II
ESTERI
II
Chi ha paura del coraggio di Cristina Kirchner?
di
BARBARA ALESSANDRINI
hi ha paura di Christine Lagar-
de? Certo non la sua omonima,
la presidente dell’Argentina Cristina
Kirchner. All’ultimatum della segre-
taria del Fondo Monetario Interna-
zionale che soltanto una manciata
di giorni fa le ha intimato di fornire
entro la
dead line
del 12 dicembre
2012
dati attendibili sull’inflazione
e sul prodotto intendo lordo pena
l’espulsione dell’Argentina dal Fon-
do stesso, la Kirchner ha optato, de-
cisa, per una prova muscolare posi-
zionandosi di fatto contro i poteri
forti della finanza e delle specula-
zioni internazionali. Lo “scontro tra
le due Cristine” ha fatto il giro del
mondo. Tranne che nel nostro paese.
Dove, a “qualcuno”, la Kirchner con
le sue sortite deve incutere timore
visto che la notizia della non irrile-
vante battaglia tra lei e la segretaria
del Fondo Monetario Christine La-
garde è stata taciuta dal sistema me-
diatico “verticale” ed ha trovato spa-
zi di analisi e commento soltanto in
rarissimi casi nei circuiti controin-
formativi dei blog.
Il contrasto tra Argentina e Fmi,
in realtà, si trascina da anni e, se vo-
gliamo, esula dai confini del paese
della milonga per abbracciare l’in-
tera parabola economica del Suda-
merica fin dai tempi in cui, in occa-
sione degli accordi del Wto, il
mercato sudamericano dette segnali
di insofferenza propendendo piut-
tosto per una zona di libero scambio
interna. L’eccesso di vincoli e di po-
litiche di rigore imposte ultimamente
dal fondo monetario non poteva che
riaccendere lo scontro, tutto politico,
tra il mondo della finanza interna-
zionale, delle oligarchie economiche
e delle tecnocrazie e un paese, l’Ar-
gentina, che, sia pure tra mille con-
traddizioni e con misure più che di-
scutibili, non ha nessuna intenzione
di lasciar colonizzare il proprio mer-
cato, forte delle proprie risorse e de-
ciso ad attuare antiteticamente ri-
spetto ai diktat del supremo
organismo economico internazio-
nale, le politiche economiche rite-
nute più consone alla ripresa inter-
na. All’aut-aut rivolto dalla
segretaria del Fmi all’Argentina, la
Kirchner non ha esitato un istante
a richiedere rispetto per la sua po-
sizione “politica” a «salvaguardia
della nostra autonomia ed indipen-
denza». Un punto fermo che poggia,
secondo la presidente argentina sul
fatto che «l’Argentina è una grande
nazione. Ma prima ancora è una na-
zione grande...con risorse nostre che
ci consentiranno la salvaguardia del-
la nostra autonomia e della nostra
indipendenza». Un pout pourry di
disagio ed orgoglio nazionale popu-
lista corroborato anche dall’espe-
rienza della decisa ripresa del paese
legata all’esportazione di soia e dei
limoni argentini che riforniscono la
Germania la Gran Bretagna e una
multinazionale come la CocaCola.
E, come ricorda il blogger Sergio Di
Cori Modigliani, dalla decisione pre-
sa nel 2010 proprio dalla multina-
zionale che rischiava la perdita delle
forniture per via della scelta da parte
della Ue di bloccare l’esportazione
dei limoni, di intervenire a propria
tutela e di conseguenza a difesa del
mercato argentino.
La Kirchner ha insomma dichia-
rato guerra allo sconfinamento da
parte del Fmi dalle sue funzioni di
C
dustriale è aumentata del 300%; che
c’è lavoro in Argentina, c’è mercato
per tutti, e il mio popolo è molto ma
molto più felice di prima, piuttosto
che avere un’inflazione del 3% co-
me in Italia, dove c’è depressione,
disperazione, avvilimento e l’esisten-
za delle persone non conta più. E
questa è un’affermazione politica.
Di principio e sostanziale. Non lo
ha ancora capito?». Il punto è che
la Lagarde lo ha capito benissimo e
sa che l’Argentina è incardinata su
una politica keynesian-peronista che
punta sugli investimenti infrastrut-
turali, sull’istruzione, sulla ricerca e
sull’innovazione, sulle tutele salariali,
sulle agevolazioni all’imprenditoria
interna e su un solido sistema di in-
vestimenti che consente operazioni
soltanto su titoli di aziende reali.
