lunedì 15 aprile 2024
Sassolini di Lehner
Si vergognano di dichiararsi comunisti e spendono una miriade di etichette con altri ismi e isti. Volendo vincere un Premio Strega, basta vergare una cruenta prosa antifascista, giustificando e onorando non le vittime di Acca Larentia, ma i santissimi carnefici. Se vuoi ricevere un affettuoso messaggio dal Quirinale, è fondamentale armarsi e partire per l’estero, dove testare la falce e il martello sulle teste presunte fasciste dei passanti. Da megalomane quale sono, per beccarmi il Pulitzer – e subito dopo il Nobel – mi accingo a esaltare i partigiani comunisti che, a guerra ormai finita, assassinarono oltre 130 sacerdoti colpevoli di credere a Cristo e non a Stalin. Di passaggio, i miei beniamini uccisero pure qualche migliaio di persone tacciate come nemiche del popolo... sovietico.
Ho in mente di scrivere che si trattò di assassini generosi e infaticabili, perché questa brava gente dal gran cuore marxista-leninista, sognando di passare dal buio autoritarismo fascista al paradisiaco totalitarismo comunista, sudarono sette camicie per fucilare, mitragliare, infoibare, sacchettare, strangolare, pugnalare, squartare. Insomma, una benemerita faticaccia per il sole dell’avvenire, vedi lo sforzo titanico per eliminare il sedicenne Rolando Rivi, sequestrato il 10 aprile 1945. Saltando i pasti e senza cedere alla borghese pennichella, per 72 ore si dedicarono anima e corpo a torturare quel mascalzone di ragazzino, oscenamente rivestito dalla tonaca di seminarista. Così giovane e così cattolico, poteva mai venir risparmiato? Alla fine, i buoni macellai, stanchi morti, non avendo più energie per continuare il massacro, riempirono di piombo antifascista il perfido cristiano. Fece epica eco al revolver la sentenza di morte urlata dai vendicatori: “Domani, un prete di meno”. Ecco già scritto il mio romanzo vincente, il cui nobile titolo è: Uccidere chi non è comunista non configura reato, bensì merito.
Essendo più ignorante di una capra, anzi più somaro degli antifascisti deliranti di oggi, nulla conosco degli amorosi sensi tra comunisti e fascisti. Ignoro, ad esempio, la lettera sottoscritta da Palmiro Togliatti e dall’intero gruppo dirigente del Partito comunista italiano rivolta ai “fratelli in camicia nera”. Non conosco e conoscendolo, lo dimenticherei – altrimenti, non potrei essere tanto ferocemente antifascista – il seguente brano della missiva (1936): “Solo la unione fraterna del popolo italiano, raggiunta attraverso la riconciliazione tra fascisti e non fascisti, potrà abbattere la potenza dei pescicani nel nostro Paese e potrà strappare le promesse che per molti anni sono state fatte alle masse popolari e che non sono state mantenute. (…) I comunisti fanno proprio il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori… Fascisti della vecchia guardia! Giovani fascisti! Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi. Lavoratore fascista, noi ti diamo la mano perché con te vogliamo costruire l’Italia del lavoro e della pace, e ti diamo la mano perché noi siamo, come te, figli del popolo, siamo tuoi fratelli, abbiamo gli stessi interessi e gli stessi nemici, ti diamo la mano perché l’ora che viviamo è grave, e se non ci uniamo subito saremo trascinati tutti nella rovina. Ti diamo una mano perché vogliamo farla finita con la fame e con l’oppressione. È l’ora di prendere il manganello contro i capitalisti che ci hanno divisi, perché ci restituiscano quanto ci hanno tolto”.
Inoltre, non sono per nulla edotto sul fidanzamento tra Iosif Stalin e Adolf Hitler, che gli spioni di destra riducono a “patto Molotov-Ribbentrop”. Chiudo tutti e due gli occhi davanti ai delatori che raccontano verità indicibili, tipo che l’amicizia nazicomunista comportò la spartizione della Polonia; quindi, milioni di vittime, distruzione, catastrofi, tutte le lacrime e le barbarie della Seconda guerra mondiale. Non intendo sapere che Stalin fece il grazioso dono ad Hitler – destinazione camere a gas – di centinaia di ebrei detenuti in carcere o nei gulag. Tantomeno mi interessa sapere della virata filonazista di Togliatti che, a mezzo stampa, raffigurò Hitler come un agnellino aggredito dagli alleati “imperialisti e guerrafondai”. Ignoro, per giunta, che i comunisti italiani si reinventarono in foggia di antifascisti e antinazisti solo quando, il 22 giugno 1941, Adolf, l’ex agnellino, rivolse le armate naziste contro l’Unione sovietica, la vera amata Patria dei compagni italiani.
Si dirà: ma perché, caro romanziere, hai tanta sete di sconoscenza? Non sapendo nulla delle profonde consonanze e affinità tra fascisti e comunisti – vedi le migliaia di fascistissimi diventati in 24 ore comunistissimi e antifascistissimi – sono autorizzato a continuare nel mio truculento delirio di partigiano più violento e spietato dei macellatori del sedicenne Rolando Rivi.
di Giancarlo Lehner