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ESTERI
II
L’inchiesta sulla BainCapital
non scalfiràMitt Romney
di
STEFANO MAGNI
olpo basso. Proprio mentre si
entra nel vivo della campagna
elettorale americana, in un fine set-
timana in cui i sondaggi nazionali
davano Obama e Romney quasi al-
la pari, il
New York Times
rivela
che il procuratore generale di New
York, Eric Scheiderman, da luglio
sta indagando sulla Bain Capital,
la società fondata da Mitt Romney
e altre 11 società, sospettate di elu-
sione fiscale.
Fino a che punto Mitt Romney
può essere compromesso dall’inda-
gine? Il candidato repubblicano alla
presidenza ha dato le dimissioni
dalla Bain Capital, anche se conti-
nua ad incassare profitti dalla so-
cietà. Quindi è e resta legato alle
sue sorti. Ma è il caso in sé ad es-
sere abbastanza dubbio. Infatti ad
essere sotto indagine è la pratica,
usata comunemente dall’industria
del private equity, che consente di
convertire le commissioni pagate
dagli investitori in investimenti in
fondi gestiti dalle stesse società. Una
consuetudine che permette di pa-
gare meno tasse: il reddito da capi-
tal gain è tassato al 15%, contro il
35% su quello da commissioni. E
però… questa pratica è consentita
dalla legge. E, anche dimostrando
che la Bain Capital ne ha fatto uso,
non si proverebbe la sua colpevo-
lezza. Scheiderman sta indagando,
C
dunque, su un suo possibile “abu-
so”.
Quel che appare chiaro è che si
tratti di un’indagine politica. In
questo caso non c’è neppure il dub-
bio se la magistratura inquirente
sia neutrale o politicizzata: il pro-
curatore generale è una figura po-
litica a tutti gli effetti. Scheiderman
è stato eletto due anni fa nel Partito
Democratico. La sua indagine, dun-
que, rientra senza dubbio nella
campagna elettorale. E tocca il tasto
più premuto dai comunicatori di
Obama: Mitt Romney “ha la co-
scienza sporca” sul fisco. Già da
tutto l’anno, i Democratici chiedo-
no al candidato repubblicano di
mostrare la sua dichiarazione dei
redditi. Lui ha accettato, ha mostra-
to quella del 2011, ma non basta:
ora vogliono quelle degli ultimi 10
anni. È tutto da vedere, però, quan-
to impatto abbia questa nuova of-
fensiva mediatica. Il
New York Ti-
mes
, che ha fatto lo scoop, già ieri
non metteva più in risalto questa
notizia. Il
Wall Street Journal
l’ha
relegata fra le news: sarà anche fi-
lo-conservatore, ma il quotidiano
economico è anche il più letto in
America. I siti di
Abc
,
Cnn
e
Nbc
hanno già altre notizie di cui par-
lare e l’inchiesta sulla Bain è scom-
parsa dalle loro
headlines
già 24
ore dopo.
Da oggi, per di più, rischia di
passare in secondo piano nei media
perché sta scoppiando un’altra no-
tizia: l’uscita nelle librerie di
No
Easy Day
(letteralmente “Un giorno
non facile”) scritto da Mark Owen,
pseudonimo di uno degli Navy Se-
als che parteciparono al raid contro
Osama bin Laden. Si tratta di una
patata bollente per Obama: l’incur-
sore di marina, stando alle nume-
rose anticipazioni del suo testo, iro-
nizza sull’amministrazione e fa
capire chiaro e tondo che il presi-
dente in carica, benché comandante
in capo, non sia affatto amato dai
militari. La Casa Bianca si troverà
nel dubbio se censurare o lasciar
dire. In ogni caso l’uscita del libro
farà passare “un giorno non facile”
all’amministrazione. E difficilmente
“questioni di lana caprina finanzia-
ria” potranno distrarre l’opinione
pubblica.
Pakistan nell’incubo del radicalismo islamico
K
Islamabad, Pakistan: rimandata a venerdì (causa sciopero)
l’udienza per la scarcerazione di Rimsha Masih. La bambina cri-
stiana, affetta da disturbi mentali, resta in galera per “blasfemia”.
Le grandi battaglie
di Vladimir Putin
Indagine fiscale
di un procuratore
(democratico)
su pratiche (legali)
della società fondata
dall’avversario
di Obama.Ma un Navy
Seal ruba la scena...
«Bastamitizzare il Polisario!»
Lettera aperta di unmoderato
ievocazioni storiche e battaglie
linguistiche: sono le due nuo-
ve/antiche frontiere del nazionali-
smo russo promosso dal presidente
Vladimir Putin. Ieri, migliaia di
comparse in costume hanno “com-
battuto” il reenacting di Borodino
(1812). Duecento anni fa, i russi,
al comando del generale Mikhail
Kutuzov, combatterono una batta-
glia epica per cercare di arrestare
l’avanzata di Napoleone su Mosca.
Furono sconfitti, ma solo dopo
aver inflitto al nemico perdite mo-
struose. E pochi mesi dopo iniziava
la ritirata di Russia… L’epica bat-
taglia diventa un’occasione politica.
