venerdì 24 maggio 2024
Sempre più spesso si assiste a scene avvilenti dove nel corso di interventi carabinieri e agenti di polizia vengono oltraggiati in modo mortificante.
Video che quasi quotidianamente vengono diffusi mostrano immagini di carabinieri presi a schiaffi durante un controllo, di immigrati senza identità che orinano sulle auto della polizia o vi saltano sopra, di individui che sputano agli agenti e profferiscono frasi offensive.
L’indignazione si trasforma in incredulità quando si viene a conoscenza che gli autori di questi episodi dopo poche ore sono liberi di circolare rendendosi il più delle volte irreperibili.
Ripercorrendo recenti cronache, ad Arezzo un giovane ghanese che ha preso a morsi l’orecchio di un carabiniere intervenuto a chiedergli le generalità non ha fatto neppure un giorno di carcere perché il giudice, in attesa del processo che si terrà il prossimo 26 giugno, non ha emesso misure cautelari se non il divieto di allontanamento dalla città, chiesto dal pubblico ministero.
A Padova gli agenti di una volante intervenuti per identificare un giovane nordafricano che stava lordando il marciapiede di fronte ad un bar sono stati aggrediti da un connazionale, già noto alle forze dell’ordine, che li ha minacciati e offesi, reagendo ancor più violentemente ad una pattuglia accorsa in aiuto. Arrestati per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, attenderanno il processo senza alcuna misura restrittiva.
Carabinieri e agenti di polizia peraltro stanno intervenendo con maniere sempre più delicate per il timore che l’interpretazione del labile confine del giusto uso della forza possa tradursi in procedimenti giudiziari a loro carico.
Così non è in altri Paesi europei ove l’esercizio della potestà pubblica è oltremodo tutelato e non è consentito lederne il prestigio rappresentato dalle forze di polizia. Chi va in Francia, in Spagna o in Germania e aggredisce un gendarme o un agente non pensi di cavarsela con una semplice ammenda.
In Italia il reato di oltraggio a pubblico ufficiale prevede attualmente una pena da sei mesi a tre anni mentre quello di resistenza, che consiste nell’usare violenza o minaccia per opporsi al compimento dell’attività di un pubblico funzionario, prevede una pena da sei mesi a cinque anni.
Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Oltre agli agenti di polizia lo sono ad esempio gli ufficiali giudiziari, i tecnici comunali, gli ispettori sanitari e via dicendo.
Appare chiaro che in relazione al rischio e alla conseguente tutela non si possa mettere sullo stesso piano il carabiniere o l’agente di polizia ogni giorno chiamati ad intervenire in situazioni critiche e un tecnico comunale i cui accertamenti raramente generano azioni di resistenza.
Il legislatore dovrebbe, pertanto, intervenire con una differenziazione delle fattispecie criminose, lasciando immutate le attuali previsioni di reato di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e creando nuova specifica previsione recante l’oltraggio e la resistenza ad agente di pubblica sicurezza in servizio. Dovrebbe agire soprattutto sul minimo della pena edittale portandolo ad una soglia che non consenta benefici applicabili a discrezione del giudice.
Sarebbe un gesto di riconoscenza nei confronti di chi oggi si sente demoralizzato per l’inutilità degli interventi che compie poche volte valorizzati dall’applicazione di misure cautelari necessarie anche ad innalzare il livello di sicurezza percepita.
Con la remora della restrizione in carcere molti individui dall’identità difficilmente controllabile rifletterebbero maggiormente prima di umiliare un agente sicuri di una quasi certa impunità.
di Ferdinando Fedi