di
PIETRO SALVATORI
rmai vengono comunemente
definiti “quelli dell’agenda
Monti”. Sono i quindici parlamen-
tari del Partito democratico che il
10 luglio hanno sottoscritto una
lettera pubblicata dal
Corriere del-
la Sera
. Un appello di quell’in-
fluente ala del partito che chiede
che il futuro Pd di governo si im-
pegni a continuare nel solco trac-
ciato dal governo Monti.
Un’aspettativa che sembra essere
stata messa da parte da Pierluigi
Bersani, sempre più preoccupato
dalla fuoriuscita di voti che dai
Democratici si spostano sul ver-
sante del populismo grillino, e in-
tenzionato a costruire un’alleanza
con Nichi Vendola. Il leader di Sel
ha sin dall’inizio assunto una po-
sizione di dura critica nei confron-
ti del governo, una prospettiva che
preoccupa assai i filo-montiani.
Così, come svelato la scorsa
settimana a
l’Opinione
dal sena-
tore Giorgio Tonini, entro settem-
bre i quindici si riuniranno per
prendere una decisione comune su
chi appoggiare alle primarie di
partito. E anche se nessuno lo am-
mette ancora apertamente, la scel-
ta ricadrà sull’outsider Matteo
Renzi. «Il sindaco di Firenze deve
ancora dimostrare di essere un ve-
ro leader – commenta un informa-
to dirigente del partito – ma il sol-
O
co con il segretario negli ultimi
mesi si è allargato in modo pro-
babilmente irreparabile». Pietro
Ichino, uno dei quindici sottoscrit-
tori, ha contribuito alla stesura dei
temi economici del programma di
Renzi. Salvo poi lasciare intendere
di poter essere disponibile a scen-
dere in campo egli stesso qualora
gli fosse chiesto. Solo un escamo-
tage, assicurano fonti vicine al
professore, nella complicata par-
tita delle alleanze che si sta gio-
cando all’interno del Pd. Ichino
sarebbe stato improvvido a met-
tersi a servizio di Renzi senza aver
discusso prima delle implicazioni
politiche della propria mossa. La
sua cauta presa di distanza rien-
trerebbe nelle trattative che i quin-
dici stanno portando avanti con
il giovane rottamatore. Ma ci sono
pochi dubbi sul fatto che Enrico
Morando, Marco Follini, Salvato-
re Vassallo, Stefano Ceccanti e
Umberto Ranieri alla fine soster-
ranno Renzi. Le perplessità riman-
gono su cosa fare dopo. La con-
vinzione diffusa è che il sindaco
di Firenze giochi una battaglia a
perdere. «Il suo obiettivo – spiega
un dirigente piddino – è quello di
raggranellare una buona percen-
tuale alle primarie per mettersi a
capo della minoranza interna».
«Ma un conto sono le primarie
– spiegano una fonte vicina ai
sottoscrittori della lettera di luglio
– Un conto è la battaglia per il
controllo del partito». L’obiettivo
al quale Renzi dovrebbe aspirare
dovrebbe essere quello di scalzare
Bersani. Se diventerà premier sarà
costretto a lasciare il passo. Se per-
derà, la sua leadership sarà messa
duramente in discussione. «Se il
sindaco di Firenze ottenesse un ri-
sultato vicino al 30% - continua
la fonte – potrebbe seriamente
pensare di candidarsi alla guida
del partito. Sarebbe sicuramente
un’operazione ardua e complessa,
ma se vuole veramente cambiare
questo partito, prima lo deve con-
quistare. Nelle urne».
II
POLITICA
II
L’ala del Pd vicina aMonti
è pronta a sostenere Renzi
I Dems italiani
in gita da Obama
K
Matteo RENZI
Quell’enoteca chemangia e beve alle nostre spalle
arebbe oltremodo noioso ram-
mentare al lettore tutte le vicende
che portarono gli enti di sviluppo
agricolo a sopravvivere, e sia al-
l’anomalo fallimento della Feder-
consorzi che al referendum che chie-
deva lo scioglimento del ministero
dell’Agricoltura. Un referendum che,
diciamolo una volta per tutte, repu-
tava si potesse mettere fine a due bi-
nari di malaffare politico: la coope-
razione agricola e, soprattutto, gli
“enti di sviluppo agricolo”. Ma la
vecchia Diccì era tanto previdente,
già dalla nascita degli enti regione
aveva man mano armato quelle de-
leghe che permettevano al carroz-
zone dello “sviluppo agricolo” di
passare sotto l’egida degli enti locali
(vale a dire Regioni e Province). Pas-
sato lo spauracchio dello sciogli-
mento del Ministero dell’Agricoltu-
ra, a cui venne cambiato il nome in
Politiche agricole (solo per accon-
tentare l’esito referendario che ne
aveva promosso la chiusura), gli
“enti di sviluppo agricolo” si mol-
tiplicarono in enoteche provinciali
e regionali, centri per l’assaggio dei
prodotti tipici, simposi per la degu-
stazione... insomma un vero esercito
di parassiti che banchetta alle spalle
di contribuenti ed agricoltori tutti.
