mercoledì 28 febbraio 2024
Sassolini di Lehner
In Sardegna il centrodestra stravince (48,8%) sul “campo largo” (42,6%), ma perde la Regione. Il paradosso ha una spiegazione solare: Giorgia Meloni si è schiacciata sulla tradizionale ragion pratica di sinistra. Infatti, è sdrucciolata sulle scalinate dell’amichettismo, imponendo la candidatura di Paolo Truzzu, che, con tutto il rispetto per un perdente naturale, lascia tatuaggi e penne proprio a Cagliari, dove non offrì il meglio di sé come sindaco. Regalare il primo posto al terzultimo classificato tra i primi cittadini dei Comuni capoluogo di provincia sarà pure stato un omaggio al De amicitia, ma, dal punto di vista politico, configurò un masochistico Cupio dissolvi. L’amichettismo, peraltro, rimanda al vizio di tutti i politici italiani, giammai alieni da parentopoli e dal familismo più o meno amorale. Tutta colpa non di Giorgia, bensì del voto disgiunto? No, non è vero, trattandosi di scusante echeggiante il vano arrampicarsi sugli specchi. Il voto disgiunto, stando ai numeri, non riguarda affatto soltanto la probabile nemesi leghista, ma interessa una più ampia percentuale di elettori di centrodestra, che disistimano a tal punto Truzzu d’aver corso coscientemente il rischio di perdere la Regione.
Il passo falso isolano, certo, non mette a rischio l’Esecutivo, eppure la Meloni dovrà cominciare a scrollarsi di dosso anche il ruolo di prima della classe nella scolaresca di Joe Biden. Un conto è dare armi a Kiev per parare gli attacchi dell’aggressore russo, un altro continuare a regalare miliardi, che rischiano di finire in gran parte nelle mani degli oligarchi ucraini e non solo. L’Ucraina, dovrebbe saperlo anche Giorgia, è devastata dalla corruzione interna, esterna e globale, oltre che dalla guerra. Sono, tuttavia, sicuro che Giorgia, non facendo di cognome Mourinho, saprà, qui e subito, rivedere gli strafalcioni commessi in Sardegna, dedicandosi con maggiore acribia a mettere in campo la squadra migliore: più meritocrazia, meno amichettocrazia. In fin dei conti meglio Dux – tutti scordano che fu il proletariato socialista a chiamare Duce il compagno Benito Mussolini – che Trux in difesa di un giornalista pallonaro cacciato da Sky. In quanto, alla secchiona acritica, che, attualmente, apprende a memoria le lezioni del professor Biden e gli appunti di viaggio a Kiev del figlio Hunter, non basterà attendere le elezioni presidenziali statunitensi per cambiare atteggiamento. Dovrebbe farlo prima.
di Giancarlo Lehner