Gli ebrei? Meglio se morti ammazzati

martedì 16 dicembre 2025


Sapevamo che sarebbe successo. Non bisognava essere chiaroveggenti per pronosticare una strage di ebrei, da qualche parte nel mondo. Un esito drammatico ma prevedibile, dopo mesi durante i quali le “illuminate” democrazie occidentali hanno consentito che una marea antisemita montasse. C’era da mostrare plastica solidarietà ai palestinesi, conculcati nei loro diritti fondamentali da quei “cattivoni” degli israeliani. Lo abbiamo permesso, la sinistra lo ha permesso. Peggio, ci ha marciato su provando a lucrare consenso sull’onda della protesta pro-Pal. Così facendo, però, si è resa complice, se non fattuale certamente morale, della più odiosa propaganda antisemita. A furia di strizzare l’occhio a chi sostiene senza pudore che, in fondo, ciò che è accaduto il 7 ottobre 2023, cioè il pogrom, gli ebrei se lo siano cercato; che uccisioni brutali, stupri, rapimenti, torture siano stati inevitabili conseguenze della guerra santa ingaggiata dai palestinesi contro il sionismo quale espressione compiuta di un principio nazionalista di stampo ottocentesco, nato nell’Europa dell’espansionismo imperialistico dei suoi principali attori statuali. Sulla base di un preteso diritto ancestrale alla terra – a loro dire – illegalmente occupata dagli usurpatori con la stella di David, hanno legittimato la violenza sistemica ai danni di un popolo.

È di tutta evidenza che, insistendo quotidianamente nel propalare una distorta ricostruzione della storia d’Israele, prima o dopo sarebbe comparso il fanatico che dalle parole passa ai fatti e compie una strage d’innocenti, in nome di qualcosa che, probabilmente, non sa neanche lui – o loro – cosa sia. È quello che è accaduto ieri l’altro sulla spiaggia di Bondi Beach non lontano da Sidney, in Australia. Una grande festa della collettività ebraica del luogo. Si celebra l’Hanukkah, la festa delle luci. Si balla, si ride, ci si diverte. Si è felici. Fino al momento in cui due cecchini, forse terroristi o forse solo degli invasati, decidono che sia giunto il momento dell’odio. E fanno fuoco. Cadono in 15. Tanti i feriti. Tutti che scappano. Cade il rabbino della locale sinagoga. Cade una bambina di 10 anni. È una strage. Ma chi ha agito? Di chi la mano assassina? Un commando vomitato dalle viscere di qualche dittatura islamica desiderosa di mandare all’aria la pace che faticosamente si sta tentando di raggiungere in terra di Israele? Non serve cimentarsi in voli pindarici, la realtà, come il male, è sempre più banale di quanto la contorta mente umana possa immaginare.

Il lavoro è una roba artigianale, progettata e preparata in famiglia. Un padre e un figlio che si trasformano nei killer di un giorno di ordinaria follia. Nessuna preparazione militare, niente di professionale. La prova? Il video che mostra come un coraggioso fruttivendolo – anch’egli musulmano per un bizzarro scherzo del destino – disarmare uno dei due attentatori e impedirgli di allungare la lista dei morti. Di sicuro, per Ahmed al Ahmed (è il nome dell’eroe per caso della strage di Bondi beach) allo Yad Vashem a Gerusalemme stanno già scegliendo l’albero che vorranno dedicargli nel Giardino dei Giusti tra le nazioni. Se l’è guadagnato. E il soldato di Allah, l’aspirante shahid? Un imbranato, un goffo sfigato che, però, forte della sua arma, ha giocato al tiro al bersaglio. Ecco di chi parliamo.

