martedì 17 dicembre 2024
Sassolini di Lehner
Nella storia del Partito socialista italiano si stagliano tre imperdonabili peccati mortali. Trarsi fuori con suo “né aderire, né sabotare” dalla Prima Guerra mondiale, scelta tra l’idiozia e l’ideologia che comportò tre micidiali conseguenze: 1) Consegnare alla reazione uno dei suoi leader più amati, Benito Mussolini, che aveva lucidamente compreso la follia di uscire dalla storia da parte di un grande partito di massa – lo stesso Antonio Gramsci fu anch’egli mussoliniano interventista;
2) Bolscevizzazione del Partito, benché il riformista Filippo Turati avesse perfettamente profetizzato il disastro antropologico, etico ed economico del leninismo;
3) Il fronte popolare col Partito comunista italiano, con tanto di dollari dal Cremlino sino al 1956.
Nonché la legge di Lina Merlin (20 febbraio 1958) che abolì le case chiuse e il vile abbandono di Bettino Craxi, vero statista e il più grande e moderno dei liberalsocialisti.
Grazie a Matteo Salvini torna di attualità il peccato della socialcomunista Merlin. In nome del femminismo bigotto di Iosif Stalin, che aborrì e condannò il trinomio di Aleksandra Kollontaj (falce-martello-libera ammucchiata), Lina, contro i migliori cervelli del partito, Pietro Nenni compreso – anche il liberale Benedetto Croce si oppose – volle cancellare i casini italici, socialmente utili, senza capire che saremmo precipitati dalle “case chiuse” alle “strade aperte” alla prostituzione selvaggia, animate, per giunta, non più da oneste statalizzate, bensì da poveracce schiavizzate da luridi mercanti di carne umana. Salvini (“Sarei d’accordo a legalizzare la prostituzione con gli opportuni controlli sanitari e a patto che vengano pagate le tasse”) ha aperto il varco. C’è da chiedersi se la classe politica, tuttora invasa da catto-ipocrisia, avrà il coraggio di accogliere il suggerimento di Matteo, inaugurando ultramoderne e fiscalmente utili “case di libero amore” e chiudendo le attuali “strade aperte”.
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I lavoratori di polizia, l’autentico proletariato postmoderno stando agli stipendi e al superlavoro, non piacciono a Maurizio Landini e nemmeno ai compagni, gli opevaisti della Balduina e dei Parioli. Di conseguenza garbano poco anche ai magistrati di lotta e di governo, di talché questi poliziotti, in prima linea per garantire l’ordine pubblico, a costo di prendersi scatarrate in faccia, ingiurie, calci, cazzotti, bombe carta, coltellate e sanpietrini in testa, alla fine devono guardarsi pure dai compagni in toga.
Ogni anno sono circa 60 gli agenti indagati dalla magistratura per aver svolto, a rischio della propria pelle, il loro prezioso lavoro nella difesa dello Stato, della Costituzione e dei cittadini. La stessa magistratura sovietica, pardon, italiana assolve Domenico Lucano, che, parlando con l’assessore Maria Caterina Spanò, dichiara “Sono un fuorilegge io. Sono un fuorilegge. Perché io, per fare la carta d’identità, dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità. In più lei deve dimostrare che abita a Riace… che ha una dimora a Riace… Allora io dico così: non voglio mandare neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità e gli dico: Va bene, va. Sono responsabile dei vigili, la carta d’identità, tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo e gliela facciamo subito la carta d’identità... E proprio per… per disattendere queste leggi balorde, vado contro la legge un po’, vado contro la legge”.
Inoltre, la casta sovietica togata, pardon, faraonica, lavora sodo per complicare la vita dei cittadini italiani, in primis i pendolari. Vedi i giudici del Tar del Lazio, lesti nell’annullare l’ordinanza che riduceva a quattro ore la durata dello sciopero dei trasporti proclamato, guarda caso, per venerdì. Il diritto di sciopero è sacro e intoccabile, quando danneggia il padrone delle ferriere, non quando non sfiora la controparte, ma nuoce all’intera cittadinanza.
