II
POLITICA
II
La riforma della Difesa:
meno personale, più qualità
di
BARBARA ALESSANDRINI
l 70% delle risorse economiche
di cui dispone la Difesa sono
destinate attualmente alla voce
personale, lasciando all’operati-
vità (Esercizio) il 12% e all’Inve-
stimento il 18%.
L’obiettivo, stabilito dal Ddl a
firma del ministro della Difesa Di
Paola, nel quadro del necessario
snellimento degli organismi delle
Forze Armate, è di correggere
questo sbilanciamento nella ri-
partizione delle risorse che attual-
mente penalizza la possibilità di
attuare politiche di investimento
efficaci a sostegno dell’industria
nazionale degli armamenti e degli
equipaggiamenti militari in un
settore così vincolato alla com-
petitività ed all’alta tecnologia.
Si tratta di un traguardo am-
bizioso da raggiungere entro il
2024
attraverso un processo di
ristrutturazione del comparto mi-
litare che ne riqualifichi compiti
e ruoli, contribuisca a ridurre la
spesa pubblica e ad allineare le
Forze Armate al criterio europeo
di suddivisione della spesa, attra-
verso una ripartizione dei costi in
modo più razionale: il 50% della
spesa al personale ed il 25% agli
altri due settori. L’intervento, con-
siderato che dal 2007 al 2012 il
costo del Personale della Difesa
è cresciuto di circa 800 milioni di
euro, mentre le voci Esercizio ed
Investimento sono scese di 800
milioni ciascuna, non era più pro-
crastinabile in un momento in cui
all’Italia è richiesto uno strumen-
to militare di alto livello qualita-
tivo e tecnologico integrabile al
sistema di difesa dell’Unione Eu-
ropea e della Nato ed in grado di
assicurare efficacia e sicurezza in
un quadro geostrategico che con-
vive con i rischi del terrorismo in-
ternazionale ed è segnato dalla
fluidità che caratterizza gli equi-
libri politici dei territori medio-
rientali dove maggiormente è pre-
sente il nostro paese con missioni
militari.
Sull’attuale sbilanciamento
nella ripartizione dei costi della
Difesa, d’altronde, la stessa Nota
Aggiuntiva allo stato di revisione
della difesa 2012 è chiara: “il ri-
schio è quello di raggiungere in
breve tempo un default dello stru-
mento militare” con la conse-
guenza di “un annullamento della
sua capacità di output operati-
I
vo”. La necessità di sfoltire quella
struttura burocratica, il cui man-
tenimento ha rappresentato la pa-
rola d’ordine dei bilanci degli ul-
timi decenni, è del tutto evidente
come lo è l’urgenza di invertire il
devastante trend che ha consen-
tito fino al 2010 di operare i tagli
prevalentemente sulla voce Eser-
cizio e Investimento e di far lie-
vitare l’incremento della spesa per
il Personale fino al 70%.
Un compito senz’altro teme-
rario ma indispensabile per ga-
rantire una maggior qualità e tec-
nologia dello strumento militare
senza comportare costi aggiuntivi
per le casse dello Stato perché
compatibile con la politica di ri-
duzione della spesa pubblica che
stabilisce nello 0,84% del Pil il
costo previsto per la Difesa, seb-
bene negli altri paesi europei essa
tocchi l’1,61%.
Le linee su cui si incardina il
drastico intervento di riorganiz-
zazione finanziaria delle Forze
Armate sono ben definite. L’as-
setto strutturale e organizzativo
del ministero della Difesa prevede
lo snellimento degli organismi di
vertice e di responsabilità.
Lo snellimento toccherà il
30%
per gli ufficiali e ammiragli
e il 20% il resto del personale mi-
litare dirigente. Considerando la
progressione economica delle re-
tribuzioni è del tutto evidente
quanto questa voce contribuisca
all’effetto moltiplicatore della
spesa militare. Ad esso si aggiun-
gerà una maggiore definizione
della centralità del comando a ga-
ranzia di una maggiore comuni-
cazione ed efficacia operativa e (i
Capi di Stato Maggiore di Forza
Armata e il Comandante dei Ca-
rabinieri generale dell’Arma eser-
citeranno secondo le direttive del
Capo di Stato Maggiore della Di-
fesa), l’accorpamento di molte
strutture operative logistiche e
formative oltre all’unificazione
delle funzioni.
In questo modo, entro sei an-
ni, è prevista la contrazione del
30%
delle strutture organizzative,
a partire dai comandi operativi a
quelle sanitarie fino agli immobili
militari e la dismissione o la va-
lorizzazione degli immobili mili-
tari.
È anche previsto che la Difesa
acceda a strumenti di carattere
negoziale per garantire il recupe-
ro dei costi sostenuti, in partico-
lare dall’Aeronautica, nei servizi
di assistenza al volo sugli aero-
porti militari aperti al traffico ci-
vile ed in genere in tutte le attivi-
tà di supporto oneroso ad altri
soggetti pubblici o privati.
