giovedì 19 dicembre 2024
La ventiseiesima edizione di Atreju, dal titolo “La via italiana”, sembra aver superato ogni aspettativa. Stando alle stime fornite da Via della Scrofa, si sono registrate oltre cinquantamila presenze tra i gazebo di Circo Massimo durante la settimana appena trascorsa. I simpatizzanti di Fratelli d’Italia, i volontari e centinaia di giornalisti da tutto il mondo hanno assistito ai dibattiti manifestando il loro entusiasmo per la cura e la meticolosità con cui gli organizzatori hanno allestito l’evento natalizio. È fuori discussione che la kermesse dei giovani di Giorgia Meloni sia riuscita a incidere positivamente nel dibattito pubblico. Ma stavolta vorrei lasciare da parte i toni del cronista per raccontare un episodio surreale che mi ha riguardato in prima persona. Visto che non amo né autocommiserarmi, né serbare inutili rancori, cercherò di esporre l’accaduto facendo uso di un po’ di sana ironia.
Io e il mitico Andrea Mancia abbiamo deciso di accreditarci come addetti stampa per ascoltare l’intervento di Javier Milei il penultimo giorno del raduno giovanile, sabato 14 dicembre. Complice l’infernale traffico romano, il Direttorissimo è arrivato in ritardo e non è potuto venire nel luogo dove il presidente argentino avrebbe pronunciato il suo coinvolgente discorso, la Sala Cristoforo Colombo. Entro nel padiglione intorno alle 18.30 e trovo alcuni amici di Istituto Liberale, uno tra i think tank più vicini agli ideali del mileismo. Mi mostrano una simpatica maglia che raffigura El Loco con le sembianze del Grinch, mentre afferra la sua proverbiale motosega e spaventa un Babbo Natale curiosamente simile a Karl Marx. Poco distante da loro scorgo un sostenitore di Javier Milei originario dell’Argentina.
Facciamo subito amicizia e noto che porta con sé una bandiera di Gadsden, l’emblema della ribellione contro la tirannide e i soprusi istituzionali per antonomasia. Se non conoscete questo simbolo, provate a immaginarlo così: su uno sfondo dorato svetta un serpente a sonagli in atteggiamento difensivo sotto al quale si legge il motto “Don’t tread on me”, ossia “Non calpestarmi”. L’inquilino della Casa Rosada e i suoi ammiratori hanno avuto la geniale intuizione di adottare l’icona della destra americana, rendendola il marchio di fabbrica del movimento libertario albiceleste. È facile imbattersi in una valanga di Gadsden flags ai comizi de La Libertad Avanza, la forza politica fondata dall’economista di Buenos Aires.
Prima di incamminarmi nell’area stampa, situata in prossimità del palco, il pasionario mileiano mi porge una bandiera di Gadsden: “Ho parlato con i volontari e mi hanno detto che è possibile sventolarla. Se Milei la vedesse, capirebbe che noi ancap siamo qui a tifare per lui!”. Appena raggiungo la zona adiacente al podio, il clima passa dall’euforia generale alla tensione. Gli addetti ai lavori osservano stupefatti il rettile disegnato su quel pezzo di stoffa, senza capire bene di cosa si trattasse. Ironia della sorte, nell’arco di pochi secondi sono circondato dalle forze dell’ordine che, dopo avermi sottratto la bandiera, incalzano: “Ci consegni i suoi documenti, ora”. Stentavo a crederci. Un pacifico libertario di simpatie anarcocapitaliste, inoffensivo e refrattario a qualsiasi forma di violenza, che veniva trattato alla stregua di un criminale! Ilaria Salis, scansati. Cosa faccio, dunque? Provo a descrivere agli agenti il significato della bandiera di Gadsden; spiego loro che è un simbolo usato dai libertari statunitensi e cerco, invano, di rievocarne la storia.
Credo che i poliziotti si siano lasciati intimorire dalla visione del crotalo diamantino che campeggia sulla bandiera, il rettile velenoso più grande del continente americano. Benché possa trarre in inganno a causa del suo aspetto inquietante, il serpente in questione attacca solo quando la sua vita è messa in pericolo o quando viene calpestato. La natura ambivalente del crotalo ha spinto il generale Christopher Gadsden a impiegare il serpente a sonagli nella Guerra d’indipendenza come simbolo delle colonie americane, sottoposte alle vessazioni fiscali della madrepatria inglese. Il messaggio “Don’t tread on me” concretizza lo spirito indomito dei rivoluzionari: la Corona britannica continuerà a calpestare i nostri diritti inalienabili, negandoci la possibilità dell’autogoverno? Saremo ancora sudditi di un regime dispotico e liberticida? Vorrete appropriarvi indebitamente dei nostri rifornimenti militari? Fate molta attenzione o risponderemo “mordendo”.
Come immaginavo, il mio excursus storico non ha sortito alcun risultato. “Noi non conosciamo la bandiera, quindi non può usarla. Magari è pericolosa”. Gli agenti hanno identificato anche il giovane argentino, privandolo della bandiera di Gadsden fino alla conclusione del discorso di Javier Milei. Morale: siete dei facinorosi che trascorrono le giornate a occupare gli stabili? Siete dei teppisti pro-Pal che scalpitano per mettere a ferro e fuoco le città, per bruciare i fantocci dei ministri, per urlare slogan antisemiti? Potete dormire sonni tranquilli. Viceversa, desiderate condurre un’esistenza libera dalla coercizione del potere pubblico senza nuocere al prossimo? Preparatevi al peggio. Mala tempora currunt.
di Lorenzo Cianti