iulio Tremonti conferma il
suo ritorno in politica, ma
«non dentro i partiti vecchi. Non
con i generali di armata morta,
non con le marionette di se stes-
si». L’ex ministro prova lo strap-
po e, intervistato dal
Corriere
della Sera
, annuncia: «Comincerò
con un manifesto, una lista col-
lettiva, aperta soprattutto ai gio-
vani».
Né partiti né correnti interne
o riconducibili al Partito della Li-
bertà, allora, ma un manifesto
«in stato avanzato» di definizio-
ne, con tanto di omaggio all’Inno
di Mameli nei versi che dicono
«noi siamo da secoli calpesti, de-
risi, perché non siam popolo,
perché siam divisi», utilizzati co-
me intestazione del documento
stesso. Un invito al «recupero
della sovranità nazionale e della
G
dignità personale». Un naziona-
lismo da ventunesimo secolo, in
cui diritti personali e unità patria
si ricongiungono confondendosi.
L’ex ministro dell’Economia
propone, contro la crisi, di ricor-
rere alla “separazione bancaria”,
al blocco dei derivati, alla possi-
bilità di «stabilire che i bonus
vengano lasciati a garanzia per
un po’ di anni. Sono idee dei
conservatori inglesi. La cosa cu-
riosa è che tutto questo è fuori
dal dibattito in Italia». Bacchet-
tate per Monti ma anche per il
Pdl.
«Sento parlare di crescita, ma
con questa instabilità è come co-
struire sulla sabbia», dice infatti
riferendosi agli sforzi di Palazzo
Chigi mentre agli ormai ex com-
pagni di partito dice che il piano
alternativo proposto dal Pdl «si
presenta come un piano P, come
Pinocchio: il patrimonio deve es-
sere venduto ma non è possibile
farlo nei tempi e nei numeri che
sono stati calcolati alla carlona.
Il manifesto sarà generale, aperto
a ogni tipo di apporto».
È un Tremonti quasi ecume-
nico, quello che emerge dall’in-
tervista al quotidiano di Via Sol-
ferino: i mercati vanno regolati,
le banche vanno regolate, gli Sta-
ti, se uniti insieme sotto delle co-
muni bandiere, possono agire per
cambiare la situazione. Da soli
si perde ma «la politica di uno
Stato collegata a quella degli altri
può fare moltissimo». Cosa che
però non sta riuscendo a Monti,
secondo l’ex ministro dell’econo-
mia. Anche perché, finalmente,
la Merkel si è accorta che «i mer-
cati non sono amici del popolo».
Una cosa da sinistra francese o
tedesca, come conferma lo stesso
Tremonti.
Il Tremonti interventista, qua-
si socialdemocratico, spiazza il
lettore e l’elettore pidiellino.
Quello stesso elettore che anni
fa lo votò forse ignorandone il
passato da transfugo del Psi e del
Patto Segni. Tremonti è stato una
vita in Forza Italia ma non è mai
stato di Forza Italia, ha quasi
sempre agito da battitore libero,
pronto a scontrarsi con chiunque
pur di portare avanti le sua filo-
sofia economico-finanziaria, fi-
nendo per altro quasi sempre in
minoranza.
Il quesito che rimane però
sotto gli occhi di tutti è: dove an-
dare a parare con l’ennesima li-
starella, presentata senza scudieri
e a mezzo stampa con un mani-
festo non definitivo? Il progetto
appare ancora un po’ vago, tanto
che la lista “è aperta” a ogni tipo
di collaborazione o idea. In pra-
tica un contenitore a secco. So-
prattutto di voti.
ENRICO STRINA
II
POLITICA
II
Bernanke ammette: la Feddi fatto è una badbank
he la Federal Reserve lo fosse
è noto da tempo. Adesso anche
Ben Bernanke lo afferma presen-
tandola come la nuova teoria mo-
netaria. La Fed è diventata una
grande “bad bank” che compra a
man bassa titoli tossici dalle banche
in crisi.
Lo ha annunciato ufficialmente
a Jackson Hole, nello stato del
Wyoming, durante l’ultimo simpo-
sio bancario annuale organizzato
dalla Fed di Kansas City.
Bernanke ha ricordato che nel-
l’agosto del 2007, all’inizio delle
crisi finanziaria globale, i tassi di
interesse della Fed erano del 5,25%
mentre oggi sono dello 0-0,25%.
