Il Papa dei primi

lunedì 28 aprile 2025


Come era ovvio attendersi, la morte del Papa ha attivato il solito, stantio e ormai intollerabile circuito di titolazioni giornalistiche, tanto scontato, quanto enfatizzato ed unilaterale: il Papa degli ultimi, degli sconfitti, dei diseredati, eccetera. Domanda: che forse Ratzinger era stato il Papa dei penultimi e dei vincenti o Giovanni Paolo II quello dei grandi ereditieri? Andate a chiederlo ai parrocchiani di Monaco quando il primo ne era Arcivescovo o ai minatori polacchi di Cracovia sotto il pontificato del secondo. Ovviamente, tutti i Papi – nessuno escluso almeno da qualche secolo a questa parte – sono stati attenti alla povertà, ai bisogni sociali, alle eccessive diseguaglianze, denunciandole e chiedendo venissero ridotte. Certo, ognuno a suo modo, perché si tratta di persone diverse, ciascuna con la propria sensibilità, la propria visione del mondo, la propria storia personale.

Invece, c’è da dire una cosa nuova e credo molto diversa e che forse potrà scompaginare le certezze di molti. C’è da augurarsi infatti che il nuovo Papa, che sarà eletto a breve, sia invece il Papadei primi” e non “degli ultimi”. Intendo dire che da un lato, ormai da decenni, si è per fortuna sviluppata e affermata una sensibilità umana abbastanza diffusa circa la solidarietà dovuta a chi letteralmente non ha nulla da mangiare e non ha un tetto per ripararsi dalla pioggia, attraverso innumerevoli e lodevoli iniziative ecclesiali e laiche protese ad aiutare in concreto la moltitudine di queste persone: organizzazioni di volontariato, Caritas, Mani Tese, eccetera; ma, da altro lato, nessuno – ma proprio nessuno – ha mai pensato in modo specifico a evangelizzare i potenti della Terra, i miliardari, i grandi speculatori della finanza internazionale, i circuiti chiusi di Wall Street e della City londinese, i politici di lungo corso, tutte quelle persone dalle cui decisioni e dai cui comportamenti dipende la vita stessa di decine di milioni di esseri umani.

Questa pletora di personaggi – alcuni ben noti, altri assai meno – che hanno in mano il destino delle Nazioni e dei popoli non sono mai stati destinatari di una attenzione specifica da parte dei Papi. E ciò è sorprendente, perché dalle loro decisioni possono scaturire conseguenze di enorme portata capaci di condizionare l’esistenza di interi continenti. Certo, è molto più semplice, paradossalmente, organizzare una mensa in Africa centrale o trovare i fondi per costruire una scuola ai limiti del deserto del Gobi, di quanto possa esserlo evangelizzare davvero questi personaggi. Tentare di farlo rappresenta una sfida quasi impossibile: eppure è proprio questo che nel terzo millennio occorrerebbe fare in modo serio e ragionato.

Il nuovo Papa dovrebbe insomma dedicare molta attenzione e un nuovo apostolato alla necessità non più differibile di intridere l’anima – ammesso ne conservino ancora una – di queste persone (non più di alcune migliaia in tutto il mondo) della consapevolezza che può esistere un modo di stare al mondo e di vivere con i propri simili diverso da quello cui loro sono avvezzi; che gli altri non sono semplici numeri, utenti o consumatori, ma esseri umani dotati di una specifica dignità; che tale dignità non può esser mai impunemente violata; e che perfino loro stessi – i grandi squali della finanza e i padroni della terra – sono a pieno titolo “imago Dei”: e questa sarebbe per costoro forse la notizia più sconvolgente ed inaudita. Ecco allora il compito davvero urgente per il Papa che verrà: essere il Papa “dei primi” e non “degli ultimi”, dal momento che quelli – e non questi – sono stati nei secoli completamente abbandonati dalla Chiesa, lasciati a se stessi, con l’eccezione, forse, delle attenzioni dai Gesuiti invano riservate, secoli fa, a vari regnanti europei (e quasi ovunque ne furono cacciati, ritenuti pericolosi, fino a quando furono addirittura soppressi).

Questo abbandono immotivato è stato certo concausa dei disastri che abbiamo sotto gli occhi: se fosse stato meno intenso e duraturo, siamo proprio sicuri che le guerre oggi in essere sarebbero egualmente – e tutte – scoppiate con lo stesso corredo di lutti e distruzioni? Il fatto è che se non si salveranno “i primi”, anche “gli ultimi”, nonostante la persistente solidarietà, saranno perduti. Inevitabilmente.


di Vincenzo Vitale