giovedì 10 ottobre 2024
Ci sarà la guerra in Iran? In Iran c’è già la guerra, una guerra spietata del regime teocratico, da decenni, contro gli iraniani.
Dall’inizio di quest’anno il regime ha già impiccato oltre 555 persone, di cui 255 dall’insediamento del nuovo presidente, Massuod Pezeshkian, che ancora qualcuno in Occidente chiama “moderato”. Forse, mentre stiamo leggendo queste righe, Israele potrebbe avere già iniziato l’attacco all’Iran, se nel frattempo il presidente Joe Biden non l’abbia convito a desistere, ma sembra molto difficile. Come abbiamo scritto più volte e in tempi non sospetti, il destino della teocrazia al potere prevede la guerra, a patto che accadano due condizioni: che il regime religioso di Teheran pieghi il mondo al suo volere reazionario o che il popolo iraniano e la sua resistenza organizzata lo abbattano prima.
La prima condizione sembra fuori portata mentre alla seconda i Paesi liberi e democratici non credono. Mentre il regime iraniano ha provocato e alimentato una drammatica guerra in Medio Oriente, gli analisti di cui pullulano i mass media occidentali a malapena ricordano il ruolo del padrino e lo sponsor della guerra o che la testa del serpente sta a Teheran. In queste analisi il ruolo della popolazione iraniana, l’ardente fuoco sotto la cenere, è del tutto assente. In Iran, dopo la rivolta popolare di due anni fa a seguito dell’assassinio della giovane Mahsa Amini, l’attenzione dei mass media nei Paesi liberi e democratici si è andata affievolendo, sino ad archiviare il desiderio di cambiamento della popolazione. Appare un Iran abitato dal regime e da quegli adepti di Khamenei che sono andati a sentirlo parlare sulla tomba di Khomeini con il fucile in mano. Forse perché lo slogan “Donna, resistenza, libertà”, che ora risuona, mette in imbarazzo chi pensa che il regime sanguinario di Teheran si rabbonisca per miracolo.
In Iran ci sarà la guerra? In Iran c’è la guerra del regime contro la sua popolazione da 45 anni. Appena sale la probabilità di un intervento di Israele, il regime presidia i punti nevralgici del Paese, soprattutto nella Capitale Teheran, con i suoi pasdaran per reprimere eventuali rivolte interne. In ogni caso il regime iraniano si trova in una crisi senza precedenti. La cura inefficace di Raisi, il presidente boia e obbediente, e le urne disertate per l’elezione del sempliciotto Pezeshkian hanno messo il re nudo abbandonato definitivamente dal popolo, senza risolvere alcun problema del Paese. Il governo di Pezeshkian, messo in piedi dallo stesso Khamenei con il Manuale Cencelli, ha inasprito i non risolvibili contrasti interni, senza dimenticare che il presidente della Repubblica nel regime di velat-e faghih al potere in Iran ha una limitatissima autonomia e soprattutto sulla politica estera un potere pari a zero.
La Repubblica islamica sin dalla nascita ha retto su due perni: la repressione interna e l’esportazione dell’integralismo e del terrorismo all’esterno. Quando con la rivolta del 2022 anche gli occhi miopi delle cancellerie occidentali hanno veduto la fine del regime e la repressione interna ha perso l’efficacia, il regime ha incendiato la guerra in Medio Oriente. I calcoli di Khamenei prevedevano l’attacco micidiale di Hamas e la conseguenza di subire qualche reazione di Israele, come successo molte altre volte. Ma non è andata così. La reazione di Israele è stata la volontà di colpire duramente i tentacoli del drago che ha la testa a Teheran. La dittatura di Teheran è nella trappola della guerra di Gaza, una guerra che ha voluto e fomentato. Ali Khamenei, un fine calcolatore, ha fatto male i suoi calcoli e ha perso strategicamente. Ora sul collo ha il fiato ardente della rivolta del popolo e la minaccia del pesante attacco militare esterno.
La fine del regime è scritta. Perché la strategia del regime “combattere fino all’ultimo sangue del popolo palestinese, libanese, iracheno e siriano per la sua sopravvivenza” non funziona più. La Repubblica islamica oggi più che mai è nella situazione di Zugzwang. Ha usato e sprecato tutte le sue armi strategiche ed è rimasta senza alcuna credibilità e reputazione. Il regime teocratico è alla fine della sua corsa perché ha perso la guerra contro la sua popolazione.
di Esmail Mohades