Gente così non ha studiato sul Mein kampf di Adolf Hitler. Gente così ha fatto il pieno d’odio ascoltando sì i sermoni incendiari degli imam, pronunciati in quelle fucine antisemite che sono le moschee abusive sparse per il mondo, ma anche avvertendo la solidarietà per la causa dell’integralismo islamico che un Occidente rimbecillito dal wokismo e dalla cancel culture gli ha manifestato in segno risarcitorio per un passato suprematista e colonialista del quale si pente e verso il quale prova vergogna. Non bisogna essere dei geni per comprendere l’esistenza di un nesso causale tra l’accusa a Israele di genocidio dei palestinesi e l’autolegittimazione che il singolo credente radicalizzato si attribuisce nell’atto di colpire il nemico ontologico in qualsiasi modo, il più devastante possibile. Il non detto di ciò che è accaduto sulla spiaggia australiana, di là dal dramma della conta delle vittime, è che l’episodio, per come si è svolto, può ripetersi ovunque, in qualunque momento. Anche a casa nostra. Anzi, soprattutto a casa nostra dove non mancano gli utili idioti della causa jihadista. Immaginiamo siano soddisfatte le anime belle della sinistra che vedono nella saldatura con il radicalismo anti-israeliano il proprio sole dell’avvenire.

Ha colpito l’assordante silenzio delle cheerleader pro-Hamas della politica italiana. Loro, solitamente ciarliere, tacciono. Proprio non ce la fanno a dire qualcosa che vada contro la narrazione eroica e, nel contempo, vittimistica che hanno costruito intorno ai terroristi islamici. Dov’è la portabandiera dei pro-Pal, la Taylor Swift della propaganda pro-Hamas in Occidente, la signora Francesca Albanese da Ariano Irpino? Non che ci manchino le sue strampalate perle di saggezza sulla questione palestinese-israeliana, tuttavia siamo curiosi: grazie a quale spericolato avvitamento mentale riuscirà a spiegarci che, anche questa volta, se ebrei muoiono ammazzati la colpa è… degli ebrei? Ha ragione Fiamma Nirenstein che lo spiega bene dalle colonne de Il Giornale: le stragi, anche quelle più improbabili, non vengono fuori dal nulla. Esse sono nutrite dal più turpe, perché subdolo, antisemitismo. Che è quello dei governi e delle istituzioni pubbliche che sfacciatamente hanno avallato la teoria del genocidio per mano degli israeliani ai danni dei palestinesi. Se si continua a descrivere Benjamin Netanyahu come un Heinrich Himmler redivivo e le forze di difesa israeliane alla stregua di una riedizione delle SS naziste, di che stupirsi se un gruppetto di fanatici indottrinati da sanguinari terroristi decidono di mettersi in proprio a confezionare una strage?

Glielo ha ordinato Allah di uccidere un po’ di ebrei? No, glielo hanno suggerito i discorsi ambigui su Israele, sulla storia dei “due popoli-due Stati”; dei “poveri” palestinesi vittime dell’altrui ferocia; dei dimenticati dalla storia la cui coscienza è rimasta immacolata, nonostante il sostegno, la connivenza, la partecipazione a decenni di attività terrorista contro i civili israeliani. Complimenti, compagni! Siete riusciti a venire allo scoperto e a mostrare il vostro volto antisemita, che in niente è diverso da quello dei francesi che condannarono l’innocente Alfred Dreyfus; che è in niente diverso da quello dei tedeschi che si goderono lo spettacolo della Shoah. La cosa che fa più male, oltre al dolore per le vittime di ieri l’altro, è di sapere con certezza che tra poco più di un mese – il prossimo 27 di gennaio – i medesimi cialtroni che oggi tengono bordone al peggiore estremismo antiebraico, si esibiranno in pubbliche espressioni di contrizione da prefiche, nel ricordo delle schiere di sventurati finiti gasati nei campi dell’Olocausto. Per quelli, i cancellati dallo sterminio, si può fingere di piangere. Non occorre il pudore della coerenza, ma tanta ipocrisia. Non costa nulla esclamare “mai più!” quando si parla dell’inferno in terra che fu la Shoah e si passa anche per i buoni della storia nel commemorare la memoria di quelle vittime. Si può fare perché è di ebrei morti che si tratta, i soli graditi ai fan della causa islamista.


di Cristofaro Sola