el marzo dello scorso anno, con i suoi
        
        
          proclami e le sue invettive rigorosamen-
        
        
          te anticapitalistiche, Jean-Luc Mélenchon eb-
        
        
          be il merito di radunare a Place de la Bastille
        
        
          una folla oceanica di giovani e sessantottini
        
        
          nostalgici all’insegna del
        
        
          
            “
          
        
        
          
            Vive le communi-
          
        
        
          
            sme”
          
        
        
          .
        
        
          La rivitalizzazione della letargica sini-
        
        
          stra marxista francese, la resurrezione del
        
        
          Pcf, la rivoluzione neo-giacobina, la seconda
        
        
          presa della Bastiglia, scrissero allora i giornali,
        
        
          enfatizzando l’iniziativa di un partito, il Front
        
        
          de Gauche, che al momento del verdetto delle
        
        
          presidenziali, racimolò con fatica l’11%. La
        
        
          metà di ciò che il tribuno Mélenchon, il quale
        
        
          piace assai alle élite parigine, auspicava di
        
        
          ottenere, sorpassato di sei
        
        
          punti percentuali dal
        
        
          Front National di Marine
        
        
          Le Pen. Un risultato che
        
        
          comunque doveva far ri-
        
        
          flettere Hollande, e che lo
        
        
          ha spinto giocoforza a vi-
        
        
          rare il suo programma di
        
        
          governo molto più a sini-
        
        
          stra di quanto il suo spi-
        
        
          rito riformista e socialde-
        
        
          mocratico non gli
        
        
          imponesse di fare. Basti ri-
        
        
          cordare la folle idea di ap-
        
        
          plicare una supertassa del
        
        
          75%
        
        
          sui redditi eccedenti
        
        
          il milione di euro, una spacconata demago-
        
        
          gica in piena regola, bollata infatti dal Con-
        
        
          siglio Costituzionale come “confiscatoria”.
        
        
          Un harakiri politico che, assieme ad una mar-
        
        
          cata arrendevolezza verso i diktat della Ger-
        
        
          mania, è costato al presidente in carica una
        
        
          rovinosa caduta nei sondaggi. A favore del-
        
        
          
            N
          
        
        
          l’antieuropeismo estremista della Le Pen e di
        
        
          Mélenchon (...). Il 23 gennaio, intervistato
        
        
          dal quotidiano
        
        
          
            Metro
          
        
        
          in merito alle attuali
        
        
          operazioni militari in Mali: «Il governo fa-
        
        
          rebbe meglio a dire la verità piuttosto che
        
        
          raccontarci favole». Riferendosi al fatto che
        
        
          il buon Hollande si è imbarcato in una guerra
        
        
          che non ha certo come primo obiettivo la
        
        
          tanto decantata “lotta al terrorismo”. Bensì
        
        
          l’estrazione dell’uranio, affinché l’approvvi-
        
        
          gionamento delle centrali nucleari francesi
        
        
          non venga messo in pericolo. Una dichiara-
        
        
          zione
        
        
          
            tranchant
          
        
        
          ,
        
        
          l’unica proveniente da una
        
        
          sinistra concorde all’unanimità nel voler riaf-
        
        
          fermare il ruolo della Francia come paladina
        
        
          della democrazia mondia-
        
        
          le. Guai a parlare di Fran-
        
        
          çafrique o di neocolonia-
        
        
          lismo, come più volte
        
        
          sottolineato dal vanesio
        
        
          Bernard-Henry Lévy, ipo-
        
        
          critamente convinto che
        
        
          il paese natio faccia solo
        
        
          guerre giuste (in Libia ce
        
        
          ne stiamo accorgendo tut-
        
        
          ti di quanto sia “giusta”
        
        
          la fase di ricostruzione).
        
        
          Supportato dall’amico e
        
        
          filosofo Alain Badiou,
        
        
          Mélenchon è l’unico ad
        
        
          opporsi apertamente ad
        
        
          un conflitto che, a detta di Hollande, sarebbe
        
        
          durato solo qualche giorno. Figura scomoda
        
        
          e guastafeste di una sinistra sulla quale già
        
        
          incombe l’ombra minacciosa della fallimen-
        
        
          tare
        
        
          
            majorité plurielle
          
        
        
          jospiniana.
        
