lunedì 8 gennaio 2024
A fronte di un dibattito politico sempre piuttosto monotono, reso ancor più grigio dalle festività natalizie, vorrei esprimere una brevissima pillola, spero di saggezza liberale, in previsione di ciò che alcuni inguaribili e incalliti liberali, tra cui il sottoscritto, sperano che ci riservi l’anno di grazia 2024. In estrema sintesi, confidiamo nella lungimiranza di chi governa il Paese, ovvero la coalizione di centrodestra. Una lungimiranza che, se non proprio quella ideale che Alcide De Gasperi immaginava dovessero avere gli statisti con la S maiuscola, sia almeno in grado di far comprendere l’importanza strategica di ridurre in modo sostanziale ciò che viene definito genericamente come il “perimetro pubblico”.
In sostanza, per dirla in altri termini, si tratta dell’oramai antico proponimento espresso da Silvio Berlusconi all’inizio della sua famosa discesa in campo – proponimento che come si è purtroppo visto è rimasto in gran parte nell’archivio delle buone intenzioni – ovvero “sciogliere la briglia” al cavallo dell’iniziativa privata, principale motore dello sviluppo economico e sociale di ogni avanzato sistema democratico. Tutto questo, per l’appunto, non può che realizzarsi attraverso un graduale ma deciso restringimento del citato perimetro pubblico, che ha raggiunto livelli eccessivi non solo in Italia. Ciò si dovrebbe tradurre, in primo luogo, in quella mai avvenuta semplificazione burocratica – semmai continua ad accadere il contrario – che affligge l’intera società, e non solo sul piano strettamente economico.
D’altro canto, occorre sottolineare che l’estrema complicazione burocratica, esistente in ogni ambito della nostra esistenza, alimenta importanti e diffusi interessi costituiti, i quali hanno le gambe e votano come i cittadini che li subiscono e, proprio per questo, sono in grado di esercitare una forte pressione politica nei riguardi di chiunque occupi la stanza dei bottoni. Oltre a ciò, la madre di tutte le riforme sarebbe costituita – il condizionale è d’obbligo – da un significativo abbattimento strutturale della pressione tributaria allargata. E per essere strutturale detto abbattimento dovrebbe prevedere una contestuale riduzione della spesa pubblica: un Moloch che, secondo le stime di Confindustria, nel 2023 si è pappato il 53,1 per cento della ricchezza prodotta dal Paese.
Anche qui la questione del consenso è fondamentale, tanto è vero che chiunque abbia solo provato a ridimensionare i principali capitoli delle uscite pubbliche, su tutti quello delle pensioni, si è ritrovato con le ossa rotte. Ciononostante, sono anni che si dice che lo Stato, o chi per esso, spende troppo e spende male, senza tuttavia arrivare a un serio tentativo che, nella migliore delle ipotesi, possa durare lo spazio di una legislatura.
Sta di fatto che, al netto delle comprensibili titubanze di fronte alla possibilità di perdere grosse fette di consenso solo all’annuncio di un qualche taglio alla spesa pubblica, un Paese indebitato fino al collo e che cresce da trent’anni mediamente di qualche decimale non sembra avere molte prospettive nell’attuale palude burocratica e fiscale in cui si trova a vivere o, piuttosto, a sopravvivere.
di Claudio Romiti