venerdì 7 giugno 2024
Quella intrapresa da L’Opinione delle Libertà in tema di locazioni commerciali è senza dubbio un’iniziativa più che meritoria. Le ragioni alla base di questa battaglia culturale ancor prima che politica, la quale punta a portare in Parlamento una proposta di legge popolare, sono numerose e vale la pena di evidenziarne alcune.
La proposta di liberalizzare gli affitti diversi da abitazione (negozi, laboratori, magazzini, uffici e via dicendo) ha innanzitutto il merito di difendere la proprietà. In effetti, l’intenzione è eliminare una serie di norme che sottraggono al titolare la possibilità di locare per brevi periodi oppure per usi diversi da quelli definiti dalla normativa e dalla classificazione degli immobili. Un mercato rigido e predeterminato nei suoi esiti, potrebbe quindi veder fiorire molte soluzioni diverse: ritagliate sulle esigenze dei soggetti coinvolti. Ormai viviamo in un mondo in cui posso essere il legittimo proprietario di un appartamento, ma al tempo stesso non sono autorizzato a locarlo secondo le condizioni che più mi aggradano e che anche chi è interessato a disporre di quel bene è disposto ad accettare. L’idea è di voltare pagina.
La violazione dei diritti di proprietà coincide con un’erosione dell’autonomia negoziale. Poiché quel bene è a mia disposizione soltanto nei ristretti confini definiti dal complessivo normativo, ne discende che tutta una serie di soluzioni contrattuali che emergerebbero per rispondere alle preferenze degli attori, risultano impossibili. Molti contratti, di conseguenza, non hanno luogo e – come spiega la teoria economica – ogni contratto volontariamente sottoscritto avvantaggia entrambi i partecipanti. Ne discende che ogni regolazione, nel momento in cui ostacola gli scambi, finisce per impoverire la società.
Questo significa che quando proprietà e contratto vengono marginalizzati, le conseguenze negative sono molto pesanti pure sul piano economico. Quando l’unico modo che è consentito di ricavare un reddito da un immobile consiste nel locarlo per ben dodici anni, è normale che molti proprietari decidano di non porlo sul mercato. Questo mostra assai bene che un sistema vincolistico che – a parole – dovrebbe essere a favore degli affittuari (in questo caso, le imprese), nei fatti produce un aumento dei prezzi e quindi penalizza un po’ tutti.
In linea di massima, lo squilibrio giuridico tra proprietario e affittuario è giustificato a partire dall’idea che il proprietario sarebbe la parte forte e il conduttore la parte debole. Se questo spesso è falso nel caso degli immobili a uso abitativo, lo è ancor di più quando si parla di negozi, uffici, capannoni, autorimesse, laboratori e altro. Ovviamente ogni disparità nel reddito e nel patrimonio non giustifica che uno sia discriminato dalla legge per favorire l’altro; anche se fosse vero che ogni proprietario è più ricco dell’impresa che si rivolge a lui, la regolazione sarebbe illegittima. Ma per di più è tutto da dimostrare che il proprietario di un negozio sia più ricco dell’impresa che si è indirizzata a lui per locare quello spazio. Spesso, a ben guardare, è proprio vero il contrario.
In conclusione, il sistema attuale viola sempre i principi fondamentali del diritto; ostacola lo sviluppo di un’economia di mercato aperta e dinamica; e infine in varie circostanze opera non soltanto una redistribuzione arbitraria, ma per giunta a danno dei più poveri e a favore dei più ricchi. C’è soltanto da sperare, di conseguenza, che molti avvertano l’importanza della posta in palio e diano il loro sostegno a questa più che lodevole iniziativa.
di Carlo Lottieri