mercoledì 24 luglio 2024
Nulla ci accomuna a CasaPound. I contenuti politici e culturali su cui fonda l’organizzazione non sono i nostri. Men che meno possiamo accettare l’idea che, parafrasando Carl von Clausewitz, le aggressioni fisiche siano la continuazione della politica con altri mezzi. Tanto basta per condannare senza appello il comportamento violento tenuto, l’altro giorno, da due militanti del circolo torinese “Asso di Bastoni” frequentato da iscritti di CasaPound che hanno picchiato il giornalista de La Stampa, Andrea Joly, reo – a dire degli aggressori – di aver ripreso con il cellulare le immagini della festa che i membri del circolo avevano organizzato sul marciapiedi davanti alla sede dell’associazione.
È stato un atto vile che non ammette giustificazione alcuna. Bel coraggio a mettersi in due contro uno. E poi dicono che loro, i camerati, sono per l’onore, per l’eroismo e per la giustizia. Ma di cosa parlano? Quando si comportano in modo tanto vigliacco dimostrano di non sapere neanche lontanamente cosa sia l’onore. Ciò premesso, diciamo chiaro e tondo che ugualmente ci fa schifo – per gli uditi più delicati: ci provoca disgusto – il teatrino che la sinistra, allenata alla sistematica manipolazione della realtà, ha inscenato per dare corpo alla patetica narrazione del pericolo fascista in agguato grazie alla presenza al Governo di partiti della destra. E ancor più schifo suscita il disgustoso doppiopesismo che la sinistra tutta, senza alcuna distinzione tra moderati e massimalisti radical-chic, applica rispetto alle manifestazioni di violenza a seconda che queste si originino nell’estrema destra o nell’estrema sinistra. Il povero Joly ha rimediato qualche leggera ammaccatura. Ma tanto è bastato a Elly Schlein e compagni per invocare l’intervento del ministro dell’Interno e per reiterare la richiesta di scioglimento di CasaPound. Non altrettanto avviene quando a essere pestati per mano dei delinquenti dei centri sociali e dintorni sono ragazze e ragazzi di destra. Allora le botte vanno bene.
E i teppisti dell’area degli antagonisti che compiono atti sovversivi, che mettono a ferro e fuoco le città durante le loro manifestazioni, che spaccano vetrine e appiccano il fuoco alle autovetture in sosta, cosa sono per le anime belle del progressismo? Semplicemente giovani esuberanti che talvolta esagerano. La galera per i primi e un paterno buffetto per i secondi. D’altro canto, come potrebbe andare diversamente con una sinistra che sfida la decenza candidando al Parlamento europeo una pregiudicata, a processo nell’Ungheria di quel fascista impunito di Viktor Orbàn, con l’accusa di gravi lesioni personali ai danni di un avversario politico? È della neo-eurodeputata Ilaria Salis che stiamo parlando. La premiata ditta “Fratoianni & Bonelli”, durante la campagna elettorale, l’ha mostrata in giro come si porta in processione la Madonna pellegrina. È sorprendente che il Dicastero delle Cause dei Santi della Santa Sede non abbia ancora avviato il processo di beatificazione della resistente (alle Forze dell’ordine) Salis. Una santa Ilaria patrona dei picchiatori e degli spacca-capocce ci starebbe a pennello nel calendario liturgico della Chiesa cattolica.
Bando all’ironia, esiste in Italia una violenza di sinistra che è esponenzialmente più frequente e più pericolosa di quella annidata nell’estrema destra. Eppure, per i “compagni” non vi può essere uguale trattamento nella repressione dei due fenomeni. La verità è che questo Paese reca tuttora le cicatrici mai sanate di un’infezione antica che risale al Dopoguerra e alla sete di vendetta della sinistra nei confronti della destra per la persecuzione subita durante il Ventennio fascista. I più avanti con gli anni, che hanno conosciuto le piazze sessantottine della protesta e della violenza, ricorderanno uno degli slogan più amati dai giovani militanti della sinistra: “Ammazzare un fascista non è reato”. Quelli del Partito democratico, e non solo, adesso giocano a fare i compunti gentiluomini e gentildonne anglosassoni ma se si gratta la scorza vien fuori la genuina natura trinariciuta dei comunisti del bel tempo andato che ai bastoni prediligevano le chiavi inglesi. Allora accade che a Pisa (lo scorso 29 aprile) due studenti, militanti di Azione universitaria, vengano circondati e picchiati e il loro banchetto per la propaganda letteralmente distrutto per mano di un gruppo (o branco?) di dieci “bravi ragazzi” appartenenti ai Collettivi studenteschi e che nessuno a sinistra emetta un sibilo di solidarietà con gli aggrediti e di condanna degli aggressori. Niente prime pagine sui giornaloni; niente apertura dei tiggì; niente interrogazioni parlamentari urgenti; niente Anpi; niente sventolio di bandiere arcobaleno; niente cortei per la pace e contro la violenza; niente inginocchiamenti alla Laura Boldrini per chiedere scusa del torto provocato a quei ragazzi la cui unica colpa è stata distribuire volantini per far conoscere la posizione della loro organizzazione studentesca – di destra – sui problemi legati al diritto allo studio.
É solo un esempio, ne potremmo citare migliaia di fatti simili accaduti in questi ultimi anni con le medesime modalità esecutive della spedizione punitiva di Pisa. Siamo drammaticamente fermi a cinquant’anni fa: far fuori uno di destra non è reato. Al contrario, lo è – e dei più gravi – se a colpire è un “fascio”. Per inciso, nell’immaginario delle “zecche rosse” dicasi “fascio” chiunque militi o abbia simpatie per un partito di centrodestra, Forza Italia compresa. E poi, c’è qualcos’altro di indigeribile nel comportamento della sinistra. È ormai un riflesso condizionato, pavloviano, sintomatico dell’appartenere al campo progressista, chiedere a gran voce, ogni qualvolta si verifichi un seppur lieve caso di violenza ai danni di un “compagno”, lo scioglimento per mano governativa delle organizzazioni di estrema destra. Mai che chiedano il medesimo rigore nei confronti delle organizzazioni antagoniste dell’estrema sinistra quando i suoi militanti vengono beccati con le mani nel sacco della violenza politica. Posto che per un liberale l’idea di vietare a qualcuno di organizzarsi allo scopo di manifestare le proprie idee sia semplicemente inaccettabile, bisogna stare attenti al metodo autoritario che la sinistra utilizza per colpire il nemico politico. Reprimere le idee non è mai una buona cosa. Si perseguono le azioni penalmente sanzionabili e per farlo ci sono giudici e forze dell’ordine. Le idee invece, anche le più strampalate, non meritano di finire in catene, come vorrebbe la sinistra convinta che in una società complessa debba trovare spazio una sola verità riconosciuta. Ovviamente, la sua. Un tale spirito autoritario e illiberale, che si maschera alla pubblica opinione ammorbando l’aria con parole consunte quali “antifascismo” e “Resistenza”, è davvero incredibile. Riesce a farci prendere le parti di CasaPound anche quando verso i suoi facinorosi militanti avremmo di regola desiderato spendere soltanto parole di condanna. E di sdegnata riprovazione.
di Cristofaro Sola