Direttore ARTURO DIACONALE
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Venerdì 2 Novembre 2012
delle Libertà
Idv: prove tecniche di dissoluzione
«
L’Italia dei Valori è morta». Ad intonare il de profundis per il partito è lo stesso Antonio Di Pietro
In un’intervista a Il Fatto, Tonino dice che ormai è tutto finito. Ma per Donadi, l’unico defunto è l’ex pm
Casini, le geometrie variabili e l’assalto ai forni
Vendola, Storace e il “Niente indagati nelle liste”
Cosa resta dell’Italia se la Lancia ci lascia a piedi
essuna sorpresa per la decisio-
ne di Pierferdinando Casini di
annunciare che nel Lazio ed in Lom-
bardia l’Udc non si alleerà più con
il Pdl e nel ribadire che dopo l’alle-
anza con il Pd fatta in Sicilia il suo
partito punterà a ripetere l’opera-
zione anche a livello nazionale. Non
c’è sorpresa non solo perché l’ex
Presidente della Camera aveva più
volte ripetuto che avrebbe comun-
que seguito le indicazioni provenien-
ti dal laboratorio siciliano. Ma so-
prattutto perché Casini, da autentico
democristiano di antico stampo, se-
gue da sempre la regola dei “due
forni”. Ed avendo registrato che il
“
forno” berlusconiano di centro de-
N
stra non è più in grado di assicurare
il pane del potere, si rivolge a quello
del Pd per continuare ad avere il
prodotto indispensabile per la so-
pravvivenza di un partito che senza
potere (e soprattutto sottopotere)
non è in grado di sopravvivere.
La scelta di Casini è comprensi-
bile. E se assicurasse la possibilità
di dare un governo solido al paese
sarebbe anche ed addirittura giusti-
ficabile. Ma, purtroppo, non risolve
il problema più grave che alla luce
delle elezioni siciliane grava sulla
società nazionale, cioè la totale in-
governabilità secondo il modello di
polverizzazione dei partiti maggiori
e del consolidamento della protesta
anti-crisi ed anti-Europa che si è già
realizzato in Grecia. Non sarà l’al-
leanza tra progressisti ed una parte
minoritaria dell’area dei moderati
ad assicurare stabilità di governo
all’Italia. Neppure se si dovesse an-
dare a votare con l’attuale sistema
elettorale che prevede un premio di
maggioranza molto alto alla Came-
ra. E tanto meno se si dovesse an-
dare al voto con quel nuovo sistema
elettorale di tipo proporzionale che
tanto è stato richiesto da Casini e
dai post-democristiani e che sembra
essere il preferito anche dal nostal-
gico proporzionalista Giorgio Na-
politano.
Con il Porcellum, infatti, una
maggioranza sarà possibile alla Ca-
mera ma del tutto impossibile al
Senato dove l’Udc , proprio sulla
base dei risultati siciliani, difficil-
mente riuscirà a portare qualche
proprio rappresentante. E con il
nuovo proporzionale, che dovrebbe
prevedere un basso premio di mag-
gioranza per la coalizione vincente,
non ci sarà maggioranza neppure
alla Camera. E chiunque avrà la
ventura di diventare il maggior par-
tito (il Pd di Bersani o il Movimen-
to Cinque Stelle di Grillo?) se vorrà
governare dovrà necessariamente
dare vita a governi sorretti da coa-
lizioni non coese ed...
Continua a pagina
2
opo sette anni, Francesco Sto-
race è stato assolto per lo
scandalo Laziogate. Secondo la cor-
te d’Appello, il fatto non sussiste.
Dopo più di un anno, Nichi Ven-
dola è stato assolto dall’accusa di
aver favorito la nomina di un pri-
mario in un ospedale pugliese. Per
i giudici di primo grado il fatto non
sussiste. Due storie politiche agli
antipodi, accomunate dalla neces-
sità di fare i conti, umani e politici,
con la sanzione mediatica di pro-
cessi celebrati sui giornali ancor pri-
ma che nelle aule giudiziarie.
Per i soloni del “niente indagati
nelle liste”, la carriera politica di
Vendola e Storace sarebbe finita or-
D
mai da un pezzo. La reazione gret-
ta, dai sapori forcaioli, che sta at-
traversando il paese come una scos-
sa dopo gli scandali che hanno
travolto il sistema-Regioni e che
continuano a lambire insidiosamen-
te il Palazzo, è comprensibile.
Vent’anni fa tutto è cambiato per-
ché tutto rimanesse uguale. Se non
peggio. È ancora largo quel settore
dell’opinione pubblica che vorrebbe
sbarazzarsi di un’intera classe po-
litica a colpi di avvisi di garanzia.
Una classe politica che, intendia-
moci, ha fallito a 360 gradi nei suoi
propositi di cambiamento. E che
sta lasciando sfumare in un nulla
di fatto la felice parentesi che le era
stata concessa dal governo Monti.
