Ha senso parlare di bambini transessuali?

giovedì 26 settembre 2024


Nei prossimi giorni si terrà un’iniziativa che, fin dal manifesto che l’annuncia, suscita inquietudine. All’Università di Roma Tre il 28 ottobre avrà luogo un “Laboratorio per bambin* trans e gender creative” che ha l’obiettivo di ascoltare e accogliere “le storie di bambin* e ragazz* di un’età compresa tra i 5 e i 14 anni.

Se è già abbastanza assurda l’idea che ci possano essere bambini trans di soli 5 anni, lo è ancor più che l’ipotesi di simili percorsi possa essere proposta a soggetti psicologicamente fragili e quindi facilmente manipolabili. Tutto ciò è ancor più allarmante alla luce di quanto sta avvenendo in tutto l’Occidente, dove una parte significativa delle élite intellettuali vuole minare l’esistenza stessa di una qualche differenza sessuale che separi l’universo femminile da quello maschile. Come nella tragica vicenda dei gemelli Reimer (gestita da uno dei guru della cultura transgender, John Money), l’assunto di base è che ognuno di noi sarebbe in qualche modo una tabula rasa: una realtà indefinita che può essere orientata verso la mascolinità e/o la femminilità utilizzando farmaci e chirurgia; e fin dai primi anni di vita.

Si tratta di una visione antropologica assurda: un’autentica rivolta contro la realtà. Finché si resta nel regno delle opinioni, ognuno è libero di sostenere le tesi più assurde, ma le cose cambiano quando il target di questa prospettiva ideologica sono minori in carne e ossa, colti in una fase nella quale possono esserci innumerevoli ragioni che li portano a richiamare l’attenzione su di sé, senza che necessariamente questo legittimi percorsi di manipolazione tecnologica del loro corpo che in larga misura sono irreversibili. Un bambino può sentirsi insicuro sulla propria identità senza che questo debba portarlo a compiere scelte radicali e intraprendere viaggi senza ritorno.

La locandina sostiene che l’iniziativa ha avuto il consenso del Comitato etico dell’ateneo romano. Il fatto stesso che nelle università vi siano “comitati etici” fa rabbrividire, ma questi sono i tempi; e certo non sorprende che in un’età in cui gli atenei incaricano qualcuno di distinguere il buono dal cattivo, come se ciò fosse possibile sulla base di competenze tecniche, l’esito sia l’avallo a simili iniziative.

Per fortuna, noi italiani arriviamo per ultimi e chi ha aperto la strada sta già comprendendo i guasti causati. Nel Regno Unito, dove in passato si sono avviati percorsi di mutamento di genere contro la volontà dei genitori, s’è deciso di annullare tutto. Negli Stati Uniti sono invece molto attivi gruppi di giovani che – dopo aver subito in tenera età trattamenti che li hanno portati ad abbandonare il loro genere – ora esprimono una dura condanna verso chi ha promosso tutto ciò. Coloro che hanno subito amputazioni non possono certo tornare a essere quello che erano prima, ma ora esigono che si metta fine a questo macello.

Lasciamo che i bambini crescano sotto la guida dei genitori. Quando saranno adulti decideranno della loro vita come vogliono.


di Carlo Lottieri