Direttore ARTURO DIACONALE
Fondato nel 1847 - Anno XVII N.205 - Euro 1,00
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Mercoledì 5 Settembre 2012
delle Libertà
I nuovi liberali e il rischio di marginalizzazione
uguri ai liberali di centro. A
quelli delle associazioni che
si fonderanno a novembre con
l’organizzazione messa in piedi dal
pezzo di Confindustria che conti-
nua a fare capo a Luca Cordero
di Montezemolo. Ed anche a quel-
li delle microfratture del micro e
vecchio Pli che si propongono di
esibire l’antico blasone per parte-
cipare, con un qualche ruolo ed
un qualche riconoscimento, alla
rifondazione dell’Udc preannun-
ciata ormai da più di un anno da
Pierferdinando Casini.
Gli auguri sono doverosi. Per-
ché in un paese che continua ad
essere dominato dall’egemonia po-
A
litica e culturale degli statalisti au-
toritari e dirigisti dei cattolici pro-
gressisti e dei post-comunisti, ogni
fermento liberale, da qualsiasi par-
te si manifesti e possa prendere
forma, va salutato con piacere e
visto come una pianticella da so-
stenere ed alimentare sempre e co-
munque. Ma accanto agli auguri
va anche aggiunta una considera-
zione preoccupata sui vizi d’ori-
gine con cui nascono queste ag-
gregazioni liberali e sulla
prospettiva di marginalizzazione
che possono derivare da tali vizi.
I vizi in questione non sono
nuovi. Anzi, sono quelli che nel
secondo dopoguerra italiano han-
no già prodotto effetti sulla tra-
sposizione politica delle idee libe-
rali nel nostro paese. E poiché
questi effetti sono stati pesante-
mente negativi non si può fare a
meno di ricordarli. Per mettere in
guardia chi rischia di subirne le
nuove conseguenze.
I liberali italiani sono stati
confindustriali fino all’inizio degli
anni ’70. Successivamente, visto
che i vertici dell’associazione degli
imprenditori aveva scelto la stra-
da della concertazione corpora-
tiva con le grandi confederazioni
sindacali, sono diventati più au-
tonomi dai poteri forti ed esclu-
sivamente preoccupati di conser-
vare un qualche ruolo di potere
e di governo nel quadro politico
del paese.
In entrambe le fasi, esaurita la
spinta propulsiva di Croce e di
Einaudi, hanno svolto il ruolo di
pattuglia elitaria, portatrice di in-
teressi ristretti, particolari se non
addirittura personali, provvista
di una identità culturale sempre
più sbiadita (la scoperta di Pop-
per, Mises, Hayek, Novak è dei
pochi accademici liberali rimasti
nelle università e non dei politici
liberali) e, soprattutto, priva di
un qualsiasi radicamento nella so-
cietà italiana.
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Ma per favore smettete di chiamarla speculazione
n attesa che la Banca europea tiri
fuori dal suo già consunto cilin-
dro il provvedimento principe per
superare la cosiddetta crisi del de-
bito, continua imperterrita la cam-
pagna dell’autoinganno italico, por-
tata avanti da una classe dirigente
sempre più incapace di comprendere
le vere ragioni dell’attuale crisi. A
questo proposito basta seguire un
qualunque notiziario nazionale per
ascoltare il mantra di una specula-
zione cinica e bara che sarebbe la
vera responsabile delle crescenti dif-
ficoltà in cui si dibatte il nostro pae-
se. Tuttavia, codesti cervelloni del-
l’informazione -sempre così
politicamente corretti sul piano eco-
I
nomico e finanziario- non si chie-
dono il motivo per il quale la stessa
speculazione avrebbe scelto da tem-
po di abbandonare in massa i nostri
titoli di Stato, che offrono rendi-
menti crescenti, per posizionarsi su
quelli di paesi come la Germania e
la Svizzera, a tassi d’interesse addi-
rittura negativi? È proprio una ben
strana speculazione quest’ultima la
quale, oltre a pagare dazio per col-
locare i propri quattrini, rischia di
mandare in rovina mezza Europa,
col rischio di veder bruciate immen-
se risorse, soprattutto in virtù del-
l’effetto contagio che un tale falli-
mento provocherebbe nel resto del
pianeta.
In realtà, per dirla in breve, più
che di speculazione direi che si tratti
di semplice valutazione prudenziale
di una buona parte degli investitori
internazionali e di chi è chiamato
ad analizzare i fondamentali degli
Stati che chiedono prestiti nel mer-
cato globale. Ora si è scoperto -e
non ci voleva molto a prevederlo
con largo anticipo- che le manovre
lacrime e sangue messe in campo
dall’Italia da un anno a questa parte
hanno ulteriormente stressato la sua
già traballante economia, facendo
precipitare all’indietro le già fosche
previsioni economiche per il 2012
(oramai si parla di un calo del Pil
che potrebbe sfiorare i 3 punti per-
centuali). Ciò, unito agli scarsi ri-
sultati sul fronte dei tagli alla spesa
pubblica, potrebbe allontanare di
molto quel chimerico pareggio di
bilancio previsto dal governo Monti
nel 2013. In sostanza, si starebbe
delineando con una certa evidenza
quella sorta di spirale senza uscita
in cui si temeva che si avvitasse il
Paese, soprattutto a causa di un pe-
ricoloso rigore ottenuto quasi esclu-
sivamente dal lato delle tasse.
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2
di
CLAUDIO ROMITI
In realtà si tratta
di semplice valutazione
prudenziale
di una buona parte
degli investitori
internazionali e di chi
è chiamato ad analizzare
i fondamentali degli stati
che chiedono prestiti
nel mercato globale
di
ARTURO DIACONALE
Il modello di riferimento,
non può essere
quello delle due fasi
del secondo dopoguerra.
Ma quello
della formazione
dello stato unitario.
In quel passato, e solo
in quel passato, c’è
il futuro delle nostre idee
Legge elettorale, il Pd si spacca
K
Romano Prodi interviene a
gamba tesa nel dibattito del Pd sulla
legge elettorale: «A che servirebbe chia-
mare il popolo del centrosinistra a sce-
gliere il candidato premier del partito
attraverso le primarie - ha commentato il
professore - se poi la formula di go-
verno viene delegata alla trattativa fra le
forze politiche e solo dopo le elezioni?».
Sotto accusa l’accordo tra Pd e Pdl fon-
dato sulla disponibilità di Bersani a con-
cedere al partito berlusconiano il
premio di maggioranza per il partito e
non per la coalizione, in cambio del si-
stema di voto tramite i collegi. Uno
schema che impedirebbe di individuare
un governo prima delle elezioni, e ren-
derebbe inutili le primarie. Sullo sfondo
si gioca la partita per il Quirinale. Si vo-
cifera che in caso non uscisse una mag-
gioranza chiara alle urne, l’appoggio
dell’Udc ad un governo Pd-Sel garanti-
rebbe a Casini la presidenza della Re-
pubblica. Guarda caso, lo stesso
scranno cui ambisce Prodi. Così la trat-
tativa sulla riforma della legge elettorale
piomba in una fase di stallo.