Ma il settore più interessato
dai tagli è quello del personale
militare dell’Esercito, della Ma-
rina e dell’Aeronautica, per cui è
prevista, sempre entro il 2024,
una riduzione di 30.000 unità che
consentirà di scendere da
181.538 (
di cui 143.909 in servi-
zio permanente e 37.629 no) a
150.000
persone. Una sforbiciata
di 30.798 unità cui dovrà corri-
spondere anche il ridimensiona-
mento dei reclutamenti che do-
vrebbe attestarsi sui 24.858
elementi.
Il fulcro dell’operazione resta
tuttavia la previsione di un tran-
sito di parte del personale milita-
re nei ruoli del personale civile
del ministero della Difesa ma an-
che delle pubbliche amministra-
zioni. Il passaggio che dovrà in-
teressare non meno di 22.669
persone mentre i militari non in
servizio permanente dovranno es-
sere ridotti di 2.929 unità. Lo
sfoltimento dei 29.525 uomini del
personale civile invece dovrà ar-
rivare fino a 20.000 unità. Una
sforbiciata agli organici, questa,
che attesterà la spesa a 7,4 mi-
liardi di euro contro gli attuali
9,6
miliardi. Un notevole rispar-
mio di risorse, dunque, svincolate
per l’esercizio, per l’investimento
e l’ ammodernamento dei sistemi
d’arma e dei mezzi a favore di un
innalzamento della qualità e del
livello tecnologico. Meno stru-
menti ma di maggior qualità,
dunque.
Non è la prima volta, in real-
tà, che, di fronte all’incremento
del personale, si ventila la possi-
bilità di un ricollocamento degli
elementi militari in esubero nella
Pubblica Amministrazione. Quan-
ti militari in eccedenza, giovani
preparati e con saldi riferimenti
etici, potrebbero confluire ad
esempio nell’Enac o nell’Enav,
con un adeguato addestramento
professionale, senza comportare
oneri suppletivi per l’apparato
statale? Finora l’operazione non
è andata in porto. Hanno vinto
le consolidate resistenze corpora-
tive e i veti incrociati a difesa di
quella discrezionalità decisionale
e gestionale nel reclutamento che
rappresenta una garanzia del-
l’esercizio del potere. Basti men-
zionare i malumori sollevati al-
l’interno del corpo di Polizia dalla
già esistente normativa che pre-
vede di supplire alla carenza di
organico con i militari e che for-
nirebbe l’opportunità di risparmi
certi oltre a garantire efficienza
grazie all’impiego di personale
addestrato a tutelare l’ordine
pubblico nelle missioni estere e
che non c’è ragione per cui non
dovrebbe farlo anche in Italia. Il
provvedimento del ministro Di
Paola potrebbe essere un buon
presupposto ed un primo passo
verso lo scardinamento di queste
ingessature corporative che, da
sempre, contraddistinguono la
maggior parte dei settori della
Pubblica Amministrazione. E un
ottimo strumento di contrasto al
decadimento dell’efficienza ope-
rativa dello strumento militare
cui è legato l’indebolimento na-
zionale nei rapporti bilaterali. Sa-
rebbe folle, infatti, rinunciare ad
investimenti che consentano al-
l’industria nazionale di entrare
con i propri sistemi da coprota-
gonista nell’attuale mercato. È la
velocità a cui avanza la tecnolo-
gia nel settore ad imporre un’ac-
celerazione. Come dimostra il
ruolo assunto da nostro paese ne-
gli ultimi programmi internazio-
nali, dai Tornado agli Eurofighter
ma anche per i Caccia F35 dove
il contributo italiano per compo-
nentistica avionica è collegata ed
imprescindibile per i partner. In
attesa che l’indiscusso livello di
eccellenza raggiunto dall’Italia
nell’industria aeronautica non si
limiti all’opzione obbligata dei
programmi multinazionali, che
garantiscono la condivisione dei
costi ed un mercato interno co-
siddetto “captive’’, ossia obbliga-
to, ma avvii presto anche quella
politica di investimenti nazionali
che le capacità tecniche del nostro
paese permettono. Come dimo-
strato dalla validità e affidabilità
delle scelte tecnologiche fatte dal-
la Difesa italiana nel passato più
e meno recente.
L’obiettivo, stabilito
dal ddl a firma
del ministro della Difesa
Di Paola, è di correggere
un forte sbilanciamento
nella ripartizione
delle risorse
che attualmente è tutto
a favore del personale
e penalizza politiche
di investimento
a sostegno dell’industria
degli armamenti
e degli equipaggiamenti
militari. Entro il 2024
è prevista una riduzione
di 30.000 unità
che consentirà
di scendere da 181.538
a 150.000 persone. Oltre
al ridimensionamento
dei reclutamenti
che dovrebbe attestarsi
sui 24.858 elementi.
Un notevole risparmio
di risorse svincolate
per l’investimento
e l’ ammodernamento
dei sistemi d’arma
e dei mezzi a favore
di un innalzamento
della qualità e del livello
tecnologico
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 2 NOVEMBRE 2012
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