E non c’è festa di partito che non
s’avvalga della sponsorizzazione di
queste strutture che, come da vec-
chia tradizione democristiana, in-
trattengono nelle pause pranzo i tes-
serati (soprattutto dei partiti
centristi, ma anche d’una certa sini-
stra democratica). Si potrebbe mai
negare al personale politico e pa-
S
rapolitico la degustazione dei pro-
dotti della loro amata terra? Così
fiumi di salsicce, caciocavalli, pro-
sciutti, vini, piatti tipici, olii... finisce
tra le fauci di queste boccaccesche
compagnie di giro.
L’Italia tutta pullula di enoteche
provinciali e regionali, e se la crisi
morde l’uomo di strada, di contro
la dispensa degli enti locali è ancora
piena. Così nella Capitale insistono
sia l’enoteca della Regione Lazio che
quella della Provincia di Roma.
L’Enoteca Provinciale gode di vedu-
ta mozzafiato sui “Fori imperiali”,
sulla colonna che narra i fasti tra-
ianei. A gennaio 2012 la gestione
dell’Enoteca della provincia di Ro-
ma è stata affidata alla Architype
snc di Cristina Cardinali, con sede
legale a Roma al civico 3 di via Isole
Eolie. Ma il vero deus ex machina
sarebbe tale Paolo Meglio, già ge-
store dell’Enoteca Regionale del La-
zio durante l’era Marrazzo. L’Eno-
teca Provinciale riceve circa 200
mila euro annui dalla Provincia di
Roma, e per organizzare qualche
vetrina enogastronomica. Il resto
dei proventi dovrebbe derivare da
turisti e viandanti di passo. Ma dif-
ficilmente i tavoli rimangono liberi.
Anzi pare siano quasi sempre ap-
pannaggio di vip della sinistra e del-
lo spettacolo in vicendevole convi-
vio: non è certo un mistero che la
sede nazionale del Partito democra-
tico insista a pochi passi dall’Eno-
teca. E si sa che i democratici emi-
liani, marchigiani e laziali non sono
certo persone aduse a manducare
tra fast food e paninazzi. E lo sa be-
ne Paolo Meglio che, da anfitrione
dell’era aurea di Marrazzo, si trovò
a gestire l’Enoteca Regionale: l’ope-
razione ebbe a tal punto successo
che, con i favori della Luna, il Me-
glio se la diede a gambe levate not-
tetempo, dimenticando di pagare
fornitori e dipendenti. Centinaia tra
agricoltori, vinai e panificatori di
tutto il Lazio bussarono per mesi
alle casse della Regione Lazio che,
da buon ente all’italiana, li invitava
a rivolgersi al gestore dell’enoteca,
vincitore d’un regolare bando di
concorso. Ma del Meglio non c’era
traccia, e non poteva andare peggio
di così. «Ho portato all’enoteca ca-
ciotte e torroni - ci confessa un agri-
coltore di Frosinone -, ma che vi de-
vo dire, questi sono peggio dei
teatranti: ci hanno illuso e poi han-
no svuotato la dispensa senza pa-
garci il dovuto». Non sarebbe an-
data meglio a due fornitori di vini
come ad un produttore di salumi.
Ed ai dipendenti non pagati veniva
persino impedito di piluccare qual-
che pezzo di formaggio accompa-
gnato da una fettina di salame e di
pane.
Tanto basta. Ma da circa un an-
no il Meglio fa amministrare dalla
società Architype l’Enoteca Provin-
ciale che, come da copione rodato,
in tutti questi mesi non ha pagato
sia i fornitori che gli stipendi ai di-
pendenti. Anzi, alcuni fornitori ave-
vano portato i loro prodotti all’Eno-
teca Provinciale solo perché si
fidavano dei dipendenti, ma se la
sono data a gambe apprendendo
che aleggiava la gestione Meglio.
