazione.
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2
omini in cerca di
quid
.
Fini
ha lanciato l’amo, hai visto
mai che il delfino che ci caschi.
Alfano sembra stanco di eseguire
gli ordini del capo, capriole ed
evoluzioni in cambio di qualche
pesciolino non fanno per lui, e
ora annaspa agitando disperata-
mente la pinna caudale. Spiaggia-
to, senza
quid
,
smarrito e schiaf-
feggiato dai flutti del Popolo della
libertà, l’ex Guardasigilli che spe-
rava di lasciarsi alle spalle il ruolo
di uomo ombra, adesso riceve
secchiate refrigeranti da Fini. Ca-
pita l’antifona, il presidente della
Camera ha preso in mano la cal-
colatrice e quel risicato 2% alla
U
voce “risultato” deve avergli sug-
gerito una capatina in via del-
l’Umiltà per un’ultima serenata.
La poltrona di velluto rosso alla
quale era abituato pare si stia sfi-
lacciando, meglio strizzare l’oc-
chio a chi gli aveva detto di «es-
sere il capo di un micropartito».
Proprio lui che a Pietrasanta
aveva lasciato intendere di aver
abbandonato vecchi steccati ideo-
logici, ribadendo «il vuoto di si-
gnificato che hanno concetti co-
me centrodestra e centrosinistra,
moderati?, non vuol dire nulla»
e di «evitare pericolosi tatticismi
con i partiti», l’ex leader di Al-
leanza nazionale ripropone il di-
sco rotto sul Partito popolare eu-
ropeo. Fallita la rinsecchita stra-
tegia di voler restituire una casa
ai delusi di Pdl e Pd, ma anche di
attuare con forza un’opera di
convincimento fra il popolo degli
astensionisti, il numero uno di
Futuro e libertà tende la mano ai
passanti delle vie del centro. Più
che al canto del cigno, siamo al-
l’urlo del dinosauro prima del-
l’estinzione. Dal moderato rifor-
mismo allo sregolato passatismo.
Da attento conservatore della sua
seggiola, suona la cetra e ammic-
ca a mo’ di sirena per “deberlu-
sconarizzare” il Popolo della li-
bertà, cioè il piatto dove ha
mangiato fino all’altro ieri. Vecchi
compagni di battaglia come Sto-
race l’hanno presa alla larga, «è
una cosa che mi fa vomitare», ha
detto il leader de La Destra.
Nell’attesa che Casini, Monteze-
molo, centristi, centrali e generi-
camente moderati sciolgano le ul-
time riserve per salvarlo dalle
passeggiatine nel parco e da un
buon numero di editoriali da di-
stribuire a questa o quella testata,
il leader di Fli si avvia a dare l’ul-
tima spallata della sua vita poli-
tica. Alfano potrà resistergli? A
fare il voltagabbana del cavaliere
ce lo vedono in pochi.
A parte Fini.
di
ARTURO DIACONALE
Nessuno si poteva
illudere che
il provvedimento
del governo, proprio
perché cervellotico
e privo di una
preparazione adeguata,
potesse essere applicato
senza provocare
reazioni e proteste
di
FEDERICO PUNZI
Ci vorrebbe il Berlusconi
come quello del 1994,
un nuovo Berlusconi,
o almeno un leader
con il famoso“quid”,
di cui però il Cav
non vede traccia
nel partito. Come
dargli torto? E chissà
se basteranno le primarie
di
STEFANO CECE
Le baruffa interna
al Popolo della libertà
è l’occasione giusta
per restare sulla
confortevole poltrona
del Parlamento.
Il vecchio che avanza
con la scusa moderata
di elemosinare
la percentuale salvifica