mercoledì 24 gennaio 2024
In realtà non si può rimproverare a Giorgia Meloni e al suo Governo (almeno finora) di avere avuto incertezze, salvo qualche caso ma di scarsa importanza. Per questo motivo vorremmo guardare oltre confine, per vedere fra i molti responsabili della cosa pubblica, colui o coloro che – per dirla come gli antichi – non stanno mai né di qua né di là, ma sempre in un ruolo più o meno da astensione. Un ruolo, cioè, di chi non vuole scegliere una delle due tesi. Sono, appunto, gli indecisi che, come si sosteneva anni fa, stanno sempre sulla pianta e non scendono mai. Dico sempre, ma esagero solo per polemica.
Sta però di fatto che uno dei casi più emblematici dell’indecisione nel settore politico mi sembra essere quello di Benjamin Netanyahu, il leader israeliano. Faccio questo nome ma ne potrei aggiungere parecchi altri, se non fosse che la non scelta chiara di Bibi portando il suo Paese, se non in un cul-de-sac in qualcosa che gli somigli. L’ultimissima drammatica vicenda del Parlamento (Knesset) – assaltato e occupato dai parenti degli ostaggi che hanno reclamato, dal Governo Netanyahu, la liberazione delle persone che da ormai due mesi sono sequestrate – è stata la più vistosa testimonianza dell’incapacità di sciogliere, in qualche modo, il drammatico bandolo della matassa. E senza aver ottenuto nulla dai terroristi Hamas, neppure un cenno magari passando il Qatar. Ciò che del resto stupisce chi conosce, e sono tanti, le formidabili capacità israeliane di reagire colpo su colpo, mettendo ko i nemici, è non soltanto l’assenza di qualsiasi blitz contro questi terroristi ma, dopo ben due mesi, il vuoto di altre iniziative diplomatiche le quali, fin dai tempi di Giulio Cesare, erano d’obbligo dopo le inutilità o i pareggi delle armi (cedant arma togae, come si indicava oltre duemila anni fa, se ben ricordo).
Il fatto, di non piccola entità, sta nella più volte ribadita esortazione di Joe Biden a seguire un percorso di trattative, fino ad arrivare ai due Stati: Palestina e Israele. Una soluzione integrale che bloccherebbe atti di terrorismo e di guerriglia. Ma il Governo israeliano ha sempre replicato che non esistono garanzie da parte di Hamas nell’accettazione di simili offerte che semmai, sempre a sentire Netanyahu, renderebbero ancora più infuocata la Striscia di Gaza, percorsa dalla guerra da tempi lontani. Nessuno Stato palestinese: su ciò non ci sono incertezze. Nessuna possibile convivenza fra Palestina e Israele. Ma fino a quando?
Intanto, dallo stesso assalto alla Knesset e dalle risposte vaghe – e non a caso incerte – del Governo, si intuiscono molto bene le indecisioni come causa di un’attesa infinita priva di risposte quantomeno rassicuranti offrendo, magari non ad alta voce, ipotesi di attacchi, di trattative, di operazioni uguali e contrarie, di minacce pesanti. Dando comunque una data per il rilascio non valicabile, se non con il rischio di una guerra. Israele sa fare le guerre, soprattutto con i governi a guida socialdemocratica, fin dai tempi di Golda Meir e di Moshe Dayan. Impari Netanyahu, l’indeciso, come si fa. Ma faccia in fretta, che è tardi.
di Paolo Pillitteri