L’Argentina, in sostanza, sulla scia
dell’antica tradizione peronista e in
nome del principio, invocato dalla
Kirchner, dell’autodeterminazione
dei popoli e sancito dall’ Onu, è di-
sposta a tutto pur di non piegarsi
all’austerità imposta da colossi fi-
nanziari e dalle banche centrali che
hanno l’unico obiettivo di espropria-
re le nazioni della loro sovranità
economica e politica. Un pericoloso
precedente, dunque, che, semplifi-
cando al massimo, potrebbe inne-
scare un effetto domino tra i paesi
più ricchi di risorse spendibili alla
stessa stregua di come è stato fatto
con i limoni argentini. E di cui, non
a caso, nel nostro paese, guidato da
quel Monti che della cultura del
Fmi e dell’euroburocratismo è
espressione e corifeo insieme, non è
stato fatto alcun cenno. Nonostante
il caso in Gran Bretagna, appena ol-
tre Manica, sia pedissequamente se-
guito dai media tanto da meritare
un titolo preciso: “The Christines at
war”. Il punto, è bene specificarlo,
non è schierarsi a favore degli degli
istituti di rating privati, J.P.Morgan,
Citibank e Societé Generale (tutti,
comunque, come abbiamo speri-
mentato anche in Italia, interessati
a speculare su mercati destabilizzati)
che registrano l’inflazione al -30%
o dell’Istat argentino, l’Indec, che
sull’altare del consenso interno da
tempo fornisce dati statistici proba-
bilmente sottostimati sull’inflazione
dandola al -8% annuo. O sorregge-
re o meno la politica delle indiciz-
zazioni salariali progressive rispetto
all’inflazione con cui la Kirchner ri-
sponde all’aumento dei prezzi in
modo antitetico alle direttive di ri-
gorismo del Fmi. Il nodo, semmai,
è conoscere che esiste questo dibat-
tito, evidenziarlo. Per capire come
potrebbe ripercuotersi nel nostro
paese o manifestarsi nel prossimo
futuro anche da noi. Quando, ad
esempio il pozzo delle aziende da
svendere sarà prosciugato e la nostra
proverbiale capacità di risparmio
annichilita. Eppure la dinamica e gli
sviluppi prossimi del caso toccano
anche la Bce e l’Italia in virtù delle
loro relazioni economico-energetiche
con il “sistema Argentina”. Al con-
trario, sulla vicenda i media hanno
fatto calare una cappa fumogena.
Se nello scontro tra colonialismo fi-
nanziario delle oligarchie economi-
che e post-peronismo vincesse il di-
ritto all’informazione, sarebbe
quantomeno restituita ai cittadini la
sovranità della consapevolezza. E
saremmo già un passo avanti. Ma
di questo i tecnocrati Lagarde e
Monti hanno paura.
La Kirchner
ha dichiarato guerra
allo sconfinamento
da parte del Fmi
dalle sue funzioni
di monitoraggio
sulla situazione
finanziaria delle nazioni
a quello di intromissione
ed imposizione
di una linea economica,
non verrà più accettato.
L’obiettivo: sottrarsi
alla sudditanza
alle oligarchie
economiche
internazionali.
sulla vicenda i media
hanno fatto calare
una cappa fumogena.
Se nello scontro
tra colonialismo
finanziario delle
oligarchie economiche
e post-peronismo
vincesse il diritto
all’informazione, sarebbe
quantomeno restituita
ai cittadini la sovranità
della consapevolezza.
E saremmo già un passo
avanti.Ma di questo
i tecnocrati Lagarde
e Monti hanno paura
monitoraggio sulla situazione finan-
ziaria delle nazioni a quello di in-
tromissione ed imposizione di una
linea economica, non verrà più ac-
cettato. Che poi il prezzo da pagare
internamente al paese sia comunque
altissimo è altro discorso: in strada
spopola il cambio in nero, gli argen-
tini non possono viaggiare all’estero
con più di cento dollari di diaria, è
previsto il 15% di tasse sugli acqui-
sti con carta di credito ed è in itinere
una legge per cui agli argentini sarà
concesso viaggiare all’estero solo
una volta all’anno, il costo della vita
si è impennato, il governo non esita
a ricorrere a metodi coercitivi per
colpire gli avversari. L’obiettivo ri-
mane: sottrarsi alla sudditanza alle
oligarchie economiche internazio-
nali. Ed era già stato palesato dalla
Kirchner con quel: «Vorrà dire che
staremo fuori» in replica alle minac-
ce della Lagarde quando non esitò
a sostenere di preferire «un’inflazio-
ne altissima e spropositata se so che
la disoccupazione dal 34% è scesa
al 3,5%; che la povertà è diminuita
del 55%; che il pil viaggia di un
+8% annuo; che la produttività in-
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 10 OTTOBRE 2012
7