lunedì 8 settembre 2025
Comprendo perfettamente che Matteo Salvini, il quale in questi anni ha visto scemare gran parte del suo consenso, cerchi in ogni modo un argomento per risalire la china. Tuttavia l’idea, già sperimentata lo scorso anno, di tassare i cosiddetti extraprofitti delle banche continuo a ritenerla una scemenza fantozziana stile corazzata Potëmkin. Eppure il capo del Carroccio ha ribadito al Forum di Cernobbio la sua ideona. “Se una piccola parte dei 46,5 miliardi di utili che derivano da garanzie statali ritornerà nel circuito di famiglie e imprese – ha detto il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture – penso che le stesse banche non potranno che esserne orgogliose”.
In questo senso sono perfettamente d’accordo con Luigi Marattin, segretario del Partito liberaldemocratico, il quale, intervenendo su La7, ha dichiarato: “Le banche già pagano tasse più alte, ad esempio l’aliquota Ires ordinaria è il 26 per cento mentre per le banche è del 27,5 per cento. Già ora, sia che vadano bene, sia che vadano male, sono tassate più degli altri soggetti. E ancora: “Aggiungo che a me fa un po paura un Paese in cui il Governo può consentirsi di dire secondo me tu stai guadagnando troppo, ti requisisco i guadagni a un qualunque operatore economico privato. Questa non è una economia di mercato – ha sottolineato Marattin – sembra che si voglia, per giustizia divina o proletaria, requisire i profitti delle banche ottenuti in virtù dell’andamento dei tassi”. E conclude: “Sono dunque molto contrario alle intenzioni del Governo sul tassare gli extraprofitti delle banche: la vogliamo finire di alzare le tasse ogni volta che qualcosa non va? In questo Paese si cerca sempre di alzare le tasse a qualcuno”.
Per dovere di cronaca questo è esattamente ciò che fece Matteo Renzi, di cui il nostro all’epoca era consigliere economico, nel 2014 per finanziare il contestato bonus di 80 euro per i salariati che guadagnavano fino a 1.500 euro mensili. Ebbene, per sostenere questa misura si pensò bene di massacrare soprattutto i piccoli risparmiatori, portando la già elevata tassazione sui profitti finanziari – il prelievo sul capital gain – dal 20 al 26 per cento. Ora, il problema di fondo con cui è destinato a scontrarsi l’ennesimo tentativo di imporre una tassazione aggiuntiva alle banche – uno degli argomenti che fanno più presa presso una certa parte dell’opinione pubblica – ha un nome e cognome: traslazione dell’imposta. Questo significa che, di riffa o di raffa, alla fine gli istituti di credito troveranno il modo di scaricare sui propri clienti questo maggiore esborso, mentre in caso contrario saranno gli azionisti piccoli e grandi a rimetterci, incassando dividendi meno generosi. In questo modo, dato che in economia tutto si tiene, anche lo Stato rastrellerà meno quattrini dalla citata tassazione sui profitti.
Nel frattempo, buona parte del ceto politico, compreso quello leghista, sembra ignorare che la spesa pubblica continua a crescere e sembra che a fine anno essa supererà la soglia record del 54 per cento del Pil. In questo senso l’Argentina di Javier Milei appare lontana anni luce.
di Claudio Romiti