martedì 21 gennaio 2025
Sassolini di Lehner
Palmiro Togliatti, già spietato carnefice di comunisti italiani, tedeschi, polacchi, ebrei, nonché di anarchici e trockisti iberici, sbarcato a Salerno, il 27 marzo 1944, apparve del tutto cambiato. Da sovversivo totale, capace di accettare, odiando a morte i liberali, alleanze con i fascisti e financo con i nazisti, si rivestì dei tratti tipici del politico occidentale: pragmatico e realista, pronto addirittura ad accettare la borghese cornice liberaldemocratica. L’origine della metamorfosi ha una data precisa: notte tra il 3 e il 4 marzo 1944. Iosif Stalin lo convoca al Cremlino e gli impartisce i nuovi ordini:
1) Rientro immediato il Italia – sbarcherà a Salerno subito dopo;
2) Non pretendere subito l’abdicazione del re Vittorio Emanuele III;
3) Riconoscere la legittimità del Governo Badoglio e soprattutto irrobustirlo, facendone immediatamente parte, insieme a tutti gli altri partiti, affini e no, cattolici, liberali e monarchici compresi.
L’unica libertà concessa fu quella di infiltrare comunisti nei gangli vitali dello Stato, dalla polizia alla magistratura, dall’informazione alla cultura, dal cinema alle arti, dalla scuola alle università, in tutti i luoghi strategici capaci di condizionare l’opinione pubblica. Per comprendere siffatta strategia staliniana post-rivoluzionaria bisogna rifarsi a tre precedenti vertici tra Franklin Delano Roosevelt, Iosif Stalin e Winston Churchill: Conferenza di Teheran (28 novembre-1º dicembre 1943); Conferenza di Potsdam (17 luglio-2 agosto 1945); Conferenza di Yalta (4-11 febbraio 1945). Fatto è che Stalin via via ottiene nel corso delle tre conferenze enormi vantaggi e un modesto impegno: gli hanno regalato l’intera Europa centro-orientale, un pezzo di Germania e di fatto l’Austria fino al 1955. In cambio, Baffone garantisce ai due alleati che le sue filiali nell’Europa occidentale, cioè i partiti comunisti, a cominciare dal Pci e dal Pcf, rinunceranno alla rivoluzione. Insomma, quella che i deliranti di sinistra (e quanti confusero la guerra partigiana al nazifascismo come itinerario verso il Putsch bolscevico) definirono la “Rivoluzione tradita”, fu davvero tradita, ma proprio dal nazionalimperialista Iosif Stalin. Comandato dal Cremlino, Palmiro indossò, portandole perfettamente, le vesti del politico pragmatico e realista, del tutto privo di ubbìe sovversive.
Stando alle memorie di Rudolf Barák, ministro degli Interni sino al 1962 della Cecoslovacchia ospitante partigiani assassini e altri criminali rossi, vedi quelli della “Volante rossa” milanese, Togliatti chiese espressamente severi controlli e punizioni per quanti comunisti italiani rifugiati a Praga manifestassero ancora propositi estremistici alla Pietro Secchia. Questo fu Togliatti, stalinista democratico per vent’anni. In Italia, sulla sua morte, il 21 agosto 1964, proprio nella Yalta fatale a mezza Europa, nessuno espresse pubblicamente sospetti. Eppure, facendo parte Togliatti della trama golpista di Michail Suslov, che porterà Leonid Brežnev al potere, è ipotizzabile che Nikita Krusciov, prima d’essere defenestrato e umiliato, abbia commissionato... l’ictus che stroncò Palmiro. Vedi, come da copione sovietico, un’altra vacanza mortale in Russia, quella del leader polacco Bolesław Bierut. La voce del popolo sentenziò: Bolesław andò in pelliccetta, tornò in scatoletta. Comunque, il Togliatti imborghesitosi, per salvaguardare l’impero sovietico, divenuto, perciò, sempre attento alla realpolitik piuttosto che alle isterie comuniste, limitando l’azione sovversiva del Pci nel far da spalla alla politica estera del Pcus – non gratis, ma in cambio di milioni di dollari – ebbe un indubitabile merito: quello di formare i suoi eredi migliori, da Giorgio Amendola sino ai miglioristi e pochi altri, gli unici dentro il Pci euroleninista di Enrico Berlinguer ad apprezzare pubblicamente Bettino Craxi... da vivo.
Ebbi una conferma sorprendente, nel 1991, a Mosca, durante l’incontro con un vecchio stalinista e amico di Togliatti, Stepan Šalaev, già capo dei sindacati. Dopo avermi ammutolito, col ricordo del premio Lenin dato a Pietro Nenni, mi rincuorò, dicendomi che l’unico leader possibile per una grande sinistra di Governo, altro che Achille Occhetto, era Craxi. Insomma, scoprii che il know-how politico dei comunisti puri, duri eppur pragmatici e realisti, da Gian Carlo Pajetta ad Antonello Trombadori sino ad Armando Cossutta, era all’origine del singolare paradosso: i togliattiani furono gli unici a sinistra ad aver messo a fuoco la statura di Craxi. Si pensi che Cossutta – insieme a Pino Rauti! – si disse ben disposto ad aderire al progetto della nuova “Unità socialista” vagheggiata da Bettino. Ora, a riprova che non i miglioristi, bensì i peggioristi, hanno marchiato a fuoco il Pd, partito composto in gran parte dai forcaioli manipulitisti e demonizzatori di Craxi. Ebbene, proprio da loro, ora a 25 anni dalla morte, proviene una sorta di dolciastra e nauseante riabilitazione postuma. Insomma, per essere rispettati e onorati da costoro, bisogna avere la cortesia di essere scomparsi da un quarto di secolo. Da craxiano militante posso ringraziare per il tardivo ripensamento, ma il disgusto rimane.
di Giancarlo Lehner