mercoledì 26 novembre 2025
Sassolini di Lehner
Cari amici de L’Opinione delle libertà, se volete essere ospitati in tivù, urge il corso accelerato di vocabolario non della Crusca, bensì dell’infrusca. Non citerò la fonte, per non esporla al pubblico vociare, ma vi assicuro che i vostri puntigliosi maestri fanno parte di un istituto pubblico, non di club esoterico o di setta di eros tantrico. Del resto, nella nostra temperie stupefacente, quasi strafatta, non c’è spazio per lo sbigottimento. Nulla sorprende più, dopo che in Parlamento è passata all’unanimità la legge, secondo la quale far l’amore configurerebbe reato di stupro, se non preceduto da contratto attestante il consenso, per giunta “attuale” – non valido per il passato e tantomeno per il futuro – Tramonta ulteriormente la facoltà di meraviglia, visto che il rogito puberale resta perigliosamente infarcito di omissis. È un Dei delitti e del pene scritto da un Cesare Beccaria dissimulatore, privo di specifiche accettazioni a seconda delle varie posizioni coitali elencate dal Kamasutra.
Il corso per benloquenti principia dal libro di testo torinese intitolato: Linee guida per un linguaggio inclusivo e rispettoso. Se vedete un tizio che, passeggiando, ancheggia di molto, non dovete giammai definirlo “dell’altra sponda” o “di altra parrocchia”. Anzi, strappate le orride pagine della retriva Treccani, dove si riportano parole tabù: frocio, zia, finocchio, culattone, bardassa, buco, checca, invertito, pederasta, recchione, uranista. E non si dia retta a san Paolo, che, da troglodita non contiguo a Lbgtqia+ e neppure alla Elly Schlein, scrisse: “Perfino le donne hanno cambiato i rapporti naturali in quelli che vanno contro natura; allo stesso modo, gli uomini hanno abbandonato i rapporti naturali con la donna e ardono in cattivi desideri, gli uni con gli altri”. Anche l’ebreo Gesù rispetto ai matrimoni omosex è censurabile. Gli va cassata la seguente temeraria affermazione: “Il Creatore fin dal principio li ha fatti maschi e femmine. L’uomo deve essere unito alla propria moglie e così i due diventeranno una sola carne” (Matteo, 19:4/6). Roba da pazzi: una famiglia formata da un maschio e da una femmina!
Sarebbe, peraltro, da sforbiciare l’omofobo Vecchio Testamento. Del Levitico, ad esempio, meglio bruciare i passi codini: “Non devi giacere con un maschio come fai con una donna: è abominio” (18,22). “Se un uomo giace con un maschio come fa con una donna, hanno commesso tutti e due abominio” (20,13). Dante Alighieri, già condannato da un “magistrato democratico” per islamofobia – buttò Maometto all’inferno – si merita mandato di esclusione per maltrattamenti ai contro-natura, da lui medesimo costretti sotto la pioggia di fuoco all’incessante maratona sul sabbione ardente.
Da evitare per Brunetto Latini il termine “sodomita” ed anche il più immaginifico “fornicatore uranista”. Basterà classificare i Brunetto, meglio se ad alta voce, come “romanticamente orientati”. Se si è astuti ellenisti, allora, sarà il trionfo degli sproloqui sugli amanti platonici, facendo credere che si tratti di flirt asessuati, mentre l’amor platonico indicò proprio l’atto pederastico dell’adulto sul ragazzino. Nel Convito si teorizzano la Venere Urania figlia di Urano di contro a Pandemia figlia di Dione. La prima è celeste, la seconda zozzona e materialona. Il vero amor platonico, derivante dalla dea celeste, sarebbe quello del pedagogo penetrante l’efebo a “scopo educativo”. Dalla Venere Pandemia discende il sesso tra uomo e donna, destinato non al bello ed al piacevole, bensì alla prosaica riproduzione della specie.
La potenza dell’egemonia culturale del club socratico ci impone di omettere l’aspetto pederastico e pressoché pedofilo, decantando l’amor platonico tra maschietti come sublime sintonia spirituale senza ombra di sessualità. Che orrore, poi, il “cambio di sesso”, quando gli ameni cattedratici del politically correct ci suggeriscono il lepido “percorso di affermazione di genere”. Infine, il bon ton comanda solo tre lemmi: “gay”, “omosessuale”, “lesbica”. Sarà obbligo sintattico-morfologico coniare frasi con parole ambigenere, dove gli articoli “il”, “lo”, “gli”, “la”, “le” possano coesistere. In luogo della parolaccia “volontari”, sarà da utilizzare “persone volontarie”; non “maestri”, ma “insegnanti”; non “innamorato”, ma “amante”, non “sposo”, ma “consorte”, eccetera. Giammai il misogino “patto tra gentiluomini” e neppure l’esclusivo “gentildonne”, ma il neutro inclusivo “accordo sulla fiducia”.
Inoltre, urge creatività lessicale, giacché la “troppa frociaggine” descritta dall’icastico Jorge Mario Bergoglio si arricchisce delle novità bio-insostenibili introdotte dallo stilista Michael Schmidt. In Germania, gli eredi di Josef Mengele hanno creato a botte di ormoni un gregge di ovini omosessuali. Negli Usa, in memoria dei fondatori di Lgbtqia+, dalla lana dei pecorecchioni, pardon, dei nazisocialpecorini, Schmidt ha confezionato 36 abiti arcobaleno, con tanto di sfilata a Manhattan. Gli amanti dell’abbacchio scottadito si adatteranno a passare al cosciotto alla crema di fava? Come chiameranno il pecorone che ama il pecorino stagionato in mi-grotta? Evitando la terminologia della turpe Treccani, è consigliabile la definizione: “capro di monta di montagna”. Aggiornatevi, dunque, amici dell’Opinione e reimparate finalmente il moderno itali-ano.
di Giancarlo Lehner