Niente panico, compagni: Trump non ha rubato i vostri dati

giovedì 23 gennaio 2025


Ormai lo sappiamo bene, i liberals all’italiana devono ancora metabolizzare il lutto. Da tre giorni a questa parte un esercito di partygiani molto radical (ma poco chic) non fa altro che gemere per il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Il nervosismo pervade i salotti della gauche caviar, nei quali una pletora di soloni con il Rolex si interroga sui fattori che hanno decretato l’insuccesso della loro ridente beniamina Kamala Harris senza trovare una risposta all’annoso dilemma. Giungono a una conclusione univoca, gli appassionati seguaci di Aprite il cervello: l’America si risveglia fascista, fascistissima, che più fascista non si può. Comincia l’era della tecnodestra. Capalbio è sprofondata in un silenzio assordante e gli attici delle grandi metropoli non sembrano passarsela meglio.

Le profezie apocalittiche dominano le Ztl sempre più strette ed autoreferenziali, tanto nella Città Eterna quanto nella Milano da bere. Un grido di sventura si leva da Piazza Albania: “Vedrete cosa combinerà Trump. L’onda di estrema destra si sta abbattendo ovunque, bisogna mobilitarsi subito per dare vita alla resistenza. No pasarán!”. Fanno eco le sciure con le ciocche bluette che affollano Corso Buenos Aires, durante la loro passeggiata della salute quotidiana ai Navigli: “I diritti sono minacciati, stiamo sperimentando una pericolosa deriva reazionaria. Il razzismo sistemico si è infiltrato nelle istituzioni”. Chi dirà loro che milioni di afroamericani, di ispanici e di asiatici hanno orgogliosamente votato per Trump?

Ecco l’ultimo refrain che sentirete dai progressisti in crisi esistenziale: “Seguo Trump e JD Vance a mia insaputa sui social, questo si chiama furto d’identità!”. A dire il vero, l’insolito fenomeno può essere spiegato in un attimo. Non appena scade il mandato di un presidente, lo staff che si occupa della comunicazione istituzionale cancella tutti i contenuti del dimissionario per fare un’operazione di rebranding: via il vecchio, benvenuto il nuovo. Di conseguenza, non troverete più il nome di Joe Biden associato al profilo @POTUS, bensì Donald Trump. Lo stesso discorso vale anche per il vicepresidente. Che fine fanno i post della precedente amministrazione? Semplice come bere un bicchiere d’acqua: vengono inseriti dai solerti social media manager di Washington in un profilo ad hoc dedicato all’ex presidente (@POTUS46Archive).

Cari compagni, potete tirare un sospiro di sollievo. Il nuovo inquilino della Casa Bianca non ha sottratto i vostri dati personali, né ha intenzione di hackerare gli stucchevoli account dove pubblicate gli aperitivi eco-solidali a base di pokè o le manifestazioni contro la polizia al Tufello. Forse, se apriste gli occhi e non gridaste allo scandalo ogni volta, riuscireste a mantenere i nervi saldi e a guardare con maggiore raziocinio ciò che vi circonda.


di Lorenzo Cianti