lunedì 23 giugno 2025
Quanto sta accadendo a Bologna, con la presunta nomina di Omar Mamdouh alla guida della moschea Iqraa, conferma quanto denunciamo da anni: l’espansione dell’estremismo islamista sotto le mentite spoglie di “cultura” o “spiritualità”.
Le dichiarazioni di questo predicatore, che vanta migliaia di follower sui social, sono estremamente preoccupanti. Esse rivelano una chiara volontà di fomentare odio, minare la convivenza civile e propagare un Islam politico e radicale incompatibile con i valori democratici di Italia ed Europa.
Espressioni quali “l’Islam arriverà ovunque dove arriva il giorno e la notte”, “le donne non possono parlare con i ragazzi”, o la posizione secondo cui chi discute il velo islamico “deve ricordarsi della morte” non sono affatto religione: si tratta di fanatismo. Di proselitismo aggressivo. E rappresentano una minaccia concreta, soprattutto per i giovani, sempre più vulnerabili su piattaforme come TikTok, dove l’odio viene presentato come dottrina.
Questo fenomeno non è isolato. L’imam Zulfiqar Khan, ora espulso, aveva portato avanti un’attività radicale alla moschea di via Jacopo di Paolo a Bologna: esaltava il martirio dei mujahidin, diffondeva retorica. Il suo decreto di espulsione, firmato dal ministro Matteo Piantedosi l’8 ottobre 2024, lo riteneva una minaccia per la sicurezza nazionale.
Anche la moschea Iqraa, oltre a essere irregolare dal punto di vista urbanistico, funge da centro di influenza ideologica. Non è dunque solo un luogo di preghiera, ma una base operativa per l’espansione di un sistema organizzato che si insinua nelle nostre città, favorito da ambiguità normative e da una certa politica troppo spesso remissiva.
È giunto il momento di agire con decisione. L’Italia non può più ignorare la minaccia rappresentata da predicatori radicalizzati. Non si possono più tollerare “zone franche” in cui la sharia si sostituisce alla Costituzione italiana, dove si attaccano i nostri valori, si denigrano le donne e si incita al rifiuto delle leggi nazionali.
Occorre una riforma urgente: controlli più severi su chi predica messaggi di odio; massima trasparenza sui finanziamenti alle moschee; un freno deciso alle associazioni culturali di facciata, che mascherano fini ideologici sotto vesti culturali o spirituali.
Anche Paesi arabi moderati hanno espresso preoccupazione per la crescente presenza in Europa di “imam fai da te”: figure senza formazione riconosciuta in teologia che parlano in nome dell’Islam con scarsa legittimità.
Tali predicatori non ostacolano solo l’integrazione: propagano visioni retrive nei confronti delle donne e minano la convivenza civile e l’emancipazione di interi gruppi sociali.
di Souad Sbai