Per lo “zar”Vladimir Putin, prima
di tutto, che ha approfittato del-
l’occasione per lanciare il suo slo-
gan di unità nazionale: «I tributi
più grandi del popolo russo alla
sua patria, sono versati quando sia-
mo uniti. Il patriottismo è parte di
questa unità ed è la chiave di tutte
le nostre grandi vittorie». Tra l’al-
tro, la celebrazione dell’evento di
200 anni fa, ha fatto passare in se-
condo piano anche la commemo-
razione di un episodio ben più re-
cente e triste: il massacro di Beslan
(ad opera dei terroristi ceceni) del
3 settembre 2004. I parenti delle
vittime (come Ella Kasayeva, mem-
bro del comitato Madri di Beslan)
lamentano quanto poco Putin ab-
bia dedicato alla memoria dei 334
assassinati, benché il 3 settembre
R
sia ufficialmente il Giorno delle Vit-
time del Terrorismo. Il Cremlino
preferisce proiettare un’immagine
di vittoria, celando la tragedia. Lo
fa per questioni di grandeur e per
rilanciare altre battaglie nazionali-
ste. Come quella della tutela dei cit-
tadini russofoni in Lettonia ed
Estonia. I due Paesi, membri del-
l’Ue, sono sotto accusa per non
aver concesso loro la cittadinanza.
In realtà, sia Tallin che Riga l’han-
no concessa, automaticamente, a
tutti i russi residenti nel territorio
prima del 1940, a tutti i loro di-
scendenti e parenti, a tutti coloro
che hanno sposato un’estone o una
lettone (non certo un grande “sa-
crificio”…) e, infine, a tutti i russi
nati dopo l’indipendenza, dunque
dal 1991 in poi. Solo i russi nati
prima del 1991 e/o privi di almeno
un parente locale sono considerati
alla stregua di stranieri. A costoro
le autorità estoni e lettoni chiedono
almeno di superare un esame di lin-
gua locale, prima di concedere loro
la cittadinanza. Ebbene, questo esa-
me, per il ministro degli Esteri russo
Sergej Lavrov (e per Giulietto Chie-
sa, candidato in Lettonia nelle ele-
zioni europee per il partito filo-rus-
so) è una grave violazione dei diritti
umani. Mosca chiede all’Europa di
intervenire. Per promuovere il pa-
triottismo dei russi. Anche oltre i
confini della Russia.
(ste. ma.)
on il movimento guerrigliero
“fronte Polisario” vige il solito
appeasement politically correct da
parte delle cosiddette organizzazioni
umanitarie. Non se ne dà pace Yas-
sin Belkassem, esponente della Rete
delle Associazioni della Comunità
Marocchina in Italia, della Federa-
zione Africana in Toscana e dell’As-
sociazione Seconda Generazione
Italia 2000. Non ne può più di sen-
tire santificare il terzomondismo e
i suoi movimenti paramilitari.
Così ha preso carta e penna e
ha scritto una lettera aperta alla
presidente della Fondazione Ken-
nedy, Kerry Kennedy, che la setti-
mana scorsa ha fatto visita ai campi
del Polisario a Tindouf e non ha
speso una parola per la situazione
dei prigionieri marocchini in loco
(minorenni, bambini, compresi), te-
nuti in veri e propri campi di con-
centramento. Secondo Belkassem
«La situazione drammatica che vi-
vono i nostri fratelli nei campi di
Tindouf è conosciuta da tutti: è al-
larmante, caratterizzata da gravi
violazioni dei diritti umani perpe-
trate da oltre 37 anni: detenzioni
arbitrarie, tortura, sequestri, spari-
zioni, schiavitù, negazione dei diritti
di espressione, circolazione, censi-
mento, ritorno alla terra-madre,
cioè il Marocco».
Belkassem lancia anche altre ac-
cuse tra cui quella di ambiguità se
non di complicità con i beduini au-
C
tori dei sequestri di cooperanti stra-
nieri nella zona sub sahariana a co-
minciare dal caso di Rossella Urru,
l’italiana da poco liberata. Belkas-
sem, infatti, nella lettera alla Ken-
nedy, mette alcuni punti «da segna-
lare», e il numero due recita: «vile
rapimento della cooperante italiana
Rossella Urru e di due spagnoli pro-
prio da Rabuni avvenuti a cento
metri dalla casa di Hamatu (Alias
Mohammed Abdelaziz, capo dei se-
paratisti)» e cita anche e una pos-
sibile «complicità interna».
L’articolata denuncia del rappre-
sentante della comunità marocchina
in Italia contro il Fronte Polisario
include anche la «feroce azione dei
miliziani del “Polisario” contro la
protesta pacifica dei Giovani Saha-
rawi 5 Marzo (movimento nato
nella Primavera Araba), contro il
cantante Allal Najem (cui è stato
vietato di cantare perché le sue pa-
role disturbano la dirigenza del Po-
lisario), il caso di Mostafa Salma
(ex ispettore generale della polizia,
allontanato dai campi verso Mau-
ritania da più di un anno perché è
favorevole al Piano marocchino di
autonomia del Sahara), l’ostracismo
alla corrente Khat Chahid (vietata
nei campi perché contesta la rap-
presentatività della popolazione nei
campi del Polisario), la vicenda dei
sostenitori dell’Autonomia locale
(aggrediti diverse volte e da sempre
oppressi)».
Infine le accuse più dure, cioè la
«mancanza della sicurezza nei cam-
pi e la presenza di gruppi terroristici
e bande criminali nel Sahel e il Sa-
hara». «A Tindouf – scrive Belkas-
sem - si assiste allo sfruttamento
economico di una popolazione di
donne, anziani e bambini, che vive
degli aiuti umanitari internazionali.
La popolazione di Tindouf, sprov-
vista di mezzi autonomi di sosten-
tamento e senza prospettive per il
futuro è necessaria al Polisario per
il mantenimento dei flussi di aiuti
internazionali e rappresenta una
“preziosa” fonte di ricchezza per la
dirigenza del Polisario».
Ma il terzomondismo, in Euro-
pa, e a quanto pare anche in Ame-
rica, è una malattia politica da cui
è difficile guarire.
DIMITRI BUFFA
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 4 SETTEMBRE 2012
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