lunedì 29 gennaio 2024
I meno giovani come il sottoscritto ricorderanno che durante la Prima Repubblica non andava certo di moda proclamarsi di destra. Tant’è che per un lunghissimo periodo i vari esponenti “democratici” del sistema consociativo, in cui di fatto Governo e opposizione si spartivano incarichi e poltrone, consideravano pubblicamente il Movimento sociale italiano un partito che non rientrava nel cosiddetto arco costituzionale, in quanto erede di quel fascismo che aveva condotto il Paese verso la catastrofe. Fu proprio con la famosa discesa in campo di Silvio Berlusconi che, grazie all’intuito di quest’ultimo, la destra italiana fu rapidamente sdoganata, uscendo per sempre dal Purgatorio politico nel quale le forze resistenziali l’avevano condannata a restare per decenni. Tant’è che, malgrado molta acqua sia già passata sotto i ponti dell’Arno da qual fatidico 1994, ancora oggi la sinistra italiana di quando in quando e con parecchie sfumature di nero, per così dire, cerca di demonizzare la cultura politica di destra. Cultura politica che, vorrei ricordare, ha assunto nel corso del tempo diverse e a volte contrastanti declinazioni.
Ebbene, venerdì scorso, ascoltando un interessante dibattito durante L’Aria che tira, talk show condotto su La7 da David Parenzo, abbiamo appreso che, oltre alla destra e all’estrema destra, esiste anche l’estremissima destra. Ce lo ha spiegato, senza peraltro definirne le caratteristiche peculiari, Elisabetta Gualmini, parlamentare europea del Partito democratico e attuale vicepresidente del Gruppo dei socialisti & democratici. Tutto questo prendendo spunto dalla dilagante protesta dei coltivatori, che pure in Italia sta facendo sentire le sue ragioni e che, a parere dell’esponente dem, verrebbe fortemente strumentalizzata proprio dalla citata estremissima destra. Una strumentalizzazione che in Italia, a suo dire, vedrebbe in prima linea Matteo Salvini, leader della Lega, ma che, bontà sua, per ora apparterebbe alla ben più “moderata” estrema destra. Insomma, al di là della complessa questione legata alla medesima protesta, la quale chiama in causa decenni di politiche a dir poco discutibili imposte agli agricoltori dall’Europa, ancora una volta emerge l’antico vizietto dei democratici compagni caratterizzato dal distribuire patenti di costituzionalità e ad affibbiare etichette a questo e a quell’avversario politico che, come accadde proprio in quel fatidico 1994, riesca a rompere loro le proverbiali uova nel paniere.
di Claudio Romiti