giovedì 18 dicembre 2025
Come ho già avuto modo di scrivere, le ultime mosse in campo economico dell’attuale Governo non mi entusiasmano, ad esser buoni. In particolare, l’aumento che l’Esecutivo si propone di realizzare sulla Tobin tax, relativamente alle transazioni finanziarie, e l’odioso balzello di due euro su ogni pacco sotto i 150 euro legato al commercio online gridano vendetta da parte dei pochi liberali rimasti in questo strano Paese. Tuttavia l’attuale linea dei più grandi partiti d’opposizione, Partito democratico e Movimento 5 stelle, non aiuta certamente il sistema politico a imboccare la strada sempre più obbligata di una riduzione della spesa pubblica corrente. Una spesa corrente che, anche a causa del grave problema demografico che ci affligge oramai da decenni, solo dal lato previdenziale assorbe circa il 18 per cento del Prodotto interno lordo; livello difficilmente sostenibile nel medio e lungo periodo. Ebbene, questa opposizione anziché incalzare il centrodestra sul tema che a nessun politico di professione piace, ovvero l’alleggerimento di un perimetro pubblico che assorbe ben oltre metà del reddito nazionale, rilancia la sua ben nota inclinazione a promettere pasti gratis per tutti.
Una ricetta che, vorrei ricordare, quando hanno governato gli epigoni di Beppe Grillo – quest’ultimo malamente esautorato da Giuseppe Conte e soci – ci è costata un colossale buco di bilancio, quantificato a regime in oltre 200 miliardi di euro. In particolare, la segretaria pasionaria dem, criticando alcune dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, espresse in chiusura della kermesse di Atreju, ha rispolverato l’antico pauperismo di stampo marxista, sostenendo che i frigoriferi degli italiani sarebbero desolatamente vuoti. Tuttavia, ha poi sostenuto in soldoni, l’alternativa per riempirli c’è, sottintendendo il cosiddetto campo largo, e sarebbe assolutamente pronta e perfettamente in grado di, sintetizzo, trasformare il Paese in un luogo di grande prosperità. Ma anche alcuni esponenti dei suoi alleati serpenti del M5s (che sono così fedeli al patto di ferro col Pd che in Europa hanno votato per togliere l’immunità alla dem Alessandra Moretti, indagata nell’inchiesta Qatargate) in questi giorni imperversano sulle varie emittenti televisive replicando, spesso con atteggiamenti più ruspanti, la linea schleiniana, vestendo i panni di improvvisate dame della carità che, quasi magicamente una volta tornati nella stanza dei bottoni, riempiranno a costo zero i carrelli della spesa degli italiani.
Ma in questo inguardabile profluvio di demagogia da mercato rionale, della serie se piove il Governo è sempre ladro, qualcosa sembra muoversi dentro il Pd. Infatti, la sempre più sparuta minoranza riformista ha paradossalmente accolto con piacere la confluenza di Stefano Bonaccini nella maggioranza che appoggia la segretaria, sostenendo che il politico, a cui la Schlein riuscì a strappare la guida del partito grazie anche al voto dei non iscritti, non era in grado di alimentare il dibattito interno dato che le sue posizioni erano sempre in linea con quelle della stessa segretaria. In ultima analisi, si ha la sensazione che una buona parte dei dirigenti del Pd stia solo aspettando che arrivi la prima vera batosta elettorale per compattarsi su una posizione di aperta critica alla linea dei pasti gratis fin qui sostenuta da Elly Schlein. Batosta che potrebbe già arrivare con il referendum sulla giustizia. Tutto dipenderà, a mio avviso, dalla quantità di consensi che, vista la quasi scontata vittoria del sì, i sostenitori del no, tra cui lo stato maggiore piddino, riusciranno a raccogliere.
di Claudio Romiti