Affaire Almasri? Che noia!

venerdì 31 gennaio 2025


Le polemiche che stanno infuocando la scena politica di queste ore e che ruotano sulla gestione dell’arresto prima e del rilascio dopo del generale libico Najem Osama Almasri, hanno francamente stufato. Non abbiamo bisogno che l’Italia perda tempo a discutere di un caso tanto puteolente quanto banale. Soprattutto, non occorreva dare la stura al vituperato vizietto italico di scoprirsi, di volta in volta, commissari tecnici, virologi, giuristi, a seconda delle emergenze che la cronaca quotidiana sforna a ciclo continuo. Non se ne può più di ascoltare i “dotti” pareri di legulei improvvisati che disquisiscono sul comportamento più o meno giuridicamente corretto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, o su quello del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi; sul se e sul come si siano mossi in punto di diritto nel rispedire a casa un pendaglio da forca della stazza del generale libico, sottraendolo di fatto alla giurisdizione della Corte penale internazionale, che volentieri lo avrebbe voluto a L’Aia per portarlo in ceppi alla sbarra. Siamo chiari: per quanto ci riguarda, uno come Almasri ci fa schifo e di certo vorremmo vederlo penzolare da una forca.

Diciamo di più: se alla giustizia internazionale dovesse mancare la corda per eseguire la sentenza, ci offriremmo senza remora alcuna di procurargliela, con tanto d’insaponatura per rendere l’impiccagione più rapida ed efficace. Purtroppo, però, bisogna rendersi conto che ci sono cose che si possono desiderare ma che non si possono realizzare perché superiori ragioni di opportunità non lo consentono. E sbattere in galera un abietto figuro delle dimensioni di Almasri è una di quelle. Giorgia Meloni lo sa, gli italiani lo hanno capito. Allora, perché tutto questo casino sulla sua liberazione? Perché in Italia c’è un’opposizione di sinistra che pur di racimolare qualche consenso è pronta ad andare contro l’interesse nazionale e perché c’è un Governo che pare ci trovi gusto a mettersi nei guai con le proprie mani. Lo diciamo qui e, speriamo, di non doverlo ripetere più: Giorgia Meloni ha sbagliato a incartarsi e la sinistra è una roba infame. Partiamo dal presidente del Consiglio.

Cara Giorgia, perché diamine non hai posto immediatamente il segreto di Stato su tutta la vicenda? La dinamica di uno sporco affare non deve necessariamente essere resa pubblica, questo la gente lo sa. Sarebbe bastato che avessi detto pubblicamente: signori, è in gioco la sicurezza nazionale per cui scordatevi di Almasri e nessuno avrebbe potuto proferire parola sulla questione. E poi? Era proprio il caso di arrampicarsi sugli specchi provando a buttare la croce sui magistrati della Corte d’Appello di Roma, responsabili della scarcerazione del losco individuo? Guarda, che i giudici tutto sono fuorché fessi e loro, in fatto di manipolazione dei cavilli, se ne intendono. Perciò, quando si sono visti attaccati non hanno perso un istante a rispedire la palla avvelenata nella stanza del ministro della Giustizia Nordio. E una volta fatta la frittata, buttarla sullo scontro tra politica e magistratura ipotizzando un fallo di reazione dei giudici in risposta all’imminente approvazione della riforma dell’architettura costituzionale dell’Ordine giudiziario, è apparsa – come si sentirebbe dire sulle rive del Golfo di Napoli – “El tacon xe pezo del buso” (o era in un canale veneziano?). Ma come? La sinistra italiana ti dà della fascista un giorno sì e l’altro pure; ti raffigura in effige con la “M” di Benito Mussolini e tu non cogli l’opportunità di trasformare il veleno in farmaco? Visto che ci tengono tanto a descriverti in stivaloni e camicia nera, vatti a rileggere il discorso che il Duce pronunciò in Parlamento il 3 gennaio 1925 per rivendicare la responsabilità morale del delitto di Giacomo Matteotti – quello di “fuori il palo”, per capirci – e replicalo nel linguaggio e nei toni assertivi mostrando il petto (con la pudicizia che s’addice a una signora, ovviamente).

