Pagina 1 - Opinione del 06-9-2012

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Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 6 Settembre 2012
delle Libertà
La legge elettorale dipende dalla frattura del Pd
on è affatto un peccato ipotiz-
zare, come ha fatto Stefania
Craxi, che dietro le critiche di Ro-
mano Prodi alle modifiche della leg-
ge elettorale in senso proporzionale
ci sia il suo desiderio di succedere a
Giorgio Napolitano al Quirinale. E
non è neppure una bestemmia quel-
la prospettata da Anna Maria Ber-
nini che oltre al progetto personale
ci sia, sempre per Prodi, anche la no-
stalgia per la foto di Vasto, cioè la
sua fedeltà allo schema bipolare ed
allo schieramento ulivista dell’unità
dell’intera sinistra che gli ha consen-
tito di vincere le elezioni nella Se-
conda Repubblica nel 1996 e nel
2008.
N
È fin troppo legittimo che un
personaggio politico in grado di po-
ter vantare di aver sconfitto per due
volte Silvio Berlusconi non con ma-
novre parlamentari ma in sfide elet-
torali aperte possa nutrire l’ambi-
zione di chiudere la sua carriera
politica salendo sul Colle più alto
della Repubblica italiana. Ed è al-
trettanto legittimo che questo stesso
personaggio rimanga convinto della
validità dello schema bipolare grazie
al quale è riuscito a portare la sini-
stra al governo con il metodo delle
libere consultazioni democratiche.
In politica e nella storia le idee cam-
minano sulle gambe degli uomini.
E la forza grazie a cui questi uomini
portano avanti le loro idee è sempre
l’ambizione personale. Anche quan-
do viene ammantata dalla virtù e
dai grandi ideali.
Per cui è inutile discutere se sia
vero o meno che Prodi si sia messo
di traverso alla riforma elettorale di
Pierluigi Bersani perché animato dal-
la smania di diventare Presidente
della Repubblica.
Equivarrebbe ad aprire un dibat-
tito sull’attendibilità o meno della
teoria secondo cui Bersani si sarebbe
convinto al ritorno al proporzionale
per poter entrare agevolmente a Pa-
lazzo Chigi con un accordo con
l’Udc in cambio del via libera per il
Quirinale a Pierferdinando Casini.
Il punto di reale interesse nella
faccenda, invece, è capire se dietro
le manovre e le pulsioni personali
dei personaggi di spicco del Pd ci
siano delle motivazioni politiche di
fondo. Quelle che si possono anche
intrecciare con le ambizioni ma che
rimangono e pesano anche oltre
ogni genere di personalismo.
Compiere questa operazione non
è affatto difficile. Perché nella sini-
stra italiana non esiste solo una frat-
tura evidente e clamorosa, resa pa-
lese dal caso Renzi, di tipo
generazionale tra la vecchia nomen-
clatura dei notabili e la giovane leva
dei rottamatori.
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Basta tavoli e appelli.Ora decisioni emeno tasse
economia italiana ha bisogno
dell’esatto opposto di una
«politica industriale», di aiuti pub-
blici più o meno camuffati da in-
centivi, elargiti agli imprenditori
amici o in modo dirigistico, pre-
tendendo di intuire i settori stra-
tegici. Ha bisogno di meno stato:
meno tasse, meno oneri burocra-
tici, meno sussidi distorsivi. Dubi-
tiamo quindi che lo stanco rito del-
la concertazione, o delle
“consultazioni”, tra governo e par-
ti sociali, che il premier Monti ha
voluto riprendere in questo inizio
settembre, incontrando ieri le as-
sociazioni delle imprese, la prossi-
ma settimana i sindacati, possa
L’
produrre benefici.
All’Italia di oggi non servono
tavoli né appelli, bensì decisioni e
riforme nette, radicali. Quasi mai
nel nostro paese le parti sociali
hanno giocato un ruolo di spinta
all’innovazione economico-sociale.
Quasi sempre, al contrario, si sono
dimostrate potenti agenti di con-
servatorismo corporativo. E se
guardiamo all’esempio più recente,
che ha partorito la peggiore rifor-
ma di questo governo, quella sul
mercato del lavoro, c’è persino da
temere un nuovo “patto” per la
produttività. Se le sorti del paese
sono nelle mani delle parti sociali,
allora siamo proprio messi male.
Di ieri l’allarme lanciato da
Italia
Oggi
sugli effetti nocivi, da molti
paventati, della riforma del lavoro.
Dalle rilevazioni della Fondazione
dei consulenti del lavoro emerge,
infatti, che ad un mese dalla sua
entrata in vigore ha praticamente
bloccato l’avvio di contratti a pro-
getto. Per il 93% del campione dei
consulenti intervistati la riforma
ha bloccato fino a 50 contratti; per
il 3% da 50 a 200 e per il 4% ad-
dirittura oltre 200. Il 54% dichiara
che al termine del regime transito-
rio per i contratti di lavoro inter-
mittente le aziende hanno già de-
ciso di risolvere il rapporto e solo
il 3% di convertirlo a tempo inde-
terminato. Certo, pesa la crisi, ma
se qualche imprenditore era inde-
ciso, la riforma sembra aver taglia-
to la testa al toro (o al precario).
All’uscita dall’incontro con Monti
il numero uno di Confindustria
Squinzi ha parlato di «clima co-
struttivo», augurandosi «un autun-
no un pò meno bollente». I «fat-
tori di contesto» (infrastrutture,
agenda digitale, semplificazioni e
giustizia) (...)
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2
di
FEDERICO PUNZI
Non servono miliardi
in infrastrutture. Non c’è
“Agenda per la crescita”
credibile senza
abbattimento del cuneo
fiscale, tagliando la spesa
e i sussidi a imprese
e sindacati.
Confindustria scelga
chi rappresentare
di
ARTURO DIACONALE
Se il bipolarismo fosse
stato istituzionalizzato
nella Seconda
Repubblica, oggi
non staremmo
a discutere in politichese.
Parleremmo invece
di programmi per uscire
dalla crisi e di gente
capace di realizzarli
Squinzi:«Salvare le impresesilenziose»
K
«L’autunno è già caldo. Direi
bollente». Così nella mattinata di ieri il
presidente di Confindustria, Giorgio
Squinzi aveva commentato la situazione
economica italiana prima dell’incontro
con il premier. «Sui giornali - ha detto -
finiscono solo i più importanti ma ci
sono migliaia di casi di aziende piccole
e medie che stanno soffrendo mediati-
camennte in silenzio e che sono la cosa
che ci preoccupa di più». Poi, dopo il
faccia a faccia, la temperatura sembra
essere calata: «C’è stata una risposta
puntuale, abbiamo captato la volontà di
affrontare i problemi. L’autunno è meno
caldo».
«Le parti sociali italiane sono molto ma-
ture e consapevoli e il governo li aiuterà
a rendersi veramente conto che molto
della sorte dei lavoratori degli imprendi-
tori e del paese è nelle loro mani e non
soltanto nelle mani del governo» ha di-
chiarato Mario Monti ai giornalisti. «Ci
siederemo con loro - ha proseguito - per
fare in tempi brevi un ragionamento sul
fatto che la produttività italiana non sta
andando bene e questo è vero da di-
versi anni».