A nullo Amato, Lehner perdona

martedì 14 ottobre 2025


Sassolini di Lehner

L’egotico Giuliano Amato s’intesta anche Sigonella. Infatti, ne parla, citando più sé stesso che Bettino Craxi. Mi riferisco a colui, l’ingrato matricolato, che evitò anche di inviare una cartolina ad Hammamet in tutti gli anni dell’esilio, sino agli ultimi travagliati eventi. Sperimentai di persona l’egocentrismo, secondo me patologico, del personaggio: gli presentai il fondatore delle edizioni “Ponte alle Grazie”, un migliorista fiorentino di grande apertura mentale vicino al Psi. L’idea era quella, al fine di contrastare l’opprimente egemonia editoriale dei comunisti, di offrire agli studiosi e agli intellettuali di area socialista e laico-liberale uno spazio privilegiato per pubblicare i loro lavori. Ebbene, il progetto fu smontato, ipso facto, dall’infelice reazione dell’egolatrico Giuliano: “Sono d’accordo, ho tanti scritti nel cassetto che potrò pubblicare”. Chissenefrega del piano di dar voce agli scrittori liberalsocialisti… infatti, percepì soltanto l’utile personale. Ci nauseò al punto che insieme all’editore migliorista scappai schifato, sdegnato e costernato, sperando che Bettino, impegnato con l’Onu, rientrasse al più presto. L’editore fiorentino, se la prese anche con me – ma da chi mi hai portato?! – tant’è che la nostra amicizia finì sulle scale di via del Corso 476.

Il mio giudizio assolutamente negativo sul personaggio mi spinse a domandare al grande, indimenticabile Bettino Craxi, perché mai avesse dato tanto spazio a quella nullità politica e non solo politica. Il presidente rispose: “È vero: politicamente è prossimo allo zero, ma è stato preziosissimo in quanto giurista. Al mattino gli esponevo un’idea e all’ora di pranzo mi aveva già recapitato l’apposito disegno di legge”. D’altra parte, Craxi lo definì “extraterrestre”, visto che parlava della Prima Repubblica come se fosse stato un periodo storico in cui lui aveva vissuto su un altro pianeta. In effetti, Giuliano, emblema dell’alieno totale, fu segretario del Psi, durante il periodo in cui Craxi svolse le funzioni di rappresentante del segretario generale dellOnu Javér Pérez De Cuellar per l’indebitamento dei Paesi in via di sviluppo. Rappresentando la prova provata che c’è vita su Marte e che fenomeni anomali non identificati vivono con noi, non gli toccò l’amara sorte di Bettino e di altri leader del Psi.

Ebbene, delle due l’una: o durante la reggenza di Amato il Psi visse di erbuzze e acque di ruscello, non ricevendo più tangenti neppure dal bugiardo Carlo Debenedetti – quelle che Craxi respingeva sdegnato al mittente – oppure il finanziamento illecito a tutti i partiti, quarto piano di via del Corso 476 compreso, continuò anche con il facente funzioni Giuliano Amato. Fortuna o bizzarria tipiche degli extraterrestri, che ci sono ma non si vedono: avvenne che i magistrati del pool milanese, pervicaci santissimi inquisitori di Bettino e dell’intero Psi sino alla sua totale estinzione, non inviarono ad Amato neppure un invito a comparire al bar del palazzo di giustizia meneghino per prendere un caffè. Evidentemente, non riuscirono a vederlo. Furono seguaci del settantenne che ha percepito per mezzo secolo indennità e sussidi per cecità assoluta, pur essendo stra-vedente? Ai posteri l’ardua sentenza.

Amato, Gianni Agnelli e Debenedetti, i tre invisibili, non vennero nemmeno spettinati dall’inquisizione milanese, dalla quale scaturirono, invece, migliaia di faldoni strapieni di accuse e anche una quarantina di persone ben messe a fuoco sino al suicidio. Bettino, il burbero dal cuore d’oro, non era solito infierire su quanti l’avevano abbandonato, attaccato, tradito, quindi su Amato aggiunse soltanto che si trattava di un “professionista a contratto”. Craxi era fatto così: scorbutico e arrogante all’apparenza, ma dentro tanta umanità e nobiltà danimo. Quando Ugo Intini, già fedelissimo, scelse di farsi fagocitare dai postcomunisti, Craxi, giustificandolo, mi spiegò: “Ugo non riesce a vivere senza la politica. Alla fine del lungo digiuno, è normale che abbia accettato l’unica possibilità di tornare a farla. Va capito, amico mio, non biasimato”.

Nel 1990, grazie a Jiří Pelikán e Václav Havel, ebbi l’opportunità di visitare, purtroppo solo per una notte, gli archivi della Státní bezpečnost, il Kgb cecoslovacco. Lì, in quelle ore di ricerche con esiti angoscianti, scoprii che alcuni giornalisti socialisti erano stati al soldo degli spioni comunisti. Li conoscevo uno per uno e, anzi, ci lavoravo fianco a fianco. Sapevo che il mio anticomunismo li disturbava, ma non avrei mai immaginato che fossero addirittura ammanicati con gli 007 di Gustáv Husák, come un ridicolo “Donatqualsiasi. Tenni per me il segreto. Quando, durante l’esilio tunisino, appresi che alcuni di questi “compagni” esibivano pubblicamente disprezzo e condanna verso il craxismo, mi decisi a farne parola a Bettino. Gli elencai nomi e cognomi. Craxi mi proibì di renderli pubblici, perché – mi disse – sono dei poveracci, ma noi non dobbiamo fare i maramaldi con i nostri; del resto, non sono loro i veri avversari. A che servirebbe sputtanarli, per errori e miraggi di tanti anni fa, quand’erano magari militanti del Psiup nato e tenuto in vita dai dollari del Pcus?

Quindi, mi raccontò un divertente episodio, protagonista, il psiuppino socialcomunista Lucio Libertini. Agosto, 1968, alla fine di un’assemblea pro Leonid Brežnev e contro ogni critica all’invasione della Cecoslovacchia – questi socialisti furono battezzati “carristi”, avendo già reso onore ai tank dell’invasione dell’Ungheria, 1956 – Lucio avvertì i compagni: “Prima di lasciare i locali della federazione, ricordatevi di spegnere la luce, perché la bolletta la pagano gli amici di Mosca”. Rispettando la volontà di Bettino, porterò nella tomba i nominativi dei socialspioni.

Mi limito, invece, a ribadire la mia diagnosi di egolatria ossessiva e compulsiva per uno che, intervistato dal quotidiano a lui caro, la Repubblica, si attribuisce i meriti di Craxi: “A Sigonella fu difesa la sovranità nazionale con una fermezza che era mancata nella storia repubblicana precedente e che raramente avremmo visto nei 40 anni successivi. Non era un’epoca in cui il diritto internazionale valeva fino a un certo punto, lo facemmo valere fino in fondo, nonostante la prudenza verso gli americani suggerisse di acconsentire alle loro richieste”. Non cita Bettino, ma attraverso il plurale maiestatis racconta quanto fu fermo, coraggioso, valente, insomma chi più bravo di lui?

Che dire? Fummo craxiani, quindi non più subalterni ai comunisti, più vicini ai liberali e decisamente autonomisti. Lo fu anche il valente giurista Amato, specie riguardo all’autonomia, interpretata con ferocia egotica: autonomo da tutto, dallo stesso Psi, da Craxi, dal resto del mondo. È il destino dello strano pianeta rosso abitato non dai marziani, ma da Giuliano, l’unico vero marziano.


di Giancarlo Lehner