        
          
            MAURO ZANON
          
        
        
        
          osì è, se vi pare. Potremmo commen-
        
        
          tare così la sentenza della Cassazione
        
        
          sulla strage di Ustica che, lungi dal chiarirci
        
        
          definitivamente i profili di una delle pagine
        
        
          più nere della recente storia italiana, appare
        
        
          piuttosto come una farsa nella sua portata
        
        
          rivelatrice. Se possiamo di certo compren-
        
        
          dere la soddisfazione dei familiari delle vit-
        
        
          time che, dopo anni, riescono ad ottenere
        
        
          qualcosa, non si riusciamo invece a com-
        
        
          prendere l’euforia con cui numerosi com-
        
        
          mentatori salutano la sentenza di un pro-
        
        
          cesso civile che stabilisce solo un
        
        
          risarcimento dei danni a carico dello stato,
        
        
          perché a lui spettava (e a chi sennò?) «as-
        
        
          sicurare la sicurezza dei
        
        
          voli». Tralasciando il tri-
        
        
          ste spettacolo nel quale
        
        
          lo stato italiano ha fino
        
        
          all’ultimo momento ec-
        
        
          cepito la prescrizione, co-
        
        
          me se stessimo a discute-
        
        
          re di una causa
        
        
          condominiale, questo
        
        
          processo (civile) non rie-
        
        
          sce a chiarire nulla della
        
        
          strage di Ustica, se non
        
        
          ad affermare, con una
        
        
          certa sicurezza, che l’ab-
        
        
          battimento del Dc-9 è
        
        
          avvenuto non a causa di
        
        
          una esplosione interna non meglio verificata
        
        
          (
        
        
          bomba, guasto, ecc.) ma piuttosto per
        
        
          l’azione di un missile. Nient’altro. (...) Le
        
        
          responsabilità (penali) sono ancora da ac-
        
        
          certare a pieno. Già in passato si tentò di
        
        
          accertare la eventuale colpevolezza dei ver-
        
        
          tici militari dello stato ma l’indagine finì in
        
        
          
            C
          
        
        
          un binario morto sia per questioni proce-
        
        
          dimentali (...) sia per depistaggi delle varie
        
        
          autorità coinvolte, le quali, grazie al segreto
        
        
          di stato su questa vicenda e alla carenza di
        
        
          prove, vennero assolte nel 2007, non per
        
        
          aver impedito ma solo turbato (sic) le in-
        
        
          dagini. Una autentica beffa. Molti politici,
        
        
          all’indomani della sentenza, hanno chiesto
        
        
          la rimozione del segreto di stato: peccato
        
        
          che molti di questi siano gli stessi che per
        
        
          anni hanno sostenuto quei governi che il
        
        
          segreto di stato lo hanno difeso e mante-
        
        
          nuto e che mai, in precedenza, si erano pro-
        
        
          nunciati sulla vicenda. (...) Una riflessione
        
        
          seria, piuttosto, andrebbe fatta su quanto
        
        
          sia utile ad oggi il segre-
        
        
          to di stato su vicende
        
        
          certamente complesse
        
        
          che però riguardano or-
        
        
          mai il passato remoto. E
        
        
          non solo su Ustica. I nu-
        
        
          merosi episodi, più o me-
        
        
          no importanti, coperti
        
        
          ancora da segreto (...)
        
        
          servono piuttosto a cela-
        
        
          re il fallimento delle isti-
        
        
          tuzioni nell’indagare e
        
        
          nel rendere giustizia a
        
        
          centinaia di vittime che
        
        
          ancora la attendono. Ma
        
        
          non c’è giustizia senza
        
        
          chiarezza e non ci può essere chiarezza se
        
        
          il segreto di stato, presente da più di trenta
        
        
          anni nonostante le mutate condizioni geo-
        
        
          politiche, continua ad impedire il raggiun-
        
        
          gimento della verità storica (...).
        
        
          
            SIMONE SANTUCCI
          
        
        
        
          Ustica, nessuna verità
        
        
          Ma non è una novità
        
        
          Non c’è giustizia
        
        
          senza chiarezza
        
        
          e non ci può essere
        
        
          chiarezza se il segreto
        
        
          di stato continua
        
        
          ad impedire
        
        
          il raggiungimento
        
        
          della verità storica
        
        
          Quel Vendola francese
        
        
          che minaccia la gauche
        
        
          Supportato dall’amico
        
        
          e filosofoAlain Badiou,
        
        
          Jean-Luc Mélenchon
        
        
          è l’unico ad opporsi
        
        
          apertamente al conflitto
        
        
          inMali che secondo
        
        
          Hollande doveva durare
        
        
          solo qualche giorno
        
        
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            SIRINGRAZIAL’EDITOREPERLOSPAZIOCONCESSO
          
        
        
          
            L’OPINIONE delle Libertà
          
        
        
          VENERDÌ 1 FEBBRAIO 2013
        
        
          
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