contro intergenerazionale in ca-
sa democratica. Finalmente Pu-
po Renzi c’è riuscito. Il protagoni-
smo da candidato già trionfatore
delle primarie prima ancora del lo-
ro svolgimento (chissà quando,
chissà come, chissà con quali regole
e chissà se di partito o di coalizione)
con il suo iper-presenzialismo ha
fatto arrabbiare nonno Massimo.
Secondo D’Alema, intervistato dal
Corriere della Sera
, la campagna di
Renzi «appare essere rivolta non
alla costruzione ma esclusivamente
contro il gruppo dirigente del Pd e
tutti i potenziali alleati di governo
del centrosinistra. Registro con
amarezza - continua il massimo di-
rigente del Copasir - che sembra es-
sere sostenuto soprattutto da quelli
che il Pd al governo non lo voglio-
no, a partire dalle personalità po-
litiche e dai giornali che fanno ri-
ferimento al centrodestra. Non
credo che fosse il suo progetto».
C’è un problema generazionale nel-
la politica italiana e nello stesso Pd,
secondo l’ex premier, ma tutti pos-
sono contribuire con le proprie ri-
sorse, grandi e piccini. «Anche noi
quando eravamo giovani, ci siamo
misurati con una classe dirigente
autorevole - sottolinea - abbiamo
discusso, non abbiamo pensato di
stabilire per regolamento che do-
veva essere cacciata». Di certo c’è
che D’Alema ritiene Renzi
unfit
a
fare il PresDelCons, lo aveva detto
neanche tre giorni fa e oggi si è ri-
petuto. Inadatto a fare il premier,
inadatto a fare il leader del Pd. Due
attacchi in settantadue ore Renzi
non li poteva tollerare. Due attacchi
poi da uno dei maggiori nemici,
quel D’Alema che viene dalla prima
Repubblica, che puzza di scuola del
partito a Frattocchie. Pupo rispon-
de dalle colonne di
Repubblica
:
«Rispetto tantissimo gli anziani: se
non ci fossero i nonni non ci sareb-
S
be la famiglia». Prova a pungere
con l’ironia, l’arma preferita dall’ex
leader dei Ds. Lanciando anche un
avvertimento: «Più ci attaccano e
più si fanno male. Più fanno pole-
mica e più i nostri comitati sorgono
in tutta Italia». Renzi alle Crociate.
Il sindaco fiorentino è ospite alla
convention
dei
democrats
Usa e ne
approfitta per stabilire un paragone
con Obama: anche il presidente
americano «aveva tutto il partito
contro l’altra volta». E ancora:
«Chi è stato vent’anni in Parlamen-
to ha dato tutto quello che doveva,
ora basta. Come funziona in Ame-
rica». Non vuole contentini, o fa il
candidato premier o niente posti in
Parlamento, rimane a fare il primo
cittadino nel capoluogo toscano.
Pupo Renzi ha puntato i piedi. Ha
richiamato i nonni al loro compito:
viziare i nipotini, non riprenderli
rompendogli le scatole e togliendo-
gli i giocattoli dalle mani. Al Pd non
bastavano gli scontri sulle politiche
e sulla politica, adesso sono arrivati
i nonni coi nipoti. Date i lecca-lecca
agli uni e le pensioni agli altri. E
magari si trovi qualche genitore
che, nella morsa delle due genera-
zioni avverse, riesca a fare un po’
di politica per davvero.
ENRICO STRINA
di
PIETRO SALVATORI
ella nostra
convention
del-
lo scorso maggio avevamo
ottenuto un risultato molto impor-
tante: la promessa di Angelino Al-
fano di tenere le primarie nel par-
tito. Due settimane dopo era
arrivata la ratifica anche dal consi-
glio di presidenza. Poi l’intenzione
di Silvio Berlusconi di ricandidarsi
ha interrotto quel processo». È rea-
lista Alessandro Cattaneo, trentenne
sindaco di Pavia e tra i principali
animatori di Formattiamo il Pdl. Il
movimento ha subito un brusco
stop con la nuova discesa in campo
del Cavaliere. Anche se, ammette
Cattaneo, «è logico che se Berlu-
sconi decide di tornare a competere
per Palazzo Chigi, la prospettiva
delle primarie diventa ridondante».
Si aspettava qualcosa di diverso?
