venerdì 1 dicembre 2023
E con oggi sono tre anni che non ci sei più. È strano come il tempo riesca a dilatarsi e restringersi nella propria percezione di vita. Se penso a te come papà mi sembra non sia passato un giorno da quando è cominciata la tua lotta contro quel mostro che alla fine ti si è portato via. Se penso a te come Arturo Diaconale mi sembra passata una vita da quando ci hai lasciato ad oggi, eppure sono solo tre anni. Ma in questi ultimi tre anni il mondo si è stravolto e oggi più che mai mi manchi come padre e come uomo, come direttore e come pensatore, come un esempio da ascoltare, un punto di vista da cui cominciare a ragionare. Chissà che cosa avresti detto su tutto ciò che ha cambiato per sempre le nostre vite.
Ti sei ammalato che eravamo in piena pandemia. Per stare con te in ospedale tra tamponi e mascherine era un balletto quotidiano. L’hai presa alla leggera, come la maggior parte della gente della tua generazione: “È solo un’influenza”.
Poi hanno cominciato a chiudere tutto. Hanno cominciato a limitare le nostre libertà. Ci hanno praticamente obbligato a vaccinarci. So che ti saresti battuto contro il green pass ma so anche che saresti stato propenso al vaccino, litigando furiosamente con tua moglie e tua figlia ma so che avresti consigliato di seguire la linea del Sistema sanitario nazionale. E avresti toppato, e oggi moglie e figlia te l’avrebbero fatto pesare come una gigantesca vittoria semplicemente per poter dire (a te): “Te l’avevo detto, avevo ragione io”.
Chissà come avresti reagito alla prima donna presidente del Consiglio. So che ne saresti stato fiero, so che avresti appoggiato non tanto le scelte di governo ma la scelta degli italiani di votare per una donna. Una donna di destra. Un mega schiaffo a tutta quella sinistra ultra-femminista che dagli anni ’70 ad oggi non è riuscita a tirare fuori una figura femminile valida che potesse prendere il posto della Meloni.
Chissà come avresti reagito all’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas contro Israele. In quegli stessi kibbutz dove poco più che ventenne sei voluto andare per vedere con i tuoi stessi occhi cosa succedeva e come si viveva in quei luoghi. Ti hanno anche sparato. Non a te, a un giornalista tedesco che si era avvicinato troppo al confine e che tu sei andato a recuperare una volta ferito. Gli altri (gli stessi giornali) lo raccontavano come un atto eroico di un reporter di guerra ‒ cosa che non sei mai stato ‒ tu lo ricordavi come una esperienza forte che ti ha insegnato il valore della vita, ridendo e smitizzando il grande gesto.
So che l’attacco terroristico di Hamas e le reazioni in Occidente con le piazze piene a difendere stupratori e assassini ti avrebbero fatto prima infuriare e poi inorridire e so che ti saresti battuto come un leone per difendere quello che la nostra parte di mondo sta pericolosamente dimenticando: la libertà, il rispetto, l’umanità.
Oggi più che mai vorrei sapere cosa Arturo Diaconale pensa di quello che sta accadendo in un mondo che io personalmente non riconosco più.
Oggi più che mai vorrei che uno come Arturo Diaconale parlasse alle nuove generazioni, ai ragazzi come suo figlio di vent’anni, alle mie bambine che cresceranno dovendo imparare prima a difendersi e poi a vivere.
Oggi più che mai mi manca il pensiero di un uomo onesto, libero, rispettoso, pulito, visionario ma ben piantato con i piedi a terra. Un uomo che davanti all’ennesima balla “del patriarcato” avrebbe sorriso umilmente dicendo: “A casa mia hanno sempre comandato le donne”.
di Valentina Diaconale