i davano per dispersi, impantanati nelle
sabbie dell’Iraq, alle prese con il “socia-
lismo” obamiano. Presi a schiaffi dalla storia,
come al solito fenicemente risorgono. Li ri-
troviamo ai blocchi di partenza della nostra
campagna elettorale, sul
Corriere della Sera
,
che titola: «Dai Neoconservatori Manifesto
per la Nazione». Ma chi sono i “neocon”
made in Italy? Promotori del «cambiamento
legato ai valori della tradizione», hanno storie
politiche diverse e un’esperienza in comune
nel centrodestra (che fu?) berlusconiano:
Quagliariello, Sacconi, Gasparri, Formigoni,
Gelmini, Alemanno. E le rispettive fondazio-
ni, Magna Carta, Italia Protagonista, Rete
Italia, Liberamente, Nuo-
va Italia. Si potrebbe ra-
gionare sul dato politico
dell’iniziativa, interrogarsi
su cosa sta succedendo a
destra nel Paese, o più
semplicemente chiedersi
come si fa a definire “neo-
con” il Formigoni critico
verso la guerra in Iraq.
Ma il punto è proprio
questo. Nella vulgata re-
cente sul neoconservato-
rismo la definizione è
sempre stata associata alla
politica estera del movi-
mento: l’esportazione, aggressiva quanto ser-
ve, della democrazia, l’idea che la sicurezza
in casa propria la costruisci mettendo in si-
curezza le relazioni internazionali. (...) I neo-
con hanno sempre avuto una precipua visio-
ne della politica interna, oltre che una
predilezione per gli affari internazionali. Ed
L
è una visione complessa, trasversale, che di-
cevamo prima nel caso italiano può unire
storie differenti prendendo il meglio del mon-
do cattolico e liberale, della destra sociale e
perché no della sinistra riformista. Un mo-
dello di governo non subalterno alla tecno-
finanza, alternativo alla socialdemocrazia e
ai rigurgiti tribali e reazionari del postmo-
derno. Il presidente George W. Bush e i suoi
consiglieri spirituali riassunsero questo pro-
gramma nella felice formula «conservatori-
smo compassionevole». L’idea che nessuno,
nelle nostre società presunte opulente, debba
essere lasciato indietro, che tutti meritino
una opportunità e che lo Stato più che di-
stribuire welfare a pioggia
debba impegnarsi per cre-
arle le occasioni da pren-
dere (meglio se è uno Sta-
to federale). L’idea di dare
un’etica al capitalismo, la
centralità della persona
umana, un nuovo indu-
strialismo, l’insistenza sul
concetto di “comunità”
attorno alla quale far ruo-
tare le nostre vite, la giu-
sta divisione dei poteri,
sono tutti temi tradizio-
nali nel dibattito neocon-
servatore (...). Vedremo se
anche in Italia il seme del neoconservatori-
smo ha generato una pianta dalle radici so-
lide, e se una parte del mondo politico del
nostro Paese riuscirà ad onorare quella tra-
dizione che fa rima con innovazione.
ROBERTO SANTORO
ochi giorni fa, nell’azienda presso la
quale lavoro, cinquanta anime in totale,
è stata comunicata l’inizio della cassa in-
tegrazione a zero ore per per dieci impie-
gati. La crisi nel settore manifatturiero è
gigantesca, la fine del tunnel non si intra-
vede ma il governo sembra impegnato in
altre faccende. Nelle stesse ore Mario
Monti ha infatti solennemente affermato
che l’Italia non si divide tra destra e sini-
stra, tra guelfi e ghibellini, tra rossi e neri
ma tra chi le tasse le paga e chi no, tra chi
riga dritto e chi evade.
Di questa morale fiscale vomitevole, di
questo pseudo stato etico, io che le tasse
sono costretto a pagarle
tutte, io che vedo la mia
busta paga dimezzarsi,
che vedo il mio lavoro
sempre più a rischio,
non ne posso più. Se so-
lo avessi la minima pos-
sibilità di evadere i tri-
buti lo farei sino
all’ultimo centesimo e
senza alcun rimorso. A
questo stato ladro, inde-
cente, e immorale che
pasteggia a ostriche e
champagne, mentre noi
poveri cristi ci spacchia-
mo la schiena per sbarcare il lunario, non
devo nulla.
Perché caro Presidente è vero che l’Ita-
lia è divisa in due ma non tra tartassati ed
evasori. Ma tra chi lavora e chi campa sul-
le spalle di chi produce ricchezza, tra for-
miche e sanguisughe, tra statalismo e im-
P
presa privata. Il primo pachidermico, pri-
vilegiato e ladro, la seconda, massacrata,
discriminata, sfruttata. Nel mio mondo le
aziende soffrono strozzate da un accesso
al credito asfittico, da una burocrazia bi-
zantina, da una tassazione sul lavoro folle
e malata, da istituzioni ladre che non ono-
rano i debiti ma che sono rapaci nel pre-
tendere e ottenere con le intimidazioni, i
nostri soldi. La vita di noi lavoratori sta
diventando una lenta eutanasia mentre as-
sistiamo impotenti a questo orrendo ca-
baret di bassa lega dove lo stato, senza pu-
dore alcuno, opera alla luce del sole come
una società a delinquere.
Se potessi, chiederei
asilo politico perché mi
sento di vivere in uno
stato totalitario, una
specie di Unione Sovie-
tica 2.0 dove la libertà
di impresa è minacciata,
dove la presunzione di
innocenza non esiste ma
dove anzi lo stato ti
considera un ladro a
priori, dove l’inquisizio-
ne fiscale scandaglia la
tua vita e ti condanna
senza appello a pene se-
verissime, dove una no-
menklatura indecente e fuori dalla realtà
assiste inerme allo smantellamento del si-
stema industriale italiano.
Monti mi ricorda Maria Antonietta: le
imprese hanno fame? Che mangino crois-
sant.
ComeMariaAntonietta
e i suoi“dolci croissant”
A questo stato ladro,
indecente, e immorale
che pasteggia a ostriche
e champagne, mentre
noi poveri cristi
ci spacchiamo la schiena
per sbarcare il lunario,
non devo davvero nulla
Guarda chi si rivede,
i neoconservatori
È una visione complessa,
trasversale, che nel caso
italiano può unire storie
differenti prendendo
il meglio del mondo
cattolico e liberale,
della destra sociale
e della sinistra riformista
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 10 OTTOBRE 2012
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