sabato 23 marzo 2024
Quando si comprenderà, anche in Italia, che la strada per far funzionare il mercato degli affitti è quella della libertà e non quella del vincolismo?
Sembra formulare questa domanda, Javier Milei, quando rilancia sui social network l’articolo de L’Opinione delle Libertà – a firma di Sandro Scoppa – nel quale si dà conto degli effetti positivi cui ha dato luogo la riforma liberalizzatrice inserita dal Presidente dell’Argentina nel suo primo mega decreto d’urgenza per rilanciare l’economia del suo Paese.
Controllare gli affitti, distruggere l’economia. Recita così il titolo del volume che ha inaugurato pochi anni fa la “Biblioteca della proprietà”, la collana editoriale promossa dalla Confedilizia. “Con misure dannose per tutti, a iniziare dagli inquilini”, era il sottotitolo del libro. Sì, perché quello che in troppi continuano a non comprendere, o a fingere di non comprendere, è che la libertà di contrattazione non sarebbe (in Italia, come in molti altri Paesi, occorre utilizzare il condizionale) una situazione di favore per i proprietari, ma un vantaggio per entrambe le parti del contratto, conduttori in primis. Come l’esperienza dell’Argentina sta dimostrando.
Ma tant’è. Nel 2024, la mentalità corrente è ancora quella che vede nel proprietario il ricco e nell’inquilino il povero, nel primo il prevaricatore e nel secondo la vittima. Come se non si trattasse di un rapporto sinallagmatico – come dicono i giuristi – del tutto assimilabile agli altri che animano la vita delle persone e lo svilupparsi della società. Io ti faccio usare la mia casa, tu mi dai dei soldi: semplice. No, questo schema vale per tutto tranne che per gli affitti.
Basti pensare a quanto si è costretti a leggere in una delle quasi duecento pagine della famigerata direttiva “case green”, con la quale il legislatore europeo mirerebbe a trasformare il Vecchio Continente in un’oasi CO2-free. “Fatte salve le rispettive politiche economiche e sociali nazionali e i sistemi di diritto in materia di proprietà, gli Stati membri affrontano la questione dello sfratto delle famiglie vulnerabili causato da aumenti sproporzionati dei canoni di locazione a seguito della ristrutturazione energetica del loro edificio o della loro unità immobiliare residenziale”.
“Aumenti sproporzionati”, scrivono proprio così. Come se la “proporzione” di un prezzo stabilito dalle parti in un regime di libero mercato potesse essere giudicata dal super-Stato europeo. Ma poi continua, sempre la direttiva: “Nel fornire incentivi finanziari ai proprietari di edifici o unità immobiliari per la ristrutturazione di edifici o unità immobiliari affittati, gli Stati membri mirano a incentivi finanziari che vadano a beneficio sia dei proprietari che dei locatari. Gli Stati membri introducono misure di salvaguardia efficaci per proteggere in particolare le famiglie vulnerabili, anche fornendo sostegno locativo o imponendo limiti agli aumenti dei canoni di locazione”.
Chiaro il concetto? Noi ti costringiamo a fare lavori costosi sul tuo immobile, ma se tu ti permetti di considerare queste spese al momento della fissazione del canone, lo Stato te lo deve impedire. Perché – è il sottinteso – tu sei benestante e te lo puoi permettere, il tuo inquilino no. Questo è il clima, purtroppo, e questo è il modo di legiferare in Europa. Ben venga, quindi, “la rivoluzione copernicana di Javier”, per usare il titolo dell’articolo di Scoppa. E speriamo sia contagiosa.
(*) Presidente di Confedilizia
di Giorgio Spaziani Testa (*)