martedì 30 aprile 2024
Intervistata da Corrado Formigli a Piazzapulita, programma in onda su La7, Elly Schlein è apparsa in evidente difficoltà, nonostante dispensasse ad ogni domanda raffiche di sorrisi al conduttore.
In sostanza, la segretaria dem ha confermato l’impressione di una giovane molto volenterosa che, tuttavia, è alle prese con un compito che appare per lei abbastanza proibitivo. Ciò soprattutto in considerazione del suo retroterra culturale di una sinistra radicale che mal si concilia con le tante anime di una formazione politica che da sempre ambisce a governare il Paese. Un partito il quale, vorrei ricordare, non rappresenta una diretta emanazione del vecchio Partito comunista italiano di Enrico Berlinguer, bensì la fusione dei suoi eredi e di alcune significative componenti laiche e cattoliche derivanti dalle esperienze politiche di alcuni grandi partiti della cosiddetta Prima Repubblica. In questo, la scelta di inserire il volto dello stesso Berlinguer nelle nuove tessere del Pd, richiamandosi implicitamente all’Araba Fenice della questione morale, conferma decisamente lo spostamento a sinistra di un partito che nasce dichiaratamente come una forza di centrosinistra, o tutt’al più di una sinistra moderata.
D’altro canto, i punti programmatici prioritari della Schlein (salario minimo, sanità pubblica e svolta green dell’economia) sono assolutamente coerenti con il nuovo posizionamento del Pd, che ovviamente va ad intrupparsi con i tanti partitini che orbitano alla sua sinistra. Ma il colpo di grazia al precedente Pd costruito da Walter Veltroni, il quale prese a modello quello americano, la Schlein lo ha dato riproponendo con grande enfasi la trita retorica resistenziale fondata su una ossessiva e ossessionante propaganda antifascista fondata sul nulla, visto che il fascismo è letteralmente evaporato quasi ottant’anni fa.
In pratica insistendo sul fatto che “l’antifascismo va praticato tutti i giorni”, la nostra si avvicina moltissimo alle tesi delle componenti più radicali della sinistra, secondo cui in Italia sarebbe in atto una strisciante deriva autoritaria. Si tratta a mio avviso di un grave errore di comunicazione da parte della Schlein, frutto proprio dei trascorsi di leader movimentista, che allontana ancor più dal suo partito tutte quelle persone che, pur appartenenti all’area progressista, hanno le scatole piene di questo eterno antifascismo – senza il fascismo – di maniera, il quale sembra nascondere una desolante mancanza di proposte politiche degne di questo nome. In estrema sintesi, un vero e proprio vuoto – a perdere – di idee elettoralmente spendibili.
di Claudio Romiti