Condono, amnistia, indulto: la demonizzazione semantica

giovedì 18 luglio 2024


Ora che servirebbero come l’aria per fare spazio nelle nostre carceri medievali, concetti come “amnistia” e “indulto” sono pressoché invendibili alla pubblica opinione a causa della “demonizzazione semantica” che i media – più o meno ammiccanti al manettarismo di “Mani pulite” e, in seguito, al populismo plebeo para-grillino – ne hanno fatto negli ultimi tre decenni. E anche il termine “condono” sarebbe tabù, se non servisse persino a quelli di sinistra, da ultimo lo stesso Partito democratico di Elly Schlein. Questa demonizzazione mediatica e terminologica ha ovviamente creato dei paradossi mostruosi: amnistia e indulto sono previsti dalla Costituzione. E anche la sciagurata decisione di aumentare il quorum per la loro approvazione a due terzi dei membri del Parlamento non rende questi due istituti solo virtuali, se la politica accettasse di prendersi le proprie responsabilità di fronte a questa epidemia suicidaria, sia dei detenuti ristretti sia delle guardie carcerarie che li sorvegliano e lavorano, a loro volta, in ambienti “disumani e degradati”. Oltre che degradanti.

È una vecchia ma ancora importantissima battaglia radicale portata avanti per decenni da Marco Pannella. Tanto è vero che i vari esponenti della galassia che fu radicale ancora per quello si battono. Da Rita Bernardini e Sergio D’Elia di “Nessuno tocchi Caino” a Maurizio Turco e Irene Testa del Partito radicale vero e proprio. Se si vanno a leggere i lavori preparatori della Costituzione, il consenso quasi unanime all’istituzione dell’amnistia e dell’indulto, di emanazione parlamentare – al contrario del regime fascista che li prevedeva, anche piuttosto spesso, ma di emanazione governativa e quindi soggetti a tutte le arbitrarietà immaginabili – veniva motivato così: gli umori della magistratura e della giurisdizione “sono come un pendolo”. Le carceri si svuotano o si riempiono “a seconda della direzione di questo pendolo”.

La scoperta dell’acqua calda, se vogliamo, ma la politica di allora aveva il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e di decidere di conseguenza. Fregandosene altamente degli editoriali indignati dei sepolcri imbiancati dell’epoca, che pure esistevano numerosi. Oggi no. Se qualcuno accarezzasse di avvalersi dei due istituti – previsti dalla Costituzione – per deflazionare il sovraffollamento carcerario, sa già che dovrebbe fare i conti con i giornali che ammiccano per convenienza al populismo, a destra e a sinistra, con i talk-show montati ad hoc. E, soprattutto, con una classe politica tremebonda, che si riconosce nell’urlo bracardiano “in galera!”.

Risultato? I condoni si fanno a “umma umma” perché giovano anche alla sinistra, mentre amnistia e indulto non si faranno mai, poiché tutta la politica teme la perdita del consenso. Ed è meglio che perdano la vita coloro che si suicidano – agenti o detenuti che siano, secondo questa ottica un po’ infame – che i voti dei partiti. Vuoi di opposizione, vuoi di Governo.


di Dimitri Buffa