Di conseguenza i tradizionali stru-
menti di politica monetaria e finan-
ziaria della banca centrale america-
na, in primis le manovre restrittive
o espansive sul tasso di sconto e
l’estensione temporale dei termini
di prestito, non funzionano più.
Dal 2007 la Fed lavora con
“nontraditional policy tools”, con
armi monetarie non convenzionali
basate anzitutto sulla gestione del
“balance sheet”, cioè sull’espansio-
ne del suo stato patrimoniale. Dopo
aver provato una serie di operazioni
per sostenere il sistema finanziario
in default, la Fed è passata all’ac-
quisto diretto dei titoli del debito
pubblico e di altri titoli più tossici
in possesso delle cosiddette imprese
sponsorizzate dal governo (Gse),
come i colossi immobiliari dei mu-
C
tui subprime, Fannie Mae e Freddie
Mac. Per far ciò ovviamente ha fat-
to lavorare a tempo pieno le rota-
tive per stampare dollari. Dal No-
vembre 2008 e in poco più di due
anni, Bernanke ha dettagliato di
aver comprato titoli, molti dei quali
non più appetibili, per un totale di
3.350 miliardi di dollari!
Tali operazioni sono state anche
chiamate “quantitative easing”. Per
cui nei libri contabili della Fed ora
vi sono anche 850 miliardi di dol-
lari di mortgage backed securities
(mbs), cioè derivati tossici emessi
sulla base di ipoteche impagabili.
Quando si cercavano delle solu-
zioni alla crisi, tra l’altro si ipotizzò
la creazione di “bad bank” dove
“parcheggiare” i titoli tossici, insie-
me ad altre riforme per rendere il-
legale i meccanismi della “loro pro-
duzione”. Nessuna banca privata
ha fatto tale scelta per paura di per-
dere credibilità. La Fed invece lo ha
fatto con i soldi pubblici nell’inte-
resse della finanza privata! A Jack-
son Hole Bernanke ha cercato di
difendere tale decisione e la sua teo-
ria economica proprio come fanno
quei cuochi in televisione che danno
le ricette sul momento. “Impariamo
facendo”, ha detto. Se il piatto sarà
una schifezza lo si saprà solo dopo.
Mentre si cucina, invece, si tessono
le lodi del cuoco, si decantano l’at-
mosfera e i colori, evitando atten-
tamente di parlare del sapore.
Uno degli effetti positivi deri-
vanti dalla politica della Fed sareb-
be, secondo alcuni studi, l’abbassa-
mento del tasso di interesse dei
bond decennali del Tesoro dello
0,8-1,2%. Misera cosa per una va-
langa di nuova liquidità!
Per Bernanke l’importante è il
fatto che il Pil e l’occupazione negli
Usa non siano crollati. Immettere
ricchezza non prodotta sotto forma
di nuova moneta è però come dare
la droga ad un malato. All’inizio
sembra che egli stia bene, ma suc-
cessivamente starà peggio o per crisi
di astinenza o per gli effetti colla-
terali sopravvenuti.
Bernanke paragona la sua poli-
tica con l’acquisto di bond del Te-
soro a lungo termine deciso dopo
la Grande Depressione. È un para-
gone inaccettabile. Allora la Fed
comprava titoli emessi dal governo
per sostenere la ripresa e l’occupa-
zione con grandi progetti di inve-
stimento e infrastrutture. Non com-
prava i titoli tossici mbs. Allora si
avviò il New Deal…
Comunque egli ha dovuto am-
mettere i rischi della nuova politica:
la destabilizzazione dei mercati fi-
nanziari, la perdita di fiducia nella
Fed in rapporto anche alla minaccia
inflazionistica, la ricerca delle ban-
che di nuove operazioni altamente
rischiose e la possibilità di grosse
perdite per la Fed stessa a seguito
di possibili futuri aumenti del tasso
di interesse.
La seconda arma non conven-
zionale di Bernanke è l’informazio-
ne. Nella società della comunica-
zione e della pubblicità ha
ovviamente puntato sull’elemento
psicologico. Le aspettative diventa-
no più importanti della stessa realtà.
Per questo egli ha annunciato che
la politica dei tassi a zero interessi
rimarrà «almeno fino alla fine del
2014».