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Mio figlio è un geniaccio – infatti, l’eccessiva intelligenza mi suscita dubbi su chi sia il padre biologico – cosicché inventa soluzioni ai problemi di questo pazzo pazzo mondo. Stremato dalla crisi di Stellantis, essendo omonimo, solo di nome non di trans e di cocaina, di uno degli Elkann, s’è impegnato di brutto, al fine di restituire all’automobile il fascino degli anni Sessanta, quando quello sgorbietto, per giunta traballante in curva, di Fiat 600 appariva più attraente e desiderabile di Gina Lollobrigida. Una volta catturata a rate la 600 dallo spasimante regolarmente eterosessuale – all’epoca, direbbe Papa Bergoglio, sul calcare bituminoso circolava meno frociaggine – sussisteva la porcella tradizione di battezzarla non in famiglia, ma, ad esempio, per il neo automunito capitolino, sul lungotevere allora frequentato, a qualsiasi ora del giorno, da signorinelle un tanto a botta.
Oggi, ci sarebbero gli estremi per il pubblico ludibrio e una decina di reati – il Legislatore intontito dalle mode è riuscito a colpevolizzare anche i sacerdoti del triangolo di Venere – ma, allora, certe trasgressioni si configuravano in foggia di peccato veniale, trattandosi di scappatelle coniugate con la gioia di vivere o di sopravvivere. Per noi vegliardi nostalgici quel triangolo fu sacro, venerato e bello, apartitico al punto che non deprimeva per nulla gli ardori virili, neppure se la detentrice fosse iscritta al Pci o alla Cgil.
Se la dava, si prendeva, senza cavillosità ideologiche, riducendo, anzi, con grande piacere, Stalin, Palmiro Togliatti e stalinisti a voyeurs, tali e quali la folla di guardoni di Monte Antenne. Il figlio di padre putativo, cioè di me medesimo, sospinto e ispirato dalle mie lubriche nostalgie, ha individuato la strada per il rilancio dell’automotive nazionale. Niente benzina, diesel, batterie, il motore del futuro sgommerà rombante col pieno di liquido seminale, sostanza prodigiosa contenente fruttosio, selenio, zinco, magnesio, fosforo, potassio e acido ascorbico.
Insomma, quanto basta per far decollare dall’alcova e volare in cielo un erosbus. Se poi si pretendono prestazioni da record, basta aggiungere mosto con i suoi ottani costituiti da proteine, amminoacidi, ammonio, nitrati, nitriti ed altro, capaci di dare l’ulteriore turbo-spinta. Il figliuolo si è rivolto all’ufficio brevetti, per proteggere la bella invenzione, che ha il solo limite di costringere il maschio al coito continuo e a vendemmiare tutti gli anni. L’addetto all’ufficio zeppo di troppa frociaggine – pontefice dixit – ha rifiutato il brevetto: “Lei ci vuol far credere che i treni volano?”. Il geniaccio ha ammesso: “È vero, dai comunisti, dai sindacalisti e dai franceschiellisti ho appreso l’arte di imbambolare milioni di ingenui, però se le facessi pervenire valigie e borsoni zeppi di dollari, sterline, euro, yen, yuan?”. Il dirigente, spalancato il volto al sorriso, replicò: “In quel caso, si può fare. Del resto solo una valanga di yuan può aver spinto quelle teste di pupazzo, cioè gli europallonari, ad imporre agli eurogrulli l’auto elettrica, certo mortale per i metalmeccanici, micidiale per il pianeta e assai più inquinante della sua bio-miscela”.
Amici automobilisti derubati da tasse di circolazione, assicurazioni, accise, autovelox, per giunta ingannati da una miriade di bubbole, se intendete fare il pieno col nuovo carburante, che costa soltanto lussuria militante, partecipate alla colletta a favore del capo dell’ufficio brevetti.
di Giancarlo Lehner