lunedì 22 settembre 2025
Sassolini di Lehner
È ora di dimostrare onestà intellettuale, andando contro corrente e proporre una narrazione meno luogocomunista e più veritiera sulla tragedia di Gaza. Iosif Stalin s’inventò l’Holodomor, che significa: “uccidere con l’arma della fame”, per cancellare i contadini ucraini – ne morirono circa sei milioni nel 1932-1933 – accusati d’essere nemici della classe operaia. Il genocidio staliniano per fame ha fatto scuola dentro Hamas, i cui capi, non potendo vincere la guerra, si sono concentrati sulla vittoria mediatica. Perciò, hanno scientemente tolto di bocca alla popolazione di Gaza alimenti, aiuti umanitari, medicine, miliardi di valuta pregiata provenienti da Teheran, Paesi arabi, Ue, Usa, dal mondo intero. È appurato che Hamas ha confiscato il 90 per cento degli aiuti in denaro e tra il 15 e il 25 per cento del cibo destinato ai gazawi. La rapina sistematica è servita:
1) per mostrare ai creduloni occidentali lo spettacolo montato ad arte di bambini scheletriti, attribuendo la responsabilità esclusivamente ad Israele;
2) per finanziare, contrabbandando il bottino maltolto ai civili, il massacro del 7 ottobre 2023 (1194 israeliani uccisi e 250 presi in ostaggio), le operazioni militari, gli attentati, le azioni terroristiche;
3) per ungere le ruote dell’informazione non solo e non tanto in lingua araba – i Paesi arabi temono come il fuoco i fratelli musulmani di Hamas e se ne fregano dei palestinesi – ma soprattutto in inglese, montando a livello internazionale il loro kolossal strappalacrime sul “genocidio”;
4) per l’acquisto di armi e pagare lo stipendio ai miliziani.
Non ci furono piagnistei occidentali per l’Holodomor – i cialtroni ideologizzati e pagati da Mosca lo ignorarono o lo negarono come fecero per le foibe – così, come oggi, si tace sul “genocidio” dei civili di Gaza, affamati a bella posta e usati come scudi umani. Ebbene, parlo anch’io di “genocidio”, visto che tale termine incongruo piace tanto alla gente che piace, rilevando, però, che il massacro fu cinicamente programmato. Si tratta, infatti, di sterminio organizzato scientemente da Hamas, che ha puntato diabolicamente sull’equazione: più morti tra i civili, più efficace la nostra narrazione, più sicura la demonizzazione universale di Israele, più cadaveri, più immagini-proiettili impressionanti.
La finalità, in gran parte raggiunta dai terroristi, è stata quella di trasformare la sconfitta sul campo in vittoria politica, attraverso l’abile manipolazione e diffusione di filmati, fotografie, video, interviste, reportage, che, ormai, fungono da nuovi micidiali missili per disinformare, per semplificare e indirizzare in una sola direzione la complessità delle situazioni, per la distrazione di massa dalla realtà. Infine, per sgombrare ogni possibilità di ragionamento critico e penetrare emotivamente nell’opinione pubblica, sino a convincere addirittura i governi – specie quelli orfani di consenso, da Emmanuel Macron a Keir Starmer – a riconoscere la Palestina che non c’è. Il perdente, attraverso il monopolio della narrazione, ha vinto: le folle oceaniche di oggi, come quelle di ieri, stramaledicono Israele e, di fatto, gli ebrei tutti, con tanto di turisti con la kippah aggrediti, insultati, minacciati e picchiati in varie parti del mondo. Gli ebrei non possono più nemmeno esporre pubblicamente le loro ragioni come ordinano gli squadristi pro-Pal o i fanatici intolleranti alla Enzo Iacchetti: da “olio di ricino e manganello” a “falce e martello” il passo fu breve, ma ancor più breve, adesso, a “falce, kefiah e manganello”.
Hamas ha, dunque, imposto la sua verità, facendo risuonare nei parlamenti, nelle università, nei college, nei licei, sui giornali, in tutte le tivù, in radio, nelle parrocchie, nelle piazze antichi anatemi contro il popolo di Mosè. Intanto, grazie a Roberto Gualtieri (non risulta abbia mai condannato Palmiro Togliatti, spietato carnefice, negli anni Trenta, di italiani, ebrei polacchi, tedeschi e spagnoli), sul Campidoglio sventola la bandiera palestinese, un autentico oltraggio agli ebrei capitolini, romani da duemila anni. Il vessillo onora di fatto i terroristi palestinesi attentatori della Sinagoga, gli assassini del “nostro bambino”, il piccolo Stefano Gaj Taché. Tanti, troppi politici, professori, preti, attorucoli, comicastri, giornalisti di lotta e di pagnotta, stanno rispolverando il lessico di Mario Appelius, il quale chiamò gli ebrei “razza di sughero”, definendoli capaci di tutto il male possibile per rimanere a galla.
Ecco un esempio del vocabolario del fascistissimo Appelius di ieri, che non avrebbe nulla da invidiare ai manganellatori sionfobici di oggi: “L’anti-ebraismo dell’Europa… è legittima difesa... da centinaia di anni, i grandi ebrei sono i cinici e criminali responsabili di tutte le guerre e le tragedie fino all’ultima tremenda guerra del 1914-1918 che fu una guerra tipicamente organizzata dagli ebrei”. In Italia, da Maurizio Landini a Tomaso Montanari, da Bianca Berlinguer, dall'intera La7 sino a Giuseppe Salvatore, il figlio di Totò Riina (“Come i piccoli palestinesi da bimbo ho vissuto sempre come se fossi in perenne emergenza”) tutti indossano la kefiah. Anche i cattedratici non deludono il “palestinese” Giuseppe Salvatore Riina.
Il senato accademico dell’Università di Urbino ha proclamato di dover “vigilare sulle collaborazioni accademiche e scientifiche dell’Ateneo”. In altri termini, l’imperativo è quello di boicottare gli atenei israeliani. Per coprirsi di vergogna i docenti, denotando sconoscenza asinina, hanno aggiunto: “Rafforziamo il nostro impegno a costruire relazioni accademiche, scientifiche e culturali con istituzioni palestinesi”. Invero, cotali istituzioni – vedi la più importante, cioè l’università di Bir Zeit – sono nelle mani dei terroristi di Hamas, i cui umanitari piani di studio prevedono soltanto l’organizzazione di attentati e la cancellazione degli israeliani. Il senato accademico urbinate dovrebbe guardarsi da tali sbandate ideologistiche, che richiamano precedenti iniziative “conformi” all’onda, come l’espulsione dall’ateneo degli ebrei Cesare Musatti, Isacco Sciaky, Renato Treves, Ettore Bemporad e Angelo Coen.
Sono proprio tornati gli Appelius e lo stesso Corriere della Sera, che nel 1946 rifiutò di pubblicarne il necrologio, oggi è, invece, organo di stampa della Global Sumud Flotilla, del partito anti-sionista e antisemita, nonché pulpito quotidiano del presuntoso onnisciente, il querulo Aldo Cazzullo, straziato e insonne per i piccoli gazawi. Infine, di contro alla premeditata e seriale disinformazione, Benjamin Netanyahu riscuote il sostegno di circa l’80 per cento degli israeliani, i quali, dopo il 7 ottobre, ritengono che con Hamas bisogna finalmente farla finita.
di Giancarlo Lehner