Così ad Agosto è scattata la vendet-
ta parapolitica. L’Enoteca ha chiuso
per ristrutturazione, contempora-
neamente l’Architype ha licenziato
tutti e dodici i dipendenti senza pa-
gare loro nemmeno l’ombra d’un
euro bucato. Contemporaneamente
è decollata l’assunzione di altri di-
pendenti ignari delle metodiche
aziendali: 12 ore di lavoro quotidia-
no a fronte d’un compenso evane-
scente. Eppure alcune fonti interne
all’Ente Provincia di Roma avvalo-
rano che ci sarebbero state denunce
all’Ufficio Provinciale del Lavoro,
come ad Asl e Nas per chiare ina-
dempienze burocratiche della ge-
stione di derrate alimentari (tutto
sano e fresco, ma registrato con fret-
ta e confusione). Una macchia nera
per l’adamantino presidente Zinga-
retti, uomo nuovo e pulito della si-
nistra romana e laziale. Infatti il Pd
(partito di riferimento del presiden-
te) s’è sempre erto a paladino dei
diritti dei lavoratori come della cor-
retta gestione amministrativa. E’ il
caso che la Provincia di Roma metta
ordine in cantina, dove s’annida una
società che non paga i lavoratori e
gestisce alla carlona i rapporti fiscali
con i fornitori. Fino ad oggi una sor-
te di botte di ferro ha garantito
l’Enoteca della Provincia di Roma,
perché qualche alto dirigente dello
stato avrebbe lasciato intendere che
«le amministrazioni di sinistra non
compiono mai irregolarità, soprat-
tutto a Roma». Ma anche a Bolo-
gna tutti avrebbero messo una ma-
no sul fuoco, certi di non perderla,
sicuri che mai un amministratore
della sinistra bolognese avrebbe po-
tuto rubare in un ente pubblico: il
caso di Flavio Delbono, che successe
a Cofferati alla guida del capoluogo
emiliano, ha dimostrato che anche
un ortodosso della sinistra può
spendere il danaro pubblico con le
amanti. Certi dell’onesta di Zinga-
retti, si stenta a comprendere perché
il genuino e nerboruto presidente
non abbia ancora chiuso l’Enoteca
provinciale e provveduto a liquidare
con il giusto compenso lavoratori e
fornitori. Si mormora che il presi-
dente della Provincia eviti di fre-
quentare l’Enoteca dell’Ente: stra-
tegia, voglia di mantenersi lontano
dalle tentazioni della gola, timore
di rimanere invischiato nelle Meglio
trame? Secondo le voci di palazzo
sarebbe stata Daniela Valentini, già
assessore all’Agricoltura durante la
giunta Marrazzo, ad introdurre Pao-
lo Meglio presso la corte della Pro-
vincia di Roma. Il biglietto da visita
sarebbe stato mozzafiato. Il Meglio
gestiva da pochi giorni l’Enoteca,
quando verso la mezza si presentava
l’intero stato maggiore del Pd, ca-
pitanato dall’inossidabile Fioroni.
Subito il gestore indossava i panni
dell’anfitrione, e con sguardo degno
della commedia di Plauto serviva
personalmente i commensali e la-
sciando intendere di saperla fin
troppo lunga sui bocconi graditi a
chi sa far politica. E mentre la spen-
ding review morde l’uomo qualun-
que, nelle enoteche degli enti locali
non mancano mai cibarie per il sot-
tobosco della politica.
RUGGIERO CAPONE
apo Pistelli, responsabile
Esteri e Luca Bader, re-
sponsabile Europa e Nord Ameri-
ca, partecipano, per il Partito de-
mocratico, alla Convention dei
democratici Usa che si svolge, da
oggi a Charlotte per la nuova in-
vestitura di Barak Obama alla pre-
sidenza degli Stati Uniti. È quanto
si legge in una nota del Pd». Così
si leggeva ieri mattina in un lancio
d’agenzia dell’Ansa. Nulla di stra-
ordinario, fatta salva la scoperta
che il Pd ha un “responsabile Nord
America”, un vezzo comprensibile
ai tempi del salotto bene veltro-
niano, molto meno in quelli del-
l’inspido tentativo socialdemocra-
tico bersaniano. In un tempo nel
quale l’overdose obamiana si pro-
fila all’orizzonte come viatico alle
stanche trombe di casa Democra-
tica (sponda italiana), è naturale
che il principale partito della sini-
stra italiana invii i suoi emissari
oltreoceano. Non che il loro ap-
porto alla convention dei cugini
Democratici (in salsa yankee) ri-
sulti fondamentale, anzi. Giusto
per dire “Noi c’eravamo”. Fatti ar-
mi e bagagli, Pistelli e Bader hanno
preso il loro bell’aereo per Char-
lotte. La stessa direzione intrapresa
da Matteo Renzi. Se andate a chie-
dere in giro chi siano Pistelli e Ba-
der, difficilmente sapranno darvi
una risposta precisa. Ben altro ri-
sultato avrete sul sindaco di Firen-
«L
ze. La sua battaglia per le primarie
del Pd, che lo vede impegnato a
confrontarsi con Pierluigi Bersani
e Nichi Vendola. Ma di Renzi nes-
suna traccia nel comunicato uffi-
ciale del partito. Il rottamatore sta-
to invitato da John Podesta,
presidente del Center for american
progress, e dall’ex segretario di
Stato Madeleine Albright. E, ac-
compagnato da Giuliano da Em-
poli, uno dei suoi collaboratori più
stretti, interverrà a una tavola ro-
tonda insieme a sindaci statuniten-
si e stranieri. Formalmente Renzi
sarà in North Carolina a titolo
personale. Dunque, sempre dal
punto di vista formale, il fatto che
non venga citato nel comunicato
di largo del Nazareno è ineccepi-
bile. I maliziosi hanno iniziato co-
munque a mormorare: il Pd ha,
nella sostanza, ufficialmente igno-
rato la presenza del suo esponente
più in vista nel rilancio elettorale
del presidente americano del quale
tanto - dal punto di vista della co-
struzione dell’immagine – è stato
debitore in passato. Certo, sempre
meglio di quel che si combina in
casa Pdl. Se i gollisti hanno rifiu-
tato l’invito di Romney perché non
ne condividono la linea politica,
nessun rappresentante di via del-
l’Umiltà risulta essere andato a
Tampa. Ci sarebbe da domandarsi
il perché.
(p.s.)
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 5 SETTEMBRE 2012
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