Toga sovrana

giovedì 16 maggio 2024


Sassolini di Lehner

Donatella Di Cesare, riferendosi al ministro Francesco Lollobrigida, lo definì “governatore neohitleriano”. Venne querelata. La professoressa, del resto, non è una che riesca a controllarsi. In morte della pluriassassina Barbara Balzerani, brigatista mai pentita, Di Cesare scrisse: “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”. Quindi, dimentica degli amorosi sensi nazicomunisti tra Stalin ed Hitler, la nostra militante real-socialista taglia e cuce per altri odiose divise nazional-socialiste.

Ora, un giudice ha stabilito che dare del neonazista ad un legittimo ministro della Repubblica non è diffamante. Tale giudizio potrebbe autorizzarci a dare del Gauleiter hitleriano anche a tutti i membri delle istituzioni, magistrati compresi, che ci siano sgraditi. Non mi garbi, ergo sei brutto, sporco e nazista. Non so se, privi della patente di “compagno”, saremmo assolti; anzi, temo che saremmo condannati come seminatori di odio.

La sentenza favorevole alla sodale di Balzerani mi fa tornare alla mente Antonio Bevere, sostituto procuratore del Tribunale di Milano, che diede la linea a Magistratura democratica con la seguente idea-forza: “Il capitalismo è il vero nemico della democrazia”.

In gara con il Diritto anticapitalista di Milano ricordo la componente capitolina di Md, capeggiata da Luigi Saraceni. Le toghe rosse romane tirarono fuori la balla delle Br come montatura creata ad arte da apparati deviati dello Stato. Brigate rosse? No, nere. Luigi Saraceni, deputato per due legislature, Ds e Verdi, in seguito, riesaminò criticamente il fondamentalismo maoista di Md – il processo di linciaggio negli stadi cinesi fu considerato il massimo della “giustizia giusta” – colpito e travolto dall’arresto e dalla condanna della figlia Federica per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona.

Torna alla memoria anche Francesco Tolin, direttore della rivista Potere operaio, che pubblicò un programma d’azione intitolato “Sì alla violenza operaia”. Tolin fu condannato a 17 mesi di carcere. A parte i 60 giornalisti antisistema pagati, però, dal sistema, cioè dalla Rai, sottoscrittori di un appello per l’immediata scarcerazione di Tolin, è passato alla Historia delle ignominie nazionali il delirante ordine del giorno dell’assemblea di Md a proposito di “un disegno sistematico operante con vari strumenti e a vari livelli, teso a impedire a taluni la libertà di opinione”. Incitare alla lotta armata, dunque, fu equiparato dalle toghe rosse ad espressione garantita dalla Costituzione del pensiero.

Non so se il giudice che autorizza a dare del neonazista ad un ministro appartenga a qualche corrente – tra i magistrati vige la tanto criticata, per i politici, partitocrazia – tuttavia mi fa pensare alla giurisprudenza alternativa, variamente teorizzata (e praticata) con tanto di filosofemi e accrocchi semantici.

Vale la pena di citarne alcuni: “... l’opera del giudice è per definizione estranea alla logica dell’obbedienza, è fedeltà intrisa di disobbedienza; è rifiuto di burocratismo e di conformazione, è sovranità diffusa, e dunque, necessariamente, fedeltà pluralistica, segnata dalla dialettica e dal confronto; e quindi fedeltà che è conquista, e non rassegnazione all’unica soluzione possibile... la giurisprudenza alternativa è consistita nella traduzione, sul piano giurisprudenziale, delle posizioni di non subalternità al sistema...”.

Ben venga, ammesso e non concesso che la politica ne abbia il coraggio, una riforma della giustizia capace di conciliare la “sovranità diffusa” delle toghe col libero mercato e la liberaldemocrazia.


di Giancarlo Lehner