Ma uno dei motivi per i quali la
stagnazione in cui versa un’intera
classe dirigente da vent’anni non è
stata bonificata sono da ricercare
dalla mancata risoluzione del corto
circuito in cui da qualche lustro
versa il rapporto tra politica e ma-
gistratura. Se le critiche mosse a chi
vorrebbe porre l’azione dei magi-
strati sotto il controllo degli altri
poteri della repubblica hanno più
di un senso (tenendo in particolare
conto dell’inaffidabilità del nostro
ceto politico), sono motivate le
obiezioni di chi ancora si dice pre-
occupato dell’eccessivo condizio-
namento che le indagini delle pro-
cure esercitano sull’azione dei rap-
presentanti dei partiti. A gran voce,
di volta in volta, deve essere richie-
sta da chi viene investito dall’accusa
di un presunto illecito l’assunzione
di una precisa responsabilità poli-
tica. Ma è una battaglia da com-
battersi sul piano della cultura delle
istituzioni e dell’etica della cosa
pubblica. Tutt’altro discorso è pre-
tendere che chi viene indagato, oltre
a scontare la gogna del circo me-
diatico, debba necessariamente farsi
da parte prima che ne sia accertata
la colpevolezza. E per di più, soste-
nere che dovrebbe essere una legge
a sancirlo. Per credere, chiedere a
Vendola o a Storace.
metà strada tra aneddoto e
leggenda, vulgata vuole che per
fare uscire dalla piccola officina to-
rinese di via Ormea il primo esem-
plare della 12 HP, poi ribattezzata
“
Alfa”, Vincenzo Lancia abbia do-
vuto abbattere a colpi di piccone i
montanti della porta d’ingresso, al-
trimenti troppo stretta. Battezzato
a picconate, per un crudele scherzo
del destino, lo storico marchio au-
tomobilistico italiano sembra essere
destinato a perire a scalpellate.
Quelle inferte dall’Ad Fiat, Sergio
Marchionne, come epitaffio dopo
116
anni di Lancia: «Dobbiamo es-
sere onesti, la Lancia ha un appeal
limitato fuori dall’Italia».
A
E così, d’ora in avanti lo scudo
blu zaffiro servirà a marchiare sol-
tanto più le utilitarie chic Ypsilon,
e qualche bestione partorito a De-
troit dai designer di casa Chrysler.
Almeno finché ci saranno i soldi per
continuare a farlo. Poi il marchio
potrebbe finire definitivamente in
soffitta, assieme a tanti altri fago-
citati nel tempo dalla Fiat, da qual-
che casa straniera o semplicemente
dalla crisi.
Per quanto Marchionne cerchi
di indorare la pillola, minimizzando
i toni cupi di un
De Profundis
,
la
Lancia è un paziente cerebralmente
morto tenuto in vita da un respira-
tore artificiale. Accessoriare una ci-
tycar con qualche optional di lusso,
o ingentilire alla bell’e meglio le li-
nee esagerate di un transatlantico
a quattro ruote americano, cam-
biandogli magari il nome per ribat-
tezzarlo come qualche vecchia glo-
ria della casa torinese non è più
vita: è accanimento terapeutico.
Per carità, la Ypsilon è proba-
bilmente ciò che di meglio può of-
frire il mercato nel segmento delle
piccole automobili, la Thema è ele-
gante, lussuosa e prepotentemente
motorizzata, e la Flavia è una di
quelle decappottabili che non si può
fare a meno di divorare con gli oc-
chi, quando passano per strada. Ma
di Lancia, ormai, hanno solo più
nome e marchio. È finita l’era delle
Dilambda Torpedo da gangster di
Chicago. Delle Aurelia B24 nate
con il Sorpasso nel sangue, e non
solo su celluloide. Delle Flaminia
che facevano rassomigliare una
qualsiasi Mercedes ad un cassonet-
to per l’organico vestito a festa.
Delle Fulvia regine di Montecarlo,
delle Stratos e delle Delta domina-
trici dei Rally con il tricolore di Ali-
talia o la livrea rossoblù Martini.
Delle Thema su cui negli Anni ‘80
scorrazzavano gli yuppies, i ministri
della Prima Repubblica e i vari pro-
tagonisti del secondo miracolo eco-
nomico italiano.
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2
di
ARTURO DIACONALE
Il leader Udc, da
democristiano di antico
stampo, segue da sempre
la regola dei “due forni”.
Ed avendo registrato
che la sponda
berlusconiana non è
più in grado di assicurare
il pane del potere,
si rivolge a quella del Pd
di
PIETRO SALVATORI
Le assoluzioni dei due
leader dovrebbero far
riflettere.A vent’anni
da Tangentopoli
il cortocircuito tra
politica e magistratura
non è ancora stato
risolto. E rispuntano
tendenze forcaiole
assai preoccupanti
di
LUCA PAUTASSO
Assieme al marchio
automobilistico se ne va
per sempre anche
un pezzo di quell’Italia
che non soffriva
di complessi di inferiorità
esterofili, nonostante
avesse per carrozzeria
un understatement
molto piemontese