Di certo è stata una scelta che
ha portato un rallentamento ecces-
sivo del dibattito interno al parti-
to.
Ma nelle pagelle che avete dedicato
ai vostri dirigenti, gli avete assegna-
to un dieci…
Di certo la sua è stata una mos-
sa che ha spiazzato tutti. È riuscito
a formattare anche i formattatori!
Ma ha interrotto la fase di rinno-
vamento?
Ci aspettavamo più che altro
una scelta diversa da parte del par-
tito. Le primarie, per esempio, sono
uno strumento che si sarebbe do-
vuto utilizzare a prescindere. Ma-
gari per la formazione delle liste
elettorali per le elezioni politiche,
di sicuro per le amministrazioni lo-
cali. Non farle in Sicilia è stato un
errore.
Anche se ancora non si sa con qua-
le legge elettorale si andrà a vota-
re.
Se rimanesse il maledetto Por-
cellum non vedo quali vincoli ci sa-
«N
rebbero. Senza contare che anche
oggi si sta continuando a parlare di
una quota di parlamentari eletta
tramite le liste bloccate. Se si deci-
desse per il maggioritario, poi, an-
cora meglio. Ci si deve rendere con-
to che la percezione della mancanza
di rapporto tra gli eletti e i cittadini
è gravissima.
A sinistra si stanno accapigliando
proprio per le primarie.
Questo dimostra che quel tipo
di consultazioni generano dibattito.
Tanto più che sono uno svantaggio
per il Pdl. Una campagna elettorale
nella quale Pier Luigi Bersani si pre-
sentasse con la squadra di vecchi
dirigenti secondo lo schema raccon-
tato più volte dai giornali, per noi
sarebbe una speranza.
La presenza di Renzi vi avvantag-
gia, dunque?
In un certo senso sì. Mi sta sim-
patico, e bisogna anche considerare
tuttavia che parte del nostro elet-
torato guarda con interesse alla
competizione Democratica. In molti
sono interessati al sindaco di Firen-
ze, e questo è un fatto nuovo.
La parentesi di Alfano si è definiti-
vamente chiusa?
Nel segretario nutro ancora fi-
ducia. È stato vittima di un mecca-
nismo perverso che ingessa tutta
l’azione del nostro partito. Ma
adesso il tempo stringe, è il momen-
to delle scelte. Berlusconi deve dire
se si vuole effettivamente candidare
o meno, e in funzione di questo
dobbiamo costruire una squadra
credibile in vista del prossimo fu-
turo.
Che è piuttosto incerto, al momen-
to.
Quando sono entrato in politica
l’ho fatto per l’entusiasmo che mi
aveva instillato lo sguardo dissa-
crante del Cavaliere sul mondo
stantio della politica. In brevissimo
tempo ci siamo ridotti a essere il
tassello di uno stanco gioco delle
parti che ricalca in tutto i giochini
della prima Repubblica. Se conti-
nuiamo così andiamo allo sfascio.
In che senso?
Che se si votasse domani rag-
giungeremmo percentuali non de-
gne della storia politica che abbia-
mo alle spalle.
In che modo ricostruire un minimo
di credibilità?
Innanzitutto i parlamentari dia-
no vita ad una legge elettorale che
lasci spazio al merito politico dei
candidati e che recuperi il rapporto
con i cittadini. Poi, personalmente,
mi sto impegnando ad attivare e
valorizzare un tesoro di ammini-
stratori locali che ci mettono la fac-
cia tutti i giorni nei loro comuni.
Dobbiamo rispolverare una cultura
della politica locale.
Una lista di sindaci di centrodestra?
No, non vogliamo fare liste o
costituire correnti. È solo una rete
naturale che sostiene chi tra di noi
può essere un potenziale elemento
di credibilità benefico per tutto il
partito. Ci sono tante eccellenze,
magari arrivate al secondo manda-
to e dunque, giustamente, non rie-
leggibili, che sarebbe un peccato di-
sperderle.
II
POLITICA
II
L’ex premier ritiene
il sindaco“unfit to lead
Democrats”. Spassosa
la puntuta replica:
«Ho rispetto
per i nonni, senza
di loro non ci sarebbe
stata la famiglia»
segue dalla prima
Follie elettorali
(...)Che, naturalmente, non deve in alcun mo-
do servire a definire le strategie più efficaci
per combattere la crisi stessa, ma solo a se-
lezionare quelli che dovranno entrare nelle
stanze del potere senza avere una sola idea
di come usarlo per salvare la società nazio-
nale dal tracollo definitivo.
