Giorgia Meloni ago della bilancia nell’Ue

martedì 11 giugno 2024


Nel celebrare la vittoria elettorale del Partito popolare europeo, Ursula von der Leyen ripropone una Commissione di Governo dell’Ue sostenuta da partiti di sicura fede europeista. Include, tra questi, i Conservatori riformisti di Giorgia Meloni, con la quale ha lavorato con profitto da quando l’italiana è presidente del Consiglio. La stessa candidata popolare alla presidenza della Commissione, invece, esclude accordi con la destra di Marine Le Pen, cioè Identità e Democrazia. È un piacere ricambiato, perché la francese ha sempre dichiarato di non volerla alla guida dell’esercito comunitario.

Marine Le Pen, a sua volta, si rivolge proprio a Giorgia Meloni, per chiederle di fondere i Conservatori e Riformisti con Identità e Democrazia in un’unica grande destra. La quadra la trova, forse, Nicola Procaccini. Del resto, il meloniano è l’inossidabile organizzatore del convegno di Norcia dei conservatori, dal quale uscì il programma elettorale dai valori “benedettini”. Nell’Unione europea, e all’assemblea del Parlamento europeo, egli rileva che non esistono, come spesso fantasticano i mezzi di comunicazione sociale, maggioranze precostituite. Non è così. Le maggioranze si formano in occasione di ogni voto, persino per ogni emendamento. Il presidente della Commissione è proposto dal Consiglio dei ministri nazionali, dopodiché viene approvato dall’assemblea del Parlamento europeo.

L’elezione di Ursula von der Leyen, la scorsa legislatura, non fu votata dai Verdi, ma essi furono determinanti per i caratteri della politica ambientale, tanto per fare un esempio eclatante. Ciò apre alla possibilità, per i Conservatori-Riformisti, di collaborare sulle politiche nelle quali von der Leyen è venuta sulle posizioni di Meloni, da quando è premier. E, contemporaneamente, mirare a unificare la destra. Il tutto, però, sarebbe bene che avvenisse, diciamo noi, su una base ideale chiara, portata all’opportunità di un intergruppo paneuropeo, a cui potrebbero aderire i Popolari come gli “Identitari”. Tutti, comunque, conservatori della plurale identità europea.


di Riccardo Scarpa