mercoledì 29 novembre 2023
Lo scorso fine settimana un accadimento politico, giudicato marginale dai media, ha catturato il nostro interesse. L’ex dirigente di Alleanza nazionale ed ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha ufficializzato la nascita del suo nuovo movimento. Si chiama Indipendenza!. Secondo la vulgata giornalistica si tratterebbe della costruzione di un punto di riferimento dell’estrema destra, che si colloca oltre il conservatorismo di Fratelli d’Italia e il sovranismo della Lega. Ma non è così che stanno le cose.
L’operazione messa in campo da Alemanno mira a scompaginare la geografia partitica. Lo si è percepito ictu oculi notando i partecipanti all’assemblea di fondazione del movimento. Al banco della presidenza era presente Marco Rizzo, leader della formazione di estrema sinistra Democrazia sovrana e popolare – partito che raccoglie le esperienze del Partito Comunista, di Azione Civile, del Fronte per la Sovranità Popolare e di Ancora Italia. Estrema destra ed estrema sinistra unite contro il regime partitocratico? Sembrerebbe, in apparenza, la boutade di una politica impazzita. Invece, non è una novità che le due galassie poste rispettivamente alle opposte estremità della galassia partitica s’incontrino e scoprano di riconoscersi in parole d’ordine condivise di lotta politica. È già accaduto in passato.
Il movimentismo e l’universo protestatario sono stati fertili terreni di coltura di questa bizzarra utopia, invero fallita una volta portata a interagire con le dinamiche del conflitto sociale. Durante la “Contestazione”, nel Sessantotto, nacque il gruppo politico di matrice neofascista e di ispirazione nazi-maoista “Lotta di popolo”. Nel manifesto programmatico dell’Organizzazione si affermava la volontà di fondere ideali neofascisti con tematiche proprie della sinistra extraparlamentare filo-cinese. Nelle tesi del movimento si rappresentava la convinzione che antifascismo e anticomunismo fossero false contrapposizioni create dal sistema per incanalare le forze rivoluzionarie in percorsi di marginalizzazione dal cuore pulsante della vita comunitaria. Erano i prodromi di un processo che avrebbe portato, agli inizi degli anni Ottanta, una parte della destra a ritenere storicamente superata la dicotomia destra-sinistra in favore del radicamento metapolitico di una nuova antropologia, ordinata all’ascolto dell’altro-da-sé e all’impiego della metodologia gramsciana della ricerca dell’egemonia in primo luogo culturale e, di rimando, sull’Ethos comunitario in un tempo storico depurato dalle scorie del fascismo.
Il superamento della contrapposizione destra-sinistra lasciava il campo a un nuovo binomio assiologico, che successivamente troverà insospettata fortuna in seguito alla crisi della globalizzazione: alto-basso nella divisione classista dei gruppi umani aggregati, all’interno della società post-industriale. Le parole d’ordine che sollecitano la convergenza dei movimenti di opposta matrice sono le medesime pronunciate la scorsa domenica al convegno degli alemanniani. Anti-atlantismo, antisionismo, anticapitalismo, no-euro, no-Unione europea, pacifismo di stampo terzomondista. Il tema d’attualità che ne consacra la convergenza è l’adesione alla causa palestinese in funzione anti-israeliana. Marco Rizzo e Gianni Alemanno ribadiscono concetti già patrimonio dell’ala filoaraba del Movimento Sociale Italiano negli anni Settanta. “L’Europa dovrebbe schierarsi a favore della costituzione della nazione palestinese smettendo di appoggiare aprioristicamente Israele” e ancora “Non ci si commuova per le imprese dei coloni… Israele difende gli interessi dell’Occidente capitalista basato sullo sfruttamento delle multinazionali”. E poi, “è molto più vicina alla nostra concezione della vita quella spiritualistica del mondo arabo che non quella materialistica ebraica”. Sono concetti espressi da Augusto Rocca per il quindicinale del Fronte della Gioventù “Il Dissenso” n. 20 dicembre 1979 (citati da Gianni Scipione Rossi in La destra e gli ebrei, Rubettino, 2003), ma che sono risuonati domenica nei discorsi della “strana coppia” Alemanno-Rizzo. Come, d’altronde, è tornata a scorgersi la linea di faglia che separerebbe l’alto della società – ricco e immune dagli effetti delle crisi economiche ricorrenti – dal basso – povero e soccombente nel nuovo ordine socio-economico imposto dalla globalizzazione capitalistica – ripescata dalla stagione della Contestazione sessantottina da Diego Fusaro, filosofo di scuola marxiana ed ex ideologo di Ancora Italia.
Chiarito il contesto, domandiamoci perché l’iniziativa di “quattro gatti” dovrebbe preoccupare gli odierni protagonisti della destra politica. Il pericolo di un successo di Indipendenza! non sarà immediato e neanche prevedibile nel breve termine. Semmai, il problema si presenterà nella seconda parte della legislatura, sicuramente dopo l’esito delle elezioni europee e avrà una causa scatenante. Tutto si lega alle sorti dei Cinque Stelle. Il Movimento, nonostante la brusca virata a sinistra imposta dalla conduzione di Giuseppe Conte, ha trattenuto il segmento della sua constituency elettorale devota al populismo di Beppe Grillo. Tuttavia, la fiducia accordata al nuovo corso, che ha spostato l’asse del partito nel campo del progressismo radicale mettendolo in diretta concorrenza con il Partito democratico, non è a tempo illimitato. I fedeli allo spirito qualunquista e genericamente ribellistico che ha animato il primo grillismo potrebbero abbandonare il “Conte di regime” non votandolo la prossima primavera. A quel punto, una significativa quota di elettorato in uscita dal Movimento Cinque Stelle potrebbe rendersi disponibile a un’avventura a suo modo rivoluzionaria perché realizza nella realtà ciò che il grillismo si era prefisso come obiettivo prioritario: il superamento del dogma ideologico della bipartizione dell’universo politico in destra e sinistra. In soccorso di una simile impresa potrebbe giungere Alessandro Di Battista con la sua nuova creatura politica “Schierarsi”. Il “Dibba” è molto amato tra i grillini, ma è considerato inaffidabile come capo politico perché discontinuo e svogliato nel dedicarsi al funzionamento della macchina-partito.
Si tratta di uno scenario ipotetico. Ma, come tale, non lo si può cassare pregiudizialmente giudicandolo irrealistico. D’altro canto, questi sono tempi nei quali è saggio mai dire mai. Giorgia Meloni e la destra di governo lo tengano a mente.
di Cristofaro Sola