La grande stampa sta presentan-
do una Fed interventista ed unica
in grado di salvare l’economia. Pur-
troppo, secondo noi, non è così. Del
resto anche l’autorevole Banca dei
Regolamenti Internazionali di Ba-
silea in un suo recente paper evi-
denzia i pericoli insiti nella politica
della Fed. Sottolinea infatti che «le
misure non convenzionali hanno
fornito un supporto temporaneo al-
le economie. Questo però non vuol
dire che l’espansione dei balance
sheets delle banche centrali avranno
in generale degli effetti macroeco-
nomici positivi».
Molti, in particolare gli Usa, vor-
rebbero che la Bce portasse avanti
la stessa politica. Secondo noi inve-
ce Mario Draghi ha fatto bene a di-
sertare Jackson Hole. Vogliamo cre-
dere che con un tale gesto, Draghi,
la Bce e l’Europa abbiano voluto
dare un segnale differente.
*Sottosegretario all’economia
del governo Prodi
**Economista
Tremonti e quel manifesto
mezzo pieno,mezzo vuoto
LaGiovane Italia
festeggia conAtreju
La banca ha comprato
titoli, molti spazzatura,
per un totale di 3.350
miliardi di dollari
Molti vorrebbero
che la Bce portasse
avanti la stessa politica.
Ma Draghi si oppone
utto pronto per l’edizione
2012 di Atreju, quattordicesi-
mo appuntamento con la festa del-
la Giovane Italia che dal 12 settem-
bre, per cinque giorni, all’interno
del Parco del Celio, animerà la Ca-
pitale con un fitto programma di
incontri, tavole rotonde, faccia a
faccia e dibattiti con i principali
protagonisti nazionali della politica,
del giornalismo, delle istituzioni,
dello sport, dello spettacolo e della
cultura. Sarà un’edizione #senza-
paura, come recita l’ahstag ufficiale,
nonché motto della manifestazione.
Proprio come il giovane eroe fan-
tasy de
La storia Infinita
da cui
prende il nome.
Ieri la conferenza stampa di pre-
sentazione, alla presenza di Marco
Perissa, presidente della Giovane
Italia, e Annagrazia Calabria, co-
ordinatrice nazionale del movimen-
to giovanile del Pdl. Per la prima
volta seduta in platea anziché al ta-
volo dei relatori c’è Giorgia Meloni,
già ministro della Gioventù e per
lungo tempo presidente di Azione
Giovani prima e Giovane Italia poi,
prima di passare il testimone al tan-
dem Perissa-Calabria. Proprio da
Meloni, che anche quest’anno ha
guidato l’organizzazione dell’even-
to, arriva l’auspicio per questa edi-
zione 2012: «Atreju è una manife-
stazione che nel corso di quattordici
edizioni è cresciuta tantissimo. È
interamente pensata, montata, or-
T
ganizzata da ragazzi e ragazze che
rinunciano anche alle proprie va-
canze per costruire il palcoscenico
sul quale materialmente, per cinque
giorni, si muove il meglio della po-
litica, dell’attualità, della cultura
italiana. È un grande momento di
protagonismo giovanile al quale
vale la pena di partecipare, perché
consente di riscopre un’identità,
una dimensione della comunità, e
l’amore per la politica come pas-
sione e impegno civile».
Tutto è pronto, insomma, in at-
tesa del via di mercoledì prossimo
che vedrà subito in programma il
saluto dei vertici del Popolo della
Libertà e quindi il dibattito sul la-
voro con il ministro Elsa Fornero,
il suo predecessore Maurizio Sac-
coni, il giornalista Enrico Mentana,
il presidente del comitato unico del-
le professioni, Marina Calderone e
il direttore generale di confindustria
Marcella Panucci. Come ogni anno,
torna il Premio Atreju, il riconosci-
mento che la manifestazione tradi-
zionalmente conferisce alle perso-
nalità più significative dell’anno
appena trascorso: la schermitrice
azzurra Valentina Vezzali, il fonda-
tore di Egomnia, Matteo Achilli;
Renato Cortese, il poliziotto che
arrestò Bernardo Provenzano, e il
comandante Gregorio De Falco,
colui che urlò al capitano Schettino:
«Vada a bordo, c...o!».
LUCA PAUTASSO
di
MARIO LETTIERI*
e
PAOLO RAIMONDI**
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 6 SETTEMBRE 2012
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