Le durezze del bistrot/cappuccino all’acqua sporca

lunedì 25 novembre 2024


Sassolini di Lehner

Chiedo venia ai preziosi lettori dell’Opinione delle Libertà per aver nel mio ultimo editoriale definito solo “pazzoidi” i magistrati esondanti e “stolti pusillanimi” i legislatori in ginocchio. Avrei dovuto evitare simili eufemismi edulcoranti la realtà ed utilizzare l’intero armamentario di parolacce ricevuto in dono da mamma Roma. Unica mia giustificazione per il mancato turpiloquio al cubo è l’ignoranza. Non ero ancora stato messo al corrente della stramba condanna ad un terrorista: pena  dichiarata estinta, senza essere stata mai scontata. Niente, neanche un minuto dietro le sbarre e la condanna non c’è più.

Non me la prendo con il beneficiario dell’assurda sentenza, cioè con Raffaele Ventura, il comunista di Prima linea condannato per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, 14 maggio 1977 a Milano. Che sia fiero di sé, felice ed in salute migliore di tanti poliziotti feriti dai comunisti proPal. Nel bistrot abituale, si goda pure la libertà, che, invero, non gli è stata mai tolta, visto che la vita di un lavoratore di polizia, secondo il Diritto storto, vale meno del mignolo di un brigatista.

Scaglio invece tutte le male parole a me note, a cominciare da “toga maiala, impestata e figlia di cer-bottana”, alla Corte di Cassazione francese, che nel 2023 ha negato l’estradizione in Italia di Ventura, in nome dei diritti dell’uomo; come a dire che scontare in Italia gli anni di galera per aver tolto la vita ad Antonio Custra  avrebbe configurato lesione al diritto costituzionalmente garantito ai comunisti di ammazzare gli agenti di polizia. Il turpiloquio si accende sino alla stra-maleducazione, quando penso al Legislatore, quel cornutazzo guardone, colui che, per dirla in romanesco, c’ha ‘na caccola pe’ cervello. L’urtima vòrta che se soffiato er naso è rimasto deficiente. Infatti, inserì nel codice penale l’articolo 172 che detta: “La pena si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta”.

Ventura doveva scontare 14 anni, ma essendone trascorsi 28 dalla sentenza passata in giudicato, la giustizia italiana, sulla base del 172, ha certificato l’estinzione della pena. Eppure, il giudice italiano poteva valutare di negare l’estinzione, che non dovrebbe avere luogo nel caso di recidivi e delinquenti abituali, come sono i comunisti combattenti. Comunque, il tiro al bersaglio a colpi di ingiurie puzzolenti se lo merita il Parlamento, a proposito del quale giova ricordare che all’interno di Montecitorio, dal 2006 al 2008, dimorò una targa in ricordo non di un eroico patriota, bensì di Carlo Giuliani, il giovane comunista caduto a Genova, mentre tentava di uccidere un carabiniere. In attesa di una nuova targa, al Senato piuttosto che alla Camera, magari vergata dalla professoressa Donatella Di Cesare in ricordo della br Barbara Balzerani, non resta che incollare ai matti in toga ed ai reietti eletti dal popolo la seguente perla parolacciara: “Sei così str...nzo che se acciacchi ‘na merda fai scopa”.

Ringrazio come sempre il mio alacre suggeritore, nonché instancabile collaboratore Jorge Mario Bergoglio, grazie al quale sforno libri, editoriali, agenzie e post a ritmi industrialiL’ultima imbeccata dal mio pontificio sistema Taylor mi sospinge a sbirciare vita e miracoli del frate cappuccino prescelto in qualità di predicatore della casa pontificia. Non si chiama Pier Paolo, ma Roberto Pasolini, ma forse è come andare dalla padella trasgressiva alla brace ossessiva-compulsiva. L’aggiunta sapida, aromatica e ricca di sugna del pontefice “tutto ed il suo contrario” – dalla troppa frociaggine alla ricerca morbosa di tracce di frociaggine biblica – rinforza il fuoco infernale.

L’investigazione è affidata al predicatore Roberto, nostro benemerito (l’aggettivo inizia la “b”, si badi non con la “p”), che, citando dal vangelo di Luca (Un centurione aveva il suo servo malato, quel servo gli era molto caro), chiosa, anzi delira: “non è sconveniente pensare che vi fosse una relazione... però, se fosse così: Gesù ha fatto l’elogio più grande a chi?” Gesù, insomma, dicendo che neppure in Israele trovò una fede così grande come quella dimostrata dal centurione, avrebbe esaltato il pederasta e il servo passivo, prototipo della coppia omosex. Il cappuccino, dunque, vede frociaggine ovunque, ma non produce mai prove, solo fantasticherie malsane, tipo l’ipotizzato amorazzo tra Gionata e Davide – cfr. Primo libro di Samuele – “Può far piacere pensarlo, però, non c’è scritto”, precisa il frate. Sembra, perciò, esclamare: mannaggia! il Creatore poteva non omettere i succulenti contorni impliciti in quell’amicizia particolare!

Udito e vista traballano davanti ai predicozzi su presunte relazioni omofile di Gesù, demenzialità che il frate attribuisce a non ben identificati altri, ma che il cappuccino le riporta, facendole sue. Siccome una boiata del genere non può avere riscontro alcuno nei sacri testi, ecco che fra’ Roberto s’aggrappa alla reductio ad unum: “Amava Lazzaro, Gesù”, definendola una delle “espressioni molto forti”, che darebbe ragione agli “altri”. Nel vangelo di Giovanni, però, sta scritto: “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro”, dunque non solo Lazzaro, salvo voler sommare un’altra balla blasfema del tipo: Gesù concubino di Marta e della sorella, prova provata di bisessualità e di chissà quante orge.

Il predicatore premiato da Jorge Mario, aggiunge: “Nella Scrittura non c’è nessuna parola che va a colpire quelli che si svegliano e guardano una persona dello stesso sesso e ne provano attrazione. Persone che si trovano a vivere qualcosa a livello emotivo, psicologico da cui non riescono e non vogliono trovare una distanza”. Insomma, credendo d’aver schivato lo scomodo passo della Genesi sulla cancellazione dei sodomiti a getti di fiamme e zolfo, Roberto precisa che non si riferisce all’omosessualità praticata, ma solo desiderata, glissando sul fatto che gli stessi sodomiti non furono bruciati vivi per aver commesso l’atto, ma per averlo bramato (gli abitanti di Sodoma, si affollarono intorno alla casa. Chiamarono Lot e gli dissero: “Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!”).

Il cappuccino, poco latte e troppo caffè di cicoria, corregge Evangelisti, Gesù Cristo e lo stesso Creatore, modernizzandoli e facendoli sfilare sul carro di un gay pride. In verità, la sua morbosità disturba non solo i cattolici. Se Cristo non ha mai apertamente condannato l’omosessualità, non vuol dire che la accettava e la praticava. Gesù, ad esempio, non ha mai condannato i necrofili, tuttavia, il ghanese Sharkur Lucas, il ripugnante satiro dell’obitorio africano (in tivù ha ammesso: “Faccio sesso con i cadaveri”) non è detto che possa sentirsi in grazia di Dio. Per codesta ossessiva ed ottenebrata attenzione all’omosessualità a fra’ Roberto è stato sbattuto in faccia Matteo 6:22-23: “La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra”.

Come a dire che il frate con l’occhio ottenebrato è uno schiaffo al mondo dei veri cattolici, che lo soffrono come un cappuccino allungato con acqua sporca.


di Giancarlo Lehner