Ti offriamo un aiutino sull’incipit di un discorso da consegnare ai libri di storia: “Onorevoli colleghi, Almasri è quel rifiuto umano di cui parlano tutti? Sì, lo è. Andrebbe appeso per il collo per quello che ha fatto alle sue vittime innocenti? Sì, lo meriterebbe. Ma io devo pensare all’Italia. I libici possono crearci problemi non soltanto con il rilascio di flussi migratori incontrollati, ma anche con l’ingresso di pericolosi terroristi nel nostro territorio, camuffati da profughi. E possono fare del male ai nostri militari della Missione bilaterale di assistenza e supporto in libia (Miasit), operativa a Tripoli e a Misurata, cioè nell’area che è sotto il controllo di quel boia di Almasri. E poi, ci sono il gas e il petrolio che ci arrivano dalla Libia. Senza quella merce preziosa come pensate potremmo reggere l’impatto dell’interruzione delle forniture energetiche dalla Russia? Mica paliamo di qualche tanica di benzina. Siamo a 6 miliardi di metri cubi di produzione di gas, a 62 milioni di barili di petrolio equivalente e a 2,52 miliardi di metri cubi di approvvigionamento del gas. Non lo dico io, ma l’Eni. Già, l’Eni. Come pensate che vengano estratti e trasportati tanti miliardi di oro nero? Ci sono tecnici e lavoratori italiani che fanno questo e che sarebbero stati messi in grave pericolo se avessimo fatto gli splendidi mandando quel figlio di buona donna di Almasri a giudizio davanti alla Corte penale internazionale, la quale – guarda caso – ha chiesto a noi di catturarlo e non ad alcun altro Stato visitato dal galantuomo di Tripoli nei giorni precedenti al suo soggiorno torinese. In Libia c’è l’Eni e ci sono tante altre nostre aziende che ci lavorano con personale italiano. Avremmo dovuto far saltare il sistema per un solo ignobile bastardo? Avremmo dovuto dimenticare che, dati alla mano dell’Osservatorio economico del ministero degli Esteri, siamo i primi clienti della Libia e i terzi fornitori del loro import? Se pensate che io sia complice di quella bestia ditelo e allora tirate fuori il palo e impiccate me, se ne avete il coraggio”.

Con un discorso di tale tenore non immaginiamo dove l’opposizione sarebbe andata a nascondersi. Già, l’opposizione. La verità è che quei gentiluomini e gentildonne che stanno a sinistra hanno puntato tutto sull’incidente diplomatico che avrebbe innescato la reazione brutale dei libici. Noi, che restiamo convintamente lombrosiani, li abbiamo guardati in faccia i “signori” di Tripoli e dintorni. Si saranno pure dati una ripulita grazie ai soldi del petrolio ma, sotto la scorza, resiste la loro natura di predoni del deserto, abituati a risolvere le controversie a suon di ricatti e di violenza. Alla signora Elly Schlein, il centrodestra avrebbe dovuto domandare: “ammesso che tu avessi avuto ragione e che avessimo trattenuto il torturatore Almasri facendo valere l’etica sulla ragion di Stato, tu e la tua accolita sareste stati pronti ad appoggiare senza riserve una reazione militare da parte italiana nel caso (scontato) in cui nostri concittadini, civili o militari, fossero stati oggetto di ritorsione da parte dei libici? Visto che quelli l’unico linguaggio che comprendono è quello della forza, ci sarebbe stato da scatenare l’inferno per fargliela pagare, col rischio concreto di suscitare l’ira del nuovo lord protettore della Tripolitania, il turco Recep Tayyip Erdoğan”.

L’opposizione sarebbe stata con il Governo? Ovvio che no. La sinistra mai si sarebbe schierata dalla parte dell’interesse nazionale. Tutto ciò che Elly e compagni hanno desiderato è stato vedere Meloni umiliata e impossibilitata a reagire a fronte di un atto di forza brutale dei libici per rivalersi dello sgarbo dell’arresto di Almasri. Elly ha contato sul fatto che Giorgia non è Benjamin Netanyahu e gli italiani non hanno la stessa tempra degli israeliani quando c’è da menar le mani contro i nemici. Giorgia, sarebbe stata in grado di fare a Tripoli ciò che Benjamin ha fatto a Gaza? Certo che no. É su questa incapacità a fare ciò che va fatto anche con bombe e cannoni che la sinistra nostrana ha giocato le sue carte. Ed è la delusione per la mancata realizzazione del suo ignobile calcolo la ragione per cui adesso sbraita. La partenza accelerata del bastardo da Torino in direzione Tripoli ha lasciato tutti loro con il cerino acceso in mano. Meglio così. Meglio che Almasri sia stato rispedito con tanto di volo di Stato ai suoi sporchi affari, a casa sua. Non sarà stato il massimo per l’ideale di giustizia. E da quando la politica internazionale è un luogo abitato dalla giustizia e dall’etica?


di Cristofaro Sola