Memorandum 2026 per il centrodestra

martedì 23 dicembre 2025


Che anno è stato il 2025! Guerre concluse, guerre che proseguono; scenari geopolitici in continua evoluzione; astri nascenti della politica internazionale e leader politici declinanti, inesorabilmente incamminatisi sul viale del tramonto. E l’Italia dov’è? È nella lista dei promossi o in quella dei bocciati? Stavolta l’abbiamo sfangata. Il sistema Paese ha guadagnato fiducia presso gli investitori stranieri, come testimoniano i punteggi lusinghieri assegnati dalle agenzie di rating all’Italia e il livello dello spread dei titoli di Stato decennali rispetto al benchmark dei bund tedeschi, in queste ore a 65,45 punti base. Mai così basso dalla crisi del 2011. Buoni i numeri sull’occupazione. Positivo l’indice di fiducia manifatturiera in Italia, “salito a 89,6 (novembre 2025) da un 88,4 rivisto al rialzo in ottobre, superando le previsioni di mercato di 88,5” (fonte: Trading economics). Eccellente la credibilità guadagnata sulla scena globale dalle performance di Giorgia Meloni. Ma non è tutto rose e fiori. Alcune problematiche permangono. Al Governo, che finora si è ben comportato, tocca di affrontare l’anno chiave dell’intera legislatura per portare a compimento in modo soddisfacente il lavoro fin qui svolto. Il che non significa realizzare pienamente il programma promesso agli elettori. Ma non è un problema, perché l’opinione pubblica capisce quando, per il concorso di circostanze esterne indipendenti dalla volontà di chi governa, non sia stata mantenuta la parola data in campagna elettorale. Nel 2026 non resta che puntare su alcuni interventi che possano fare la differenza per la vita quotidiana degli italiani. Proviamo a individuarli.

1) Il completamento della riforma fiscale. Un punto fondamentale del programma elettorale del centrodestra ha riguardato la promessa di riformare in toto il sistema fiscale. Fatica improba ma necessaria per rispondere alle istanze di giustizia contributiva espresse dai cittadini. Il Governo ha ricevuto dal Parlamento la delega per procedere alla riforma con il varo della legge del 9 agosto 2023 numero 111. Da quella data sono trascorsi poco più di due anni. Cosa è stato fatto e cosa ancora manca da fare? Il Ministero dellEconomia, che sulla materia è stato l’attore principale, esibisce con soddisfazione i risultati conseguiti. Attraverso l’approvazione di ben 16 decreti legislativi la gran parte delle misure funzionali a riformare il sistema fiscale è stata condotta in porto. Dalla razionalizzazione e semplificazione delle norme sugli adempimenti tributari, al concordato preventivo biennale, al sistema delle sanzioni e a quello della riscossione, alla revisione del regime impositivo dei redditi (Irpef e Ires), il cambiamento c’è stato. Manca tuttavia un ultimo tratto di strada da percorrere, il più complicato perché riguarda la riconfigurazione dei tributi regionali e locali in ottica di passaggio al federalismo fiscale su base regionale. Cavallo di battaglia della Lega assai poco digerito non solo dalle opposizioni ma anche da alcune componenti del centrodestra. In questo caso non ci si deve rassegnare all’immobilità decisionale per l’incapacità di raggiungere un soddisfacente punto mediazione tra alleati. Sarebbe un errore grave tornare dal proprio elettorato di riferimento ad ammettere una sconfitta. E neppure si deve arrivare con il completamento della riforma in coda di legislatura. Dovrà esservi tempo perché i cittadini possano valutare l’impatto della riforma complessiva. Il giudizio che ne trarranno costituirà un fattore chiave per la conferma del centrodestra alla guida della Nazione.

2) Il tema della sicurezza, unitamente a quello della gestione dei flussi d’immigrazione illegale, resta caldo. Qui si va oltre il conseguito: vale moltissimo il percepito. Di là dal numero (copioso) di norme approvate per aumentare gli standard di sicurezza, la politica deve rispondere alla domanda: il cittadino si sente più sicuro di prima? In realtà, si è oltre l’essere sicuri, conta il sentirsi al sicuro. Purtroppo, al momento, dobbiamo ammettere che l’azione del Governo non ha centrato l’obiettivo, scalfendo solo in superficie la questione. Non è un dato trascurabile. Il centrodestra ha soltanto quest’anno per raddrizzare il tiro con provvedimenti mirati che convincano gli elettori del fatto che un miglioramento, sul fronte della sicurezza individuale e collettiva, vi sia stato. Soprattutto, convinca i cittadini che l’alternativa offerta dalla sinistra precipiterebbe il Paese nel baratro di una società indifesa rispetto all’aggressività dei fenomeni delinquenziali, in particolare quelli causati da soggetti allogeni che sul nostro territorio non dovrebbero starci. Al riguardo, il riposizionamento strategico dell’Unione europea sulla questione del respingimento degli immigrati irregolari favorirà l’Italia nell’implementazione delle misure di contrasto messe a punto dal Governo.

Nel 2026 si potrà finalmente avviare a pieno regime il dislocamento degli immigrati che tentano di entrare in Italia nelle strutture extraterritoriali in Albania. Non sarà affatto semplice e non si potrà contare su nessun automatismo nella gestione oltre confine dei richiedenti asilo perché la parte più ideologicamente orientata a sinistra della magistratura continuerà a frapporre ostacoli e dinieghi alle iniziative del Governo. La partita si giocherà in punta di diritto. Al centrodestra non serve la polemica con le toghe ma un’estrema abilità manovriera nell’intervenire con tempestività a restringere gli spazi interpretativi delle normative lasciati alla libera facoltà del giudice di praticarli. Gli italiani apprezzeranno. Nessuna minaccia alla libertà e allo Stato di diritto se l’Esecutivo interverrà con minuziosa precisione nell’indicare i criteri di valutazione di un comportamento del soggetto attenzionato che possa costituire una minaccia per la sicurezza dei cittadini. Non esiste altra strada per non soccombere all’ostruzionismo di certa magistratura. Si tenga conto che, come in altri Paesi dellOccidente, sarà anche sulla sicurezza che si giocherà il confronto elettorale.

3) Altra questione centrale è il riarmo. Gli scenari internazionali pongono il nostro Paese di fronte a una drammatica realtà: in caso di attacco da parte di uno Stato ostile, senza la totale protezione Usa, l’Italia non sarebbe in grado di difendersi. Visto che non siamo in un mondo di pace e che l’amministrazione statunitense ha fatto sapere agli europei che debbono badare da sé stessi alla loro difesa, non è immaginabile che il Governo non faccia nulla per recuperare un minimo livello di efficienza delle proprie forze armate. C’è un decreto legislativo approvato di recente che prevede un ampliamento della componente militare oggi sottodimensionata e il finanziamento di sette programmi di riarmo dal valore complessivo di 4,3 miliardi di euro, di cui 1,2 nel prossimo triennio. Non è il massimo ma è già qualcosa, per cominciare. Di là dall’acquisto di mezzi e sistemi darma tecnologicamente avanzati per rispondere alla cosiddetta guerra cinetica, cioè quella combattuta con i mezzi convenzionali, vi sono altri due capitoli, scomodi, che vanno affrontati con risolutezza.

Il primo riguarda la guerra cibernetica e il controllo delle reti satellitari; il secondo, spinosissimo, attiene al possesso di armi nucleari. Tralasciando il discorso sul primo aspetto, è necessario focalizzare l’attenzione sul secondo. In vista di una maggiore integrazione europea sul fronte della difesa comune è indispensabile che l’Italia colmi il gap con la Francia, la quale al momento è l’unica Nazione dell’Ue a essere dotata di armi nucleari. Ciò le conferisce un vantaggio tale da candidarsi a essere la guida del futuro assetto difensivo dell’Ue. Pensiamo che sia accettabile, attesa la tendenza francese a imporre la propria visione egemonica nelle relazioni internazionali? Può il nostro Paese degradarsi al livello di Stato gregario? È purtuttavia incontrovertibile che, da sola, Roma non possa fermare il processo di integrazione della difesa europea, soprattutto ora che viene costantemente agitato lo spauracchio della Russia pronta a invadere l’Europa occidentale. L’unica soluzione praticabile, visto anche l’ottimo rapporto che c’è tra il presidente Donald Trump e Giorgia Meloni, sta nell’avviare un negoziato con gli Usa per il trasferimento alla giurisdizione nostrana di parte dell’arsenale nucleare americano presente sul nostro territorio e già affidato per l’impiego operativo ai velivoli della Aeronautica militare italiana.

Il passaggio di mano della valigetta nucleare che aziona i missili dal territorio italiano collocherebbe il nostro Paese sullo stesso piano della Francia e, presto, della Germania che nel frattempo ha varato un fortissimo programma di riarmo. Solo a queste condizioni il processo di integrazione europea della difesa potrebbe progredire. Si tratta di un argomento che spaventa l’opinione pubblica, ma un Governo che vuole darsi una prospettiva che vada oltre l’arco di una legislatura deve avere il coraggio di compiere scelte coraggiose anche se, in apparenza, impopolari.

Se a queste tre priorità si aggiungono due o tre altre iniziative di contorno ancorché decisive per il benessere della popolazione come, ad esempio, sul fronte della riduzione strutturale del costo dellenergia: disaccoppiare i prezzi di elettricità e gas; rinnovare la sterilizzazione degli oneri di sistema; stabilizzare i bonus per riqualificazione ed efficienza energetica, per il centrodestra significherebbe assicurarsi la vittoria alle Politiche del 2027. A poco più di un anno dal ritorno alle urne non c’è tempo per impantanarsi nella corsa a varare la riforma bandiera del premierato. Meloni vi rinunci, non disperda le energie necessarie a portare a casa la vittoria. Della forma di governo se ne riparlerà con calma nella prossima legislatura. Il 2026 dovrà essere l’anno della raccolta dopo i tre anni di semina trascorsi a Palazzo Chigi. Non sarà facile, perché in giro i delusi non mancano. Che dire? Auguri e buona fortuna.


di Cristofaro Sola