A questa follia, che per la verità non è nuova
ma tragicamente ricorrente, se ne aggiunge
poi una seconda ancora più grave. E del tutto
inedita. Quella che spinge l’intera classe po-
litica a comportarsi come se le elezioni fos-
sero destinate liberare di colpo il paese dai
vincoli, dai condizionamenti, dalle obbliga-
zioni che ha accumulato nei confronti del-
l’Europa. Come se da aprile del prossimo an-
no in poi non ci fossero più spread e diktat
finanziari dei banchieri tedeschi e “compiti
a casa” da continuare a svolgere senza met-
tere minimamente in discussione i maestri e
professori in cattedra posti oltralpe.
Se non fosse drammatica questa seconda fol-
lia sarebbe addirittura ridicola. Ci si illude
che, fatte le elezioni, chiunque vada a Palazzo
Chigi sia libero di fare ciò che meglio crede.
E non si prende atto che chiunque andrà al
governo non solo sarà costretto a rigare drit-
to obbedendo agli ordini di chi ha avuto in
regalo parte della nostra sovranità nazionale
ma dovrà intensificare i “compiti” per recu-
perare il tempo perduto in una campagna
elettorale resa inutile e ridicola dalle due follie
degli irresponsabili.
ARTURO DIACONALE
Il nuovo che avanza
(...) Eccitato dal web il populismo qualun-
quisico avanza con la parola d’ordine: i par-
titi vanno cacciati e cancellati tutti, i partiti
sono zombie, larve, salme, i partiti sono tutti
uguali: ladri. Il qualunquismo populista e
giustizialista grillesco è questo mettere tutti
sullo stesso piano e chi lo accusa di “fasci-
smo” è perché ricorda le parole d’ordine degli
squadristi. Come mai i nuovi sono diventati
vecchi? Intanto, in venti anni una classe po-
litica invecchia. Soprattutto se non fa le ri-
forme. Questa è invecchiata molto male. No-
nostante lunghi anni al governo non ha
riformato il paese. Il Pd non ha mai fatto i
conti con se stesso, non scegliendo, come tutti
in Europa, di diventare socialdemocratico.
Casini è comunque frutto della Prima Re-
pubblica ma cerca di avere un suo spazio ab-
bracciando il “nuovo” Monti, comunque,
salverà il suo 6/7 per cento. Di Pietro si giova
della schiuma giustizialista di ritorno, la stessa
che mise 20 anni fa al servizo del Pd. Ma
Grillo lo incalza. E domani? Domani è un
altro giorno, dopotutto. Ma fanno malissimo
Pd, Pdl, Udc e Lega a illudersi che la partita
di chi governerà riguardi solo loro. O solo
la sinistra alleata che già canta vittoria. Il
vecchio che resiste, ecco ciò che essi appaiono
a tanti, e come tali sono fortemente handi-
cappati rispetto a Grillo, al Di Pietro del co-
pyright manettifero, e ad altre nuove forma-
zioni in fieri:Montezemolo, Giannino,
Tremonti, sì anche Giulio Tremonti, la new
entry.Cosicché, mentre Alfano inganna il tem-
po tirando a sorte sulla discesa del Cav -in-
vece di studiare un programma, elaborare
un progetto, chiamare intorno a sé gente ca-
pace (ce n’è, ce n’è) e lanciare l’idea di
“un’Italia che vogliamo”- e Bersani appare
il difensore d’ufficio dei dinosauri piddini
che dalla notte dei tempi comandano. Solo
il solitario Renzi ha scelto un percorso di co-
raggio, di innovazione e di modernità come
fece il Bettino Craxi fra i ‘70 e gli ‘80, rivol-
tando il vecchio Psi ma attirandosi anche lui
gli anatemi dei vecchi tromboni perdenti. Gli
stessi che oggi bastonano il sindaco di Firenze
e rischiano la stessa fine di quelli. E noi?
PAOLO PILLITTERI
Cattaneo: «Cambiamo subito
oppure il Pdl rischia lo sfascio»
Il bambinoRenzi
e il nonnoD’Alema
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VENERDÌ 7 SETTEMBRE 2012
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