Papa Leone e la guerra

lunedì 22 dicembre 2025


In occasione del giubileo dei funzionari pubblici Papa Leone XIV nel ricordare le figure di Salvo d’Acquisto e di Alcide De Gasperi precisò che la “diplomazia e la difesa nazionale sono strumenti di autentica carità”, in questo differenziandosi dal suo predecessore che in più occasioni ribadì che nessuna guerra è giusta e che  l’unica cosa giusta è la pace senza fare distinzioni tra chi aggredisce e chi è costretto ad usare le armi per difendersi. La posizione di Papa Francesco era in rottura con la dottrina della “guerra giusta”, un campo di riflessione della teologia morale cristiana che stabilisce a quali condizioni la guerra sia lecita per un cristiano e secondo cui la guerra – intrapresa per riparare un torto subito o per respingere un attacco – è l’extrema ratio per risolvere una controversia tra Stati sovrani.

Pochi giorni fa, in un messaggio nel contesto della Giornata Mondiale della Pace, il Pontefice è invece uscito dai confini della doverosa difesa della Patria ed è intervenuto sulle guerre in genere, scagliandosi contro le logiche di contrapposizione che vanno al di là dei principi di legittima difesa, contro quei Paesi che vogliono aumentare le spese militari giustificandole con la diffusione della percezione della minaccia e contro il pensiero guerrafondaio “foraggiato dalle enormi concentrazioni di interessi economici e finanziari privati che sospingono gli Stati in quella direzione”. Ha poi invocato il risveglio del pensiero critico. Concetti che in passato aveva espresso il presidente Dwight D. Eisenhower nei suoi discorsi di inizio e fine mandato quando parlò con timore del “complesso politico militare-industriale” quale alleanza che poteva influenzare decisioni strategiche. Eisenhower, principale autore della vittoria del conflitto mondiale e primo comandante della Nato, sapeva bene cos’era la guerra e proprio per questo era consapevole cosa avrebbe significato un nuovo conflitto con le armi nucleari. I suoi interventi erano, pertanto, finalizzati alla ricerca della pace quale speranza per l’umanità e del dialogo per la risoluzione dei conflitti. Ebbe successo perché durante le sue presidenze non ebbe inizio alcun nuovo conflitto nel mondo.

Papa Leone non è un generale ma esprime le stesse preoccupazioni e la stessa speranza in linea a quanto professato dalla Chiesa nello sviluppo del concetto. Per il pensiero cristiano delle origini, fare la guerra era visto come totalmente contrario al messaggio di amore verso i nemici predicato da Gesù Cristo. L’atteggiamento che aveva caratterizzato i primi pensatori, secondo i quali la guerra era l’antitesi del messaggio evangelico, già intorno al IV secolo lasciò il posto ad una dottrina che considerava possibile il ricorso alla guerra da parte dei cristiani. Ambrogio, annoverato tra i massimi dottori della Chiesa d’Occidente e vescovo di Milano dal 374 sino alla morte, cominciò a sostenere che la guerra per la difesa dei confini e a certe condizioni non era un peccato ma una necessitàAgostino superò definitivamente le antiche posizioni ed elaborò il modello della “guerra giusta” destinato ad avere attualità per secoli. A differenza dei padri della Chiesa che condannavano la guerra in quanto tale, a ogni condizione, Agostino d’Ippona elaborò una visione più sfumata e articolata: egli infatti riteneva giustificabile la guerra quando fatta contro i tiranni, per ristabilire con la forza la giustizia e la pace.

San Tommaso d’Aquino concorda sostanzialmente con Agostino, definendo come guerra giusta quella dichiarata da un’autorità legittimamente costituitasi, per una giusta causa e giusti fini. La posizione della Chiesa basata sul pensiero di San Tommaso rimarrà indiscussa sino al Concilio Vaticano II quando con l’enciclica Pacem in terris Papa Giovanni XXIII, ora patrono dell’Esercito, afferma che i contrasti tra le comunità politiche non vanno risolti con la forza ma con “l’equa composizione” e che la guerra costituisce un’esperienza umana profondamente antievangelica. Posizione rotta da Giovanni Paolo II che non considerava la vocazione militare antitetica a quella cristiana e, anzi, la riteneva essenziale per la difesa del bene e dei popoli aggrediti ingiustamente. Legittima poi il ricorso alla guerra contro l’oppressore in caso di violazioni certe, di impossibilità di migliori soluzioni e di fallimento di ogni trattativa.

Posizione mutuata anche dal Diritto internazionale umanitario ove si parla di leggi da rispettare nei conflitti armati, in particolar  per la tutela dei soggetti deboli e per punire severamente i crimini di guerra, il genocidio, l’uso indiscriminato delle armi. Le numerose convenzioni sottoscritte anche dalla Santa Sede per attenuare le sofferenze della guerra affermano che pur sembrando difficile immaginare una guerra senza violenza, questa sia perlomeno regolata e organizzata. Vediamo in questi giorni che le regole non sempre sono rispettate e il diritto umanitario è spesso oltraggiato senza apparenti soluzioni. Anche per questo motivo seguiamo le parole di Papa Leone e privilegiamo la trattativa a oltranza perché un’ulteriore escalation di un conflitto senza il rispetto delle regole porterebbe irrimediabilmente a un arretramento dell’umanità